sabato 5 marzo 2016

Viaggiare in solitaria. Perchè ?








      Viaggiare da solo o in compagnia per me non è mai stato un dilemma: viaggio da solo e mi sta bene così. Sto bene con me stesso – amo il silenzio, l’introspezione. Mi sento sincero, faccio lo scemo, nessuno mi osserva o mi giudica. Mi fermo quando sono stanco, accelero quando sono in forze. Perdo tempo con treppiede e macchina fotografica per quasi un’ora per scattare una singola foto nel bel mezzo del nulla, che però per il mio occhio “nulla” non è.

      Dormo da solo in tenda e non ascolto l’altrui russare che non mi farebbe dormire. Mi godo il mio sonno leggero e agitato senza disturbare chicchessìa. Mi alzo alle 5 se mi va, o alle 9 – senza compromessi del tipo “allora la sveglia la mettiamo alle…” – Mangio un panino quando invece altri vorrebbero stravaccarsi al caldo in un ristorante – Mi accampo al freddo su un prato di erba talmente umida che la tenda il mattino dopo la potrei strizzare, quando altri avrebbero voluto rifugiarsi al sicuro sotto le coperte di una stanza d’albergo. Nello stesso tempo, quando mi gira, mangio in trattorie e dormo in albergo. Faccio, in definitiva, quello che voglio.


Faccio anche lo scemo, beninteso.






Viaggio da solo e quando chiedo assistenza o cerco un posto per la notte, le persone percepiscono che sono inoffensivo - sono come un granello di sabbia, che fastidio posso dare ? Due persone non è più la stessa cosa – due persone sono già una squadra, emanano protezione reciproca.
Mi lamento con me stesso, se proprio devo. E non mi sorbisco le lamentele altrui: la pioggia la fatica il sudore il cartello mancante la fame la sete il freddo il caldo – e l’eterna domanda snervante: ma quanto manca ?


Ecco, se ci sono delle situazioni in cui vorrei essere in compagnia nei viaggi in bici, esse sono: entrare e uscire da grandi metropoli, avere a che fare con stazioni ferroviarie e aeroporti - tutti luoghi affollati e dispersivi dove mi sento a disagio, in cui due occhi in più di sorveglianza non sarebbero male.

Viaggio da solo e scatto fotografie. Vivo gli alti e bassi del mio umore senza mezze misure – chi ha viaggiato in bici sa di cosa parlo. La mattina smonto la tenda e indugio per qualche minuto sul posto; quei pochi metri quadrati con l’erba schiacciata dove ho dormito mi sembrano bellissimi – La bici fa sempre rumori strani quando riparte, per i primi chilometri. Sembra che vorrebbe dire qualcosa, poi tace. Parla la Strada.

Una volta in Svezia sulla E45, l’infinita strada deserta, mi sono fermato senza un vero motivo in mezzo alla carreggiata, in mezzo al nulla – forse per assaporare a fondo la solitudine, per sentire il silenzio. Invece ho sentito una vibrazione, una presenza fugace e indefinibile. Chi sussurrava, e cosa – e perché ?


Fa tanto rumore, il silenzio. E’ il rumore dei pensieri. Lo metto a tacere la sera, accendendo la radio.


 Chi viaggia da solo dovrebbe sempre avere una radio con sé.


















2 commenti:

  1. "Non c’è niente di più bello della solitudine. Per essere completamente felice mi manca solo una cosa: avere qualcuno a cui spiegarlo."(Sylvain Tesson, Nelle foreste siberiane)

    M'è piaciuto molto quel libro. E condivido anche quest'altro pensiero, che copio/incollo per descriverti il mio rapporto con la solitudine:
    "Quando è solo, finisce per desiderare un rapporto umano, ma quando è in relazione, ne prova dopo poco fastidio, e non vede l’ora di tornare a essere solo. E’ come una pallina da ping pong che rimbalza tra due racchette. Ogni volta che raggiunge il polo opposto si sente per un attimo felice. Poi l’insoddisfazione torna. E’ il paradosso di gluck, la felicità chiusa nell’istante. Il tempo è il limite che non può superare, e che rimette in moto il meccanismo."

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