mercoledì 21 novembre 2018

In bici alle alte quote dell'Etna. Due giorni di vento, solitudine e piste tra antichi crateri.







Due giorni duri di salite, di vento micidiale e di solitudine tra i deserti lavici d'alta quota. Due giorni in bici nell'affascinante lato occidentale dell'Etna.





PRIMO GIORNO
  

Lascio l'auto a Floresta (ME), il comune più alto della Sicilia. Sono le sette di mattina e il cielo è scuro. L'Etna non si vede - occultata dalle nubi. Mi attendono chilometri di discesa verso Randazzo (CT), città medievale a 800 metri di quota.

A Floresta (ME), posta sui Nebrodi a 1280 metri di quota.






sopra e sotto:

due immagini della discesa da Floresta a Randazzo:
neanche le pecore si sono ancora alzate.













Giunto a Randazzo ho fatto rifornimento di cibo presso un alimentari dove mi fermo sempre. Indugio un po' nella bella città medievale che vanta chiese di pietra lavica e scorci pittoreschi.



Gli ultimi tornanti in discesa verso Randazzo (CT), 765m.
Sulla sinistra, il ponte ad archi sul fiume Alcàntara.







sopra e sotto:
facciata e portale laterale della chiesa di Santa Maria Assunta,
in pietra lavica (anno 1214)









Randazzo (CT), la fontana in piazza Nino Bixio
presso cui riempio tradizionalmente le borracce.




Da Randazzo in poi l'escursione si fa difficile: devo guadagnare ben 1150 metri di dislivello sino al resto della giornata. Mi aspettano salite senza fine; la più difficile è quella che da Randazzo porta al demanio Forestale e al bivacco di Monte Spagnolo (1450m.);

per lunghi tratti sono costretto a scendere e spingere la bici carica di bagagli su una mulattiera in fortissima pendenza, in località Rocca Mandorla.







Dalla mulattiera si aprono panorami sconfinati sui Nebrodi.




E' nel corso di questa salita che mi faccio male a un dito della mano sinistra. Dito che avevo rotto diciotto anni fa quando lavoravo in una fabbrica di tovagliati di plastica.
Finito di spingere a mano la bici entro finalmente nelle foreste di conifere che annunciano il bivacco di pietra dove mi fermo a mangiare qualcosa.
Già da un'ora si è scatenato un vento forte da sud che a queste quote è anche piuttosto freddo.



Scorci d'autunno nella bella foresta di pini larici
poco prima di Monte Spagnolo.







in alto e in basso:
pausa pranzo al riparo dal vento
nell'accogliente bivacco di pietra lavica.









Lasciata la piccola stanza inizio a pedalare in direzione ovest lungo la pista altomontana dell'Etna, che circonda il cono vulcanico a una quota media di 1800 metri.
I paesaggi offerti dalla strada sono spettacolari: alberi contorti, boschi di faggi sfuggiti alle colate laviche, deserti vulcanici e antichi crateri.



Il tappeto di foglie di faggio nei pressi di Monte Maletto,
sulla pista altomontana dell'Etna.






sopra: alberi contorti;

sotto: paesaggi lunari, o quasi







Capanna di zolle nei pressi di Monte Nunziata (1827m.)




Betulle e conifere.





Il vento diventa sempre più forte e le salite, seppur meno severe, non finiscono mai. Poco dopo il bivacco di Monte Scavo inizia la pioggia e il cielo diventa sempre più scuro. Non c'è anima viva, mi sento nel pieno dell'avventura.






sopra e sotto:
chilometri di pioggia e vento contrario
a 1800 metri di quota su una pista nera dell'Etna
in assoluta solitudine









Passo davanti al bivacco di Poggio la Caccia, ma non mi fermo: il camino lo conosco bene - ha una canna fumaria disastrosa che rimanda il fumo nella stanza al minimo alito di vento.
Manca qualche chilometro per il bivacco localizzato più avanti dove ho intenzione di pernottare; avanzo in una semioscurità nebbiosa e affascinante.



Il bivacco Poggio la Caccia, m.1950 -
bello ma dal disagevole camino.




Lungo la pista altomontana, nella nebbia.




E' quasi buio quando raggiungo il bivacco della Galvarina, m.1800 circa. Raccolgo legna e la porto dentro perchè c'è un gran freddo, un gran vento e ho voglia di accendere un fuoco.



L'arrivo al bivacco della Galvarina, Etna ovest.









Accendo il fuoco con pazienza e meticolosità - e l'opera dà i suoi frutti. Mangio qualcosa e mi concedo il lusso della lettura davanti al camino acceso; vado a coricarmi relativamente presto perchè sono molto stanco e il dito infortunato mi fa un po' male.
Il vento nella notte si scatena con raffiche micidiali che penso superino i 90 km/h. Il camino super efficiente aspira il fumo sino all'ultima molecola - ho fatto bene a fermarmi qui -

Il bagliore del fuoco proietta luci arancioni nel grande stanzone dove trascorro questa tormentata notte.


Leggo Grazia Deledda davanti fuoco;
lettura che ha a che fare con il viaggio della
prossima primavera.




Nel sacco a pelo, al caldo.
All'esterno il vento si scatena in
tutta la sua potenza.
Non oso immaginare se fossi stato in tenda !





SECONDO GIORNO








Mi alzo alle sei e ravvivo il fuoco. Faccio colazione e apro le imposte; c'è una luce bluastra, il vento si è calmato parecchio.
Risistemo i bagagli e parto finalmente in discesa verso quote più basse.



sopra: "e l'Etna dov'è?"
Su in alto, occultata da nubi.




Mi aspetta il boccone paesaggistico forse migliore: la pista tutta in discesa si snoda tra sconfinati campi lavici disseminati di crateri spenti. Senza il fardello dello zaino, con la magia delle ruote, scivolo sullo sterrato urlando di sollievo e di meraviglia. In inglese si chiama: freewheeling.
Adoro il freewheeling -





sopra e sotto:
chilometri di sterrato spettacolare
tutto in discesa e punteggiato di coni
vulcanici spenti













Raggiungo una casermetta forestale; da qui seguo per chilometri una strada lastricata che serpeggia tra le lave del territorio di Bronte (CT).


La caserma di Piano dei Grilli, Etna ovest.
Da qui inizia un lungo lastricato che perdendo
quota porta quasi sino a Bronte (CT).














L'arrivo a Bronte, città del pistacchio.
In genere non mi piace fotografare la bici da sola,
ma alle volte quando sono davvero stanco mi secca
tirare fuori il treppiede e armeggiare con l'autoscatto.



Lasciata Bronte, riguadagno trecento metri di quota in direzione di Maletto; il vento soffia forte da sud e questa volta mi è amico. Dal valico di Maletto precipito in poche decine di minuti a Randazzo, chiudendo l'anello di questi due giorni.

Manca un'ora per il pullman che mi riporterà a Floresta; la trascorro su un'ampia piazza mangiando un panino, una mela e ripensando all'esperienza vissuta sull'Etna insieme alla mia bici.
Neanche il tempo di tornare a casa - sto già rimuginando una prossima mèta. Questi giri hanno un effetto accelerante sulla mia voglia di esplorare e fotografare. 

E io non faccio niente per ostacolare la cosa...




I tetti di Randazzo (CT).




L'arrivo a Randazzo, a conclusione
del difficile giro.






NOTE PER L'ESCURSIONISTA


Sull'Etna non ci sono fontane d'acqua ad alta quota; l'acqua che si reperisce in prossimità dei bivacchi è non potabile. Quindi a meno che non ci si voglia cimentare con purificatori ecc. occorre portarsi il peso delle bottiglie dappresso.
Io mi sono portato in totale 4 litri, più un litro di latte di soia (non per vegetarianesimo, mi andava e basta).

Per risalire da Randazzo a Floresta esiste un efficientissimo pullman. Lasciate perdere regolamenti e quant'altro: caricano senza fiatare la bici nel bagagliaio che è sempre vuoto perchè alle 14,10 gli unici passeggeri sono una decina di studenti.

Il sito dell'azienda dei bus è ben fatto, efficace, perfetto:




4 commenti:

  1. Nella penultima foto, in basso ai piedi della scalinata: c'è un ragazzo.

    Scherzo, dai: cerco di fotografare i paesaggi - poco le persone. Mi muovo spesso in orari in cui c'è poca gente in giro. O in posti decentrati e meno battuti.
    A Randazzo sono arrivato alle 8 e c'era un casino della madonna dovuto anche a lavori stradali. Gran fetore di camion e file di auto. Gente ce n'era e francamente mi sono allontanato il più in fretta possibile.

    Ti dò ragione comunque: sono una specie di antiumanista fotografico.

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  2. Wow, molto belli i boschi in particolare! Ma anche tutto il resto, il tempio in pietra lavica per esempio...

    Invece, cosa è successo al dito?

    Ciao,

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    1. ciao, ti ringrazio come sempre -

      Il dito in questione è il medio della mano sinistra - me lo ruppi diciotto anni fa, forse diciannove, facendo di premura un lavoro fisico in un'azienda in quel di Rescaldina (MI).
      All'epoca non mi fece male subito, sebbene mi fossi accorto che era successo qualcosa.
      Gonfiò ore e ore dopo, a scoppio ritardato.
      A quel punto andai al pronto soccorso fecero la radiografia e reperirono una frattura trasversale. Rimasi con la mano bloccata per un mese e fu un fastidio enorme.

      Andando di fast-forward alla giornata di ieri, mi sono trovato a spingere per chilometri in salita la bici carica di bagagli su una mulattiera ripida e disastrata.
      Per fare queste cose si usa la mano destra sul manubrio e la sinistra per afferrare la sella da dietro. Dopo un'ora di questo calvario mi sono accorto che mi faceva male il dito proprio nel punto dell'antica frattura e il mio terrore era che si fosse rotto di nuovo anche perchè lo scenario era identico: poco dolore, gonfiore la sera e difficoltà a piegarlo.

      Ho passato una notte tormentata a causa del vento che faceva un fracasso infernale sia nel timore di dover ripetere l'esperienza della mano bendata e ingessata.
      Adesso mi fa meno male e sto cercando di non usarlo.
      Se anche si risistema da sè perdendo un (minimo) di mobilità va bene. Tanto non devo nè campare altri 50 anni nè fare il sarto.

      Ieri ci avevo passato un po' di Voltaren, ma mi procura strani fastidi respiratori. Al diavolo anche i farmaci.

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  3. Ognuno di noi ha ricordi di tubo catodico in bianco e nero. E uno dei più vivi che serbo io riguarda una scena della serie 'I sopravvissuti', trasmessa dalla RAI nel 1979.
    In questa scena i sopravvissuti si servivano liberamente di una pompa di benzina in uno scenario desolato e post-apocalittico, per l'appunto.

    Questa serie forse la rammenti anche tu - era di produzione inglese. I britannici sono sempre stati maestri/specialisti in questo genere, variabile tra i due eccessi: o la sovrappopolazione o la rarefazione pressochè totale degli umani.

    Anche nei romanzi Urania si reperiscono scenari simili. Mio padre li comprava regolarmente e me ne nutrii per anni. Mi piaceva però la sola fantascienza sociale; i racconti di ufo, alieni e pianeti lontani li trovavo noiosi e poco credibili.

    Un capolavoro assoluto è 'Il condominio', ove i condomini occupavano piani diversi a seconda del loro livello sociale. Tratto da High Rise, di J.Ballard.
    Manco a dirlo... inglese.

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