sabato 24 novembre 2018

Recensioni e modifiche a bici, tenda e materassino da campeggio.




MODIFICHE ALLA BICI






Lo scorso mese ho apportato delle modifiche alla bicicletta da montagna - che lo rammento, è un modello abbastanza economico della Montana.


1) Ruota libera.
Mi sono reso conto che la massima corona posteriore disponibile, a 28 denti, era appena sufficiente per salite estreme a bici scarica. In presenza dei bagagli sarebbe stato arduo procedere con tale rapporto che si differenziava di soli 4 denti dalla corona anteriore. Perciò ho fatto sostituire l'intera ruota libera, che è passata da sei a sette velocità. Non è stato necessario sostituire il cambio.
Adesso la massima corona ha ben 34 denti e si differenzia di 10 dalla corona piccola anteriore.
Con questo "verricello" posso affrontare qualsiasi salita anche a bici carica - cosa che ho già sperimentato sul campo.
Il prezzo della ruota libera è stato di 17 euro; la manodopera di 5 euro - più che giustificata dato che c'è stato abbastanza da trafficare.
In un primo momento è stata montata una ruota libera di marca SunRace che si è rivelata un'autentica porcata; ne ho quindi ordinata un'altra della Shimano, che funziona benissimo:



sopra: la cassetta filettata a sette rapporti di Shimano.
Secondo il meccanico: "non esisteva di questa marca";
invece esiste e l'ho reperita su internet.






La nuova ruota libera dotata di corona a 34 denti.




2) Il problema forature.
Dato che i rovi dalle mie parti abbondano, le forature erano diventate all'ordine del giorno.
Ho acquistato via internet una confezione di no.2 fasce antiforatura di alta qualità della Vittoria, al costo di 30 euro. Queste fasce in Kevlar già su misura sono facilissime da applicare tra la camera d'aria e la faccia interna-battistrada del copertone, e non arrecano il minimo disturbo.
Nutro invece alcune perplessità su analoghe fasce del Decathlon in altro materiale che andrebbero ritagliate in un certo modo pena il rischio di pizzicare la camera d'aria. 
I commenti degli utenti non mi sembrano entusiasti, quindi se decidete di acquistare queste fasce prendete quelle che ho preso io (vedi foto sotto, scatola a destra).
Tengo a precisare che le fasce della Vittoria sono senza estremità - in un unico pezzo rotondo già su misura; non c'è nulla da "tagliare" o adattare.

Ho agito anche sul fronte delle camere d'aria. Meccanici locali incompetenti con il negozio stile-gioielliere mi avevano detto che non ne esistono da 26 pollici con valvola Presta smontabile per introdurvi il lattice.
Invece non solo tali camere esistono eccome; addirittura si trovano con il lattice già all'interno in attesa dell'aria da pompare. 
Il lattice è lo Slime di fabbricazione americana - attualmente il migliore al mondo.






Per adesso non ho ancora installato le camere d'aria "latticizzate" - aspetto di farlo alla prima foratura utile   ...la quale grazie alle fasce si sta facendo attendere.
Il lattice va rabboccato ogni due-tre mesi in misura di 70 ml per ruota, così mi è stato suggerito.





MODIFICHE ALL'ATTREZZATURA PER OUTDOOR


1) Tenda.
Ultimamente sono molto sensibile a pesi e volumi da trasportare in bici - sia che faccia lunghi viaggi sia per uscite di due giorni. 
Già dallo scorso aprile ho messo da parte la pesante tenda della Bertoni che mi aveva  accompagnato in Scandinavia ecc. e ho impiegato la relativamente costosa tenda Vaude Hogan UL2P che pesa 1,8 chili contro i 4 e oltre della precedente. E la differenza si sente.



 La nuova tenda a due posti Vaude Hogan UL


I pro della nuova tenda sono:
- più leggera e compatta nell'immagazzinamento;
- resistente al vento e alla pioggia anche forti (testata sul campo);
- bel colore verde che si mimetizza;
- ottimo comportamento nei confronti della condensa;
- ottima aerazione interna, con quantitativo di tessuto a rete nè troppo nè poco;

I contro:
- la parte posteriore del telo interno viene sorretta da due aste incorporate nel telo stesso: se non si riescono a piantare i relativi picchetti, il retro tenda rimarrà afflosciato e di conseguenza anche il telo esterno;
- un pezzo della paleria di alluminio, quello dell'apice dell'abside, è più lungo di tutti gli altri e condiziona così la lunghezza della sacca di compressione.

Si può ovviare a quest'ultimo relativo problema separando la paleria dai teli. In bici si possono ad esempio legare i pali al tubo orizzontale e riporre i teli da un'altra parte.



2) Materassino.
Ho messo da parte il vecchio materassino Therm-a-Rest autogonfiante e l'ho sostituito con il modello Forclaz 700 Ultra Compact in vendita al Decathlon al prezzo di circa 40 euro.
La taglia del nuovo materassino è classificata L = 52 x 180 cm;
il peso è di soli 510 grammi (verificati);
le soffiate necessarie per portarlo in pressione massima sono circa venti (sperimentato);

Ma il pezzo forte è sicuramente IL VOLUME: impacchettare il materassino è facilissimo e le dimensioni finali sono quelle di una bottiglietta d'acqua:









 sopra:
confronto tra i volumi del Therm-a-Rest, a sinistra,
e il Forclaz 700 di Decathlon, a destra.
 Non c'è paragone.


Prima di cantare vittoria dico subito che voglio testare a lungo questo materassino. Le due valvole di ingresso e di uscita dell'aria sembrano affidabili, ma in passato ho avuto guai con materiale Decathlon destinato al supporto per il riposo notturno.

Un conto è usare occasionalmente un articolo come questo: tre, quattro volte l'anno - un altro conto è usarlo quasi ogni sera nel corso di un viaggio di un mese e oltre, che comporta 30 montaggi e 30 sgonfiaggi.
Porterò con me il materassino nel viaggio della prossima primavera e vedrò se lo supera con profitto.
Se sì, quest'articolo di Decathlon risulterà imbattibile per rapporto qualità-prezzo, rimanendo allo stato attuale praticamente ineguagliato.




venerdì 23 novembre 2018

Valle del Bove, Etna. Dove ogni piccolo passo si fa meraviglia.







C'è escursione ed ...escursione. Questa ha dell'eccezionale. Per i panorami, le emozioni, l'elettrizzante discesa nel canalone sabbioso della sconfinata Valle del Bove, sull'Etna. Dove su mari di lava di ogni epoca galleggiano nuvole, e la Bellezza si fa assoluta.





La cabina numero 50 della Funivia dell'Etna ci porta in pochi minuti su un plateau vulcanico a 2600 metri di quota. Il cielo è sereno, soffia un vento gelido abbastanza forte. Da qui dopo aver attraversato un paesaggio letteralmente lunare ci dirigiamo a est, verso l'orlo della Valle del Bove.



I crateri sommitali dell'Etna da quota 2600m.




In cammino verso la Valle del Bove
in un paesaggio lunare.




Affacciarsi sull'orlo di questa sconfinata depressione, originata dal collasso di antichi edifici vulcanici, dà al primo impatto un senso di sbigottimento. Il modo per scendere agevolmente è quello di individuare un canalone sabbioso e sfruttarlo per raggiungere in sicurezza il fondo, nel quale si riversano lave di tutte le epoche.


 sopra: sulla destra il canalone di ghiaia che abbiamo seguito
per scendere nella Valle, evitando gli sfasciumi di roccia
in primo piano.




Una ripresa del mare di lave che inonda
la Valle del Bove.




Una volta presa confidenza con l'affondamento delle scarpe nella sabbia, scendere di quota si trasforma in un'esperienza elettrizzante che dà il senso dell'assenza di peso - come l'astronauta che salta sulla superficie della Luna. Non si resiste dall'urlare - ci si sente tutt'uno con il vulcano, che ogni tanto emette sordi boati dietro di noi -

In totale scenderemo di ben 1000 metri di dislivello, fermandoci ogni tanto a osservare straordinarie formazioni rocciose che emergono dalle sabbie in pendenza.







sopra: l'elettrizzante discesa nella Valle del Bove.




La scìa che ci lasciamo dietro.
In alto, al centro della foto, l'orlo a 2600 metri di quota
da cui ci siamo "lanciati".








sopra: un canalone sabbioso e, sulla destra, una colata lavica.




Sosta a circa 3/4 della discesa.




Dicchi di affioramento.




Carichi di adrenalina e sovraeccitati, giungiamo a toccare il fondo della Valle. E' un ambiente unico fatto di silenzio, di natura assoluta.
Dopo aver scavalcato diverse decine di metri di sciara lavica sulla quale il passo è relativamente pericoloso, imbocchiamo una traccia che segue la base delle pareti rocciose di questo immenso "contenitore".





in alto: isole di vegetazione (dàgale)
al fondo-valle


in basso: dicchi di affioramento 
residui di antichi immensi edifici vulcanici
che occupavano la Valle
















Dopo meno di mezzo chilometro intercettiamo il sentiero di risalita che permette di guadagnare l'orlo meridionale della vallata in prossimità della Lapide Malerba, a circa 2000 metri di quota.
Decidiamo di spezzare in due i duecento metri di dislivello, fermandoci a mangiare qualcosa in una spettacolare postazione panoramica.


Risalita dal fondo-valle.










in alto: l'eccezionale panorama offerto dal punto
in cui ci siamo fermati per la pausa-pranzo.
Dicchi rocciosi punteggiati di vegetazione e un
mare di lave tra cui quella del '92 che minacciò Zafferana (CT).









Svalichiamo alle 14 circa, mentre le nuvole hanno riempito la Valle riducendo parecchio la visibilità. Attraversiamo un altopiano da cui la vista spazia sino a Siracusa e imbocchiamo un comodo sentiero che riporterà alla provinciale e alla stazione di partenza della funivia, richiudendo questo anello escursionistico sensazionale.


L'ultima fase della risalita dalla Valle del Bove.




L'altopiano a quota 2000 m. dal quale si rientra
al punto di partenza.



Manca poco per il tramonto. Il piazzale dell'Etna sud pullula di turisti che fanno su e giù sui famosi Monti Silvestri, crateri accessibili a tutti.
Non resisto alla voglia di catturare l'ultima luce di questa memorabile giornata - e Luigi non me ne vorrà se è rimasto in macchina ad aspettarmi più di quanto pensava...

La Nikon scatta per le ultime volte sull'orlo del cono vulcanico del Silvestri superiore, in un'apoteosi finale di vita, di Bellezza.

Il sole scompare, infine. L'Etna si colora di blu, con un pennacchio di fumo bianco ancora luminoso - lassù in alto a oltre tremila metri. Quello.... immaginàtelo.







sopra e sotto:
le ultime due immagini scattate
dal cratere Silvestri sup.re, m.2001








mercoledì 21 novembre 2018

In bici alle alte quote dell'Etna. Due giorni di vento, solitudine e piste tra antichi crateri.







Due giorni duri di salite, di vento micidiale e di solitudine tra i deserti lavici d'alta quota. Due giorni in bici nell'affascinante lato occidentale dell'Etna.





PRIMO GIORNO
  

Lascio l'auto a Floresta (ME), il comune più alto della Sicilia. Sono le sette di mattina e il cielo è scuro. L'Etna non si vede - occultata dalle nubi. Mi attendono chilometri di discesa verso Randazzo (CT), città medievale a 800 metri di quota.

A Floresta (ME), posta sui Nebrodi a 1280 metri di quota.






sopra e sotto:

due immagini della discesa da Floresta a Randazzo:
neanche le pecore si sono ancora alzate.













Giunto a Randazzo ho fatto rifornimento di cibo presso un alimentari dove mi fermo sempre. Indugio un po' nella bella città medievale che vanta chiese di pietra lavica e scorci pittoreschi.



Gli ultimi tornanti in discesa verso Randazzo (CT), 765m.
Sulla sinistra, il ponte ad archi sul fiume Alcàntara.







sopra e sotto:
facciata e portale laterale della chiesa di Santa Maria Assunta,
in pietra lavica (anno 1214)









Randazzo (CT), la fontana in piazza Nino Bixio
presso cui riempio tradizionalmente le borracce.




Da Randazzo in poi l'escursione si fa difficile: devo guadagnare ben 1150 metri di dislivello sino al resto della giornata. Mi aspettano salite senza fine; la più difficile è quella che da Randazzo porta al demanio Forestale e al bivacco di Monte Spagnolo (1450m.);

per lunghi tratti sono costretto a scendere e spingere la bici carica di bagagli su una mulattiera in fortissima pendenza, in località Rocca Mandorla.







Dalla mulattiera si aprono panorami sconfinati sui Nebrodi.




E' nel corso di questa salita che mi faccio male a un dito della mano sinistra. Dito che avevo rotto diciotto anni fa quando lavoravo in una fabbrica di tovagliati di plastica.
Finito di spingere a mano la bici entro finalmente nelle foreste di conifere che annunciano il bivacco di pietra dove mi fermo a mangiare qualcosa.
Già da un'ora si è scatenato un vento forte da sud che a queste quote è anche piuttosto freddo.



Scorci d'autunno nella bella foresta di pini larici
poco prima di Monte Spagnolo.







in alto e in basso:
pausa pranzo al riparo dal vento
nell'accogliente bivacco di pietra lavica.









Lasciata la piccola stanza inizio a pedalare in direzione ovest lungo la pista altomontana dell'Etna, che circonda il cono vulcanico a una quota media di 1800 metri.
I paesaggi offerti dalla strada sono spettacolari: alberi contorti, boschi di faggi sfuggiti alle colate laviche, deserti vulcanici e antichi crateri.



Il tappeto di foglie di faggio nei pressi di Monte Maletto,
sulla pista altomontana dell'Etna.






sopra: alberi contorti;

sotto: paesaggi lunari, o quasi







Capanna di zolle nei pressi di Monte Nunziata (1827m.)




Betulle e conifere.





Il vento diventa sempre più forte e le salite, seppur meno severe, non finiscono mai. Poco dopo il bivacco di Monte Scavo inizia la pioggia e il cielo diventa sempre più scuro. Non c'è anima viva, mi sento nel pieno dell'avventura.






sopra e sotto:
chilometri di pioggia e vento contrario
a 1800 metri di quota su una pista nera dell'Etna
in assoluta solitudine









Passo davanti al bivacco di Poggio la Caccia, ma non mi fermo: il camino lo conosco bene - ha una canna fumaria disastrosa che rimanda il fumo nella stanza al minimo alito di vento.
Manca qualche chilometro per il bivacco localizzato più avanti dove ho intenzione di pernottare; avanzo in una semioscurità nebbiosa e affascinante.



Il bivacco Poggio la Caccia, m.1950 -
bello ma dal disagevole camino.




Lungo la pista altomontana, nella nebbia.




E' quasi buio quando raggiungo il bivacco della Galvarina, m.1800 circa. Raccolgo legna e la porto dentro perchè c'è un gran freddo, un gran vento e ho voglia di accendere un fuoco.



L'arrivo al bivacco della Galvarina, Etna ovest.









Accendo il fuoco con pazienza e meticolosità - e l'opera dà i suoi frutti. Mangio qualcosa e mi concedo il lusso della lettura davanti al camino acceso; vado a coricarmi relativamente presto perchè sono molto stanco e il dito infortunato mi fa un po' male.
Il vento nella notte si scatena con raffiche micidiali che penso superino i 90 km/h. Il camino super efficiente aspira il fumo sino all'ultima molecola - ho fatto bene a fermarmi qui -

Il bagliore del fuoco proietta luci arancioni nel grande stanzone dove trascorro questa tormentata notte.


Leggo Grazia Deledda davanti fuoco;
lettura che ha a che fare con il viaggio della
prossima primavera.




Nel sacco a pelo, al caldo.
All'esterno il vento si scatena in
tutta la sua potenza.
Non oso immaginare se fossi stato in tenda !





SECONDO GIORNO








Mi alzo alle sei e ravvivo il fuoco. Faccio colazione e apro le imposte; c'è una luce bluastra, il vento si è calmato parecchio.
Risistemo i bagagli e parto finalmente in discesa verso quote più basse.



sopra: "e l'Etna dov'è?"
Su in alto, occultata da nubi.




Mi aspetta il boccone paesaggistico forse migliore: la pista tutta in discesa si snoda tra sconfinati campi lavici disseminati di crateri spenti. Senza il fardello dello zaino, con la magia delle ruote, scivolo sullo sterrato urlando di sollievo e di meraviglia. In inglese si chiama: freewheeling.
Adoro il freewheeling -





sopra e sotto:
chilometri di sterrato spettacolare
tutto in discesa e punteggiato di coni
vulcanici spenti













Raggiungo una casermetta forestale; da qui seguo per chilometri una strada lastricata che serpeggia tra le lave del territorio di Bronte (CT).


La caserma di Piano dei Grilli, Etna ovest.
Da qui inizia un lungo lastricato che perdendo
quota porta quasi sino a Bronte (CT).














L'arrivo a Bronte, città del pistacchio.
In genere non mi piace fotografare la bici da sola,
ma alle volte quando sono davvero stanco mi secca
tirare fuori il treppiede e armeggiare con l'autoscatto.



Lasciata Bronte, riguadagno trecento metri di quota in direzione di Maletto; il vento soffia forte da sud e questa volta mi è amico. Dal valico di Maletto precipito in poche decine di minuti a Randazzo, chiudendo l'anello di questi due giorni.

Manca un'ora per il pullman che mi riporterà a Floresta; la trascorro su un'ampia piazza mangiando un panino, una mela e ripensando all'esperienza vissuta sull'Etna insieme alla mia bici.
Neanche il tempo di tornare a casa - sto già rimuginando una prossima mèta. Questi giri hanno un effetto accelerante sulla mia voglia di esplorare e fotografare. 

E io non faccio niente per ostacolare la cosa...




I tetti di Randazzo (CT).




L'arrivo a Randazzo, a conclusione
del difficile giro.






NOTE PER L'ESCURSIONISTA


Sull'Etna non ci sono fontane d'acqua ad alta quota; l'acqua che si reperisce in prossimità dei bivacchi è non potabile. Quindi a meno che non ci si voglia cimentare con purificatori ecc. occorre portarsi il peso delle bottiglie dappresso.
Io mi sono portato in totale 4 litri, più un litro di latte di soia (non per vegetarianesimo, mi andava e basta).

Per risalire da Randazzo a Floresta esiste un efficientissimo pullman. Lasciate perdere regolamenti e quant'altro: caricano senza fiatare la bici nel bagagliaio che è sempre vuoto perchè alle 14,10 gli unici passeggeri sono una decina di studenti.

Il sito dell'azienda dei bus è ben fatto, efficace, perfetto: