In bici sulle vie d’acqua lombarde. Da “quel ramo del lago
di Como” caro al Manzoni ai paesaggi fluviali dell’ Adda, disceso lungo il suo
corso sino a Lodi. Tre giorni e 160 chilometri affascinanti tra montagne,
pianure e piccoli borghi dalle inaspettate ricchezze storiche e culturali.
Como, ore 10 di lunedì – appena sceso dal treno ho iniziato
a pedalare sul tratto di statale che costeggia il lago sino a Bellagio; ho
attraversato piccoli paesi dalle case di pietra affacciati sullo specchio
d’acqua in posizioni impossibili, poi al ventesimo chilometro mi sono fermato a
riparare una foratura - la prima della vita di Littoria ( che per chi non lo
sapesse, è il nome della mia bici ). A Bellagio, giro di boa del percorso, ho
fatto sosta per mangiare qualcosa nei pressi dell’imbarcadero, godendomi il
paesaggio del lago nella sua veste invernale.
Sosta per pranzo all'imbarcadero di San Giovanni, presso Bellagio (CO) |
Ville storiche a Bellagio (CO) |
Lasciata Bellagio e le sue ville storiche ho percorso
l’affascinante tratto di venti chilometri che porta a Lecco; si tratta di una
strada solitaria, in ombra, stretta tra l’incombente montagna da un lato e il
lago dall’altro. Poche abitazioni e qualche campeggio chiuso, che ne accresceva
l’atmosfera malinconica. Prima di giungere a Lecco ho attraversato due lunghe
gallerie – ben illuminate e dalla carreggiata larga - ma chi volesse cimentarsi,
si ricordi di indossare giubbetto rifrangente e di accendere la luce posteriore,
dato che molti automobilisti corrono come se dovessero accudire al raffreddamento
di una centrale nucleare.
Lecco non mi è piaciuta: caotica e informe, senza carattere
– palazzoni anni Settanta la avviliscono oltre misura. Volevo reperirvi un
negozio di bici per acquistare un’altra camera d’aria, ma ho trovato solo
un’infinità di Solarium, centri estetici, pizza & kebab e negozi per
celiaci: ma dove sono finiti i sani vecchi riparatori di bici, quelli con la
bottega che odora di pneumatici e la pubblicità della Michelin appesa al muro?
Ho lasciato la città non prima di essermi imbattuto in Villa Manzoni,
l’edificio neoclassico dove visse lo scrittore, che ambientò nei dintorni di
Lecco il suo romanzo ‘I Promessi Sposi’ ( 1825-27 ).
Lecco si specchia sulle acque, insieme al leggendario Resegone. |
Lecco, il palazzo dove visse parte della sua vita il Manzoni. |
Dal ponte Azzone Visconti di Lecco inizia la lunga ciclabile
dell’Adda che costeggia il fiume nella sua corsa verso sud. Ne ho percorso un
tratto sotto un cielo sempre più cupo, finendo per accamparmi a pochi passi da
Brivio, in un campo aperto. In serata e per gran parte della notte ha iniziato
a piovere copiosamente.
SECONDO GIORNO.
Dall’albero della mia vita
Mi cade foglia dopo foglia
O colorato ed ebbro mondo,
Come mi sazii,
Mi sazii e stanchi,
Come mi inebrii !
Herman Hesse, L’Ultima Estate di Klingsor
L'Adda all'alba nei pressi di Brivio (LC). |
Ho ripiegato la tenda inzuppata d’acqua e mi sono recato
sulle rive del fiume a far colazione. La luce del sole non riusciva a filtrare
attraverso la foschia – gli alberi spogli sulle rive dell’acqua gelida erano
sagome sfumate, surreali. Ho ripreso la marcia lungo la pista in terra battuta,
tra pozzanghere e uccelli di diverse specie che svernano lungo il fiume e si
erano appena svegliati, come me. All’altezza di Paderno d’Adda ho incontrato un
immenso ponte ad arcata unica; sembrava uscito da uno scenario dell’Alaska,
anche perché in questo tratto il fiume scorre incassato come in un canyon. Poi è stata la volta delle
storiche centrali idroelettriche della società Edison – la centrale Esterle con
il suo edificio in mattoni rossi, e la Teccani.
Il colossale ponte di ferro di Paderno d'Adda sembra uscito da uno scenario dell'Alaska. |
Un tratto in cui l'Adda forma delle rapide. |
Sopra e sotto: le centrali idroelettriche Esterle e Teccani,
della società Edison, rompono con il rumore delle loro turbine
il silenzio del canyon.
Un chilometro dopo la centrale Teccani ho imboccato la
stretta passerella di acciaio che passa dall’altra parte del fiume e raggiunge
il villaggio operaio di Crespi d’Adda, dichiarato patrimonio dell’umanità e che
avevo sempre voluto visitare.
Tra il 1890 e il 1910 fu edificato dall’imprenditore
illuminato Silvio Crespi un villaggio modello antistante l’immensa fabbrica
tessile. L’impianto razionale degli edifici - la scuola, la chiesa, il parco ,
il cimitero monumentale – tutto era pensato perché la vita degli operai
ruotasse dalla nascita alla morte attorno alla fabbrica, al centro della quale
svetta l’altissima ciminiera.
Ho indugiato tra le strade pacifiche del villaggio, che mi ricordava
certi centri abitati della Germania - complice la luce grigia e gli alberi
spogli, le basse recinzioni in legno che ne racchiudevano i giardini. Mi sono
rifugiato all’interno di un bar-trattoria a mangiare un bel risotto, quindi ho
ripreso la bici e continuato il viaggio.
Crespi d'Adda - l'ingresso dello storico opificio. |
Sopra e sotto: Crespi d'Adda, vie rettilinee
e abitazioni degli operai.
Poco dopo Vaprio d’Adda ho perso il tracciato della
ciclabile e sono finito in uno stretto sentiero immerso nella boscaglia,
percorrendone più di un chilometro e imprecando tra rami e altri ostacoli.
Giusto quando stavo per tornare indietro, due podisti sbucati dal nulla mi
hanno informato che a poche centinaia di metri avrei incrociato il ponte di
Fara-Gera d’Adda. Vittoria !
A Rivolta d’Adda ho visitato una splendida chiesa romanica
con un portico decorato, quindi ho proseguito ancora verso sud, tra campagne
aperte dall’intenso odore di concime, a me gradito.
La splendida chiesa di San Sigismondo, XI° sec. a Rivolta d'Adda (CR). |
Ora magica, quella destinata a cercare un posto sicuro dove passare
la notte. Ho deviato per poche centinaia di metri su una strada in terra
battuta – avevo avvistato un edificio presso cui volevo piantare la tenda; guardando
meglio però avevo scorto a distanza una cascina abbandonata ancora più
interessante. Attraversando un campo, l’ho raggiunta. La costruzione era la
quintessenza della location ideale
per il campeggio libero: nessun vandalismo, niente spazzatura, nessun segno di
presenza umana da chissà quanto tempo. Un prato verde antistante - piatto,
pulito e nascosto alla vista della strada.
Ho fatto asciugare la tenda all’ultima luce del pomeriggio,
poi mi sono goduto il paesaggio aperto e infinito sino al tramonto. Ho cucinato
sotto una tettoia usando dei bancali di legno come piano cucina – un vero
lusso. Duke Ellington alla radio, pancia piena, birra olandese all’8% d’alcol e...
silenzio. La stazione radio era la solita, dovreste sapere quale. No ? Peggio per
voi, leggete meglio il blog…! Lo spettacolo della luna piena incorniciata dalle
rovine dell’edificio è stato il gran finale per la giornata. Mi sono sentito
davvero libero e felice.
TERZO GIORNO.
Alle 7 del mattino la cascina era immersa nella nebbia e la
temperatura era di circa tre gradi. Ho rimesso i bagagli sulla bici e ho
lasciato un po’ a malincuore il silenzioso edificio abbandonato che per una
notte ha avuto un insolito visitatore. Chissà chi aveva vissuto qui, e fino a
quando. Ma la strada chiama.
Spino d’Adda era un atollo immerso nella nebbia. A Boffalora
iniziava per fortuna una meravigliosa ciclabile che per sei chilometri mi
avrebbe portato dritto fino a Lodi. Alle dieci del mattino la nebbia ha
iniziato a sollevarsi rivelando i colori pastello della pianura lodigiana.
Boffalora d'Adda, opere d'arte moderna. |
La meravigliosa ciclabile che da Boffalora d'A. conduce a Lodi. |
Colori pastello e nebbie in sollevamento nel lodigiano. |
L'arrivo a Lodi. |
Poi ecco Lodi, appena oltre il ponte sull’Adda. E’ una città
bellissima, con un’immensa piazza quadrata pavimentata a ciottoli e circondata
da edifici storici. Le parti più moderne sono razionali, ampie e alberate – i
marciapiedi sono larghi e percorsi da piste ciclabili, come nelle capitali nord
europee più avanzate. L’ho esplorata a lungo e con grande soddisfazione -
Lodi (MI), Istituto Professionale - opere del Ventennio ( e che opere ! ) |
Lodi, centro storico. |
Lodi, la splendida piazza della Vittoria e il Duomo. |
Mi sono infine recato in stazione per prendere insieme alla
bici il treno per Saronno, ma … qui la sorpresa: il treno partiva dal binario 5
e per raggiungerlo non c’erano scivoli né ascensore. Con la bici carica era
impossibile fare le scale – e d’altronde, come farebbe chi ha la sfortuna di
vivere su una sedia a rotelle ?
Senza scomporsi, la bigliettaia ha fatto una breve
telefonata ed ecco risolto il problema: avrebbero fatto partire il treno dal
primo binario anziché dal quinto. Grandioso !
Da Saronno ho raggiunto casa nel primo pomeriggio, con le
immagini di questo viaggio ancora vive negli occhi: ogni giorno ho avuto una
piccola avventura: la foratura; il sentiero nel bosco; la vicenda della bici da
mettere sul treno. Tanta pioggia, nebbia, umido, tanta strada nella natura
della Lombardia. Paesaggi inaspettati e luoghi storici. Una fetta bellissima di
vita vissuta sulla sella della mia inseparabile bici, un breve-magnifico
viaggio che consiglio a tutti.
Con Littoria sul treno delle 11,53 per Saronno: da lì altri otto chilometri e il viaggetto sarà finito. |
Ringrazio di cuore, davvero di cuore, il personale
della stazione ferroviaria di Lodi.
Quando c'è la buona volontà di aiutare, Lupolibero lo
riconosce e ringrazia.
Tutta la gente incontrata lungo la strada è stata
sempre gentile e disponibile.
Non è vero che i lombardi sono sempre incazzati !
NOTA IMPORTANTE
All'altezza di Cassano d'Adda è possibile rientrare
direttamente a Milano tramite una recente pista ciclabile.
Pare però che nei pressi di Vimodrone esista un
accampamento di zingari proprio a lato della pista.
Ho letto di ciclisti derubati e presi a sassate,
soprattutto nel periodo estivo.
Io me ne sono guardato bene dal passarci,
e nell'attesa che noi italiani possiamo riappropriarci
di ciò che è nostro ed è stato pagato,
forse fareste bene a farvi due calcoli anche voi.