lunedì 23 marzo 2020

Nessuna salita è infinita.





Passo del Maloja - Svizzera, m.1815
Marzo 2012



Quello che mi stupisce di questi strani giorni non è l'idiozia umana. Mi stupisce la poca pazienza di certuni.
Eppure NESSUNA salita è infinita.


I blog di viaggi e le foto pubblicate sui vari "social" come Instagram eccetera abbondano di fotografie con commenti del tipo "quando ritorneremo alla vita di prima la apprezzeremo ancora di più".
E fino a una settimana fa qualcuno mi ha chiesto se mi fosse dispiaciuto rinunciare al viaggio di quest'anno.

Nè l'una nè l'altra cosa: io sto bene a casa, fermo buono e zitto. E' ovvio che quando vedo belle giornate di sole penso che avrei potuto impiegarle fuori, in bici da qualche parte. 
Tuttavia non provo nessuna particolare sensazione opprimente di prigionia.

Perchè?
- perchè da otto anni a questa parte mi sono goduto un oceano di libertà in ogni direzione possibile.


Per monti:




Per mari:






Per fiumi:







Ricordo ogni singolo istante di tutta questa libertà. Ogni pausa per scattare una foto, ogni saluto dalle persone incrociate, ogni fermata per pisciare.

Ricordo come fosse ieri l'alba sul Danubio una mattina d'aprile del 2016; una nevicata in Svezia alle 11 di una mattina di maggio 2012; il letto in un ostello di Londra; la cena in un antico locale tedesco con le scritte in gotico; l'arrivo a Helsinki sotto una pioggia torrenziale, senza app di orientamento e con la cartina fradicia.
Il vento gelido che disturbava il fuoco del fornellino da campeggio per scaldare un tè presso un'area di sosta in Francia.

La mia Sicilia.
Le passeggiate solitarie in autunno; l'odore delle salsicce arrostite; le arance raccolte a pochi metri da casa; la fatica per ristrutturare la ex stalla; le maledizioni quando mancava l'acqua; la felicità quando tutto si rimetteva a posto; la penombra di novembre prima dell'alba; la mia legnaia; i miei gatti; i miei alberi; la mia stufa a legna; la gratificazione di decespugliare; l'acqua che scorre nell'orto mentre una zanzara mi punge il braccio.

L'odore del mallo di noce fresca.


Per questo non brucio di nostalgia. E la segregazione seppur totale meno mi pesa.
Perchè la valanga di bei ricordi che ho accumulato è in grado di sopraffare il senso di clausura.





Sembrava, quella mattina di marzo del 2012, che i tornanti non finissero mai. La bici pesava da far paura; avevo sonno arretrato per aver dormito poco e male la notte precedente. A un certo punto dovetti scendere e spingere a piedi la bici dato che al di sotto di 5 chilometri orari non era più controllabile.
I tornanti si snodavano come i gironi danteschi e per il valico mancavano ancora chilometri e chilometri.

Eppure arrivò.
La strada iniziò a spianare e apparvero case e alberghi con la bandiera svizzera che sventolava; qualcuno mi salutò con il clacson. Era mezzogiorno e mangiai un panino presso un posteggio. 
Passavano auto di sciatori diretti a San Moritz o di ritorno dalle stazioni sciistiche.
Nel pomeriggio costeggiai un lago ghiacciato e abbagliante, quindi raggiunsi l'ostello di Pontresina dove per la prima volta dovetti parlare in inglese.

Con pazienza e determinazione avevo superato le alpi al confine italo-svizzero. 
L'indomani avrei iniziato una lunghissima e dolce discesa lungo la valle del fiume Inn.


Nessuna salita è infinita
Nessuna lunga stramaledetta fottutissima salita lo è
FORZA E PAZIENZA