E' una chimera, è vero, pensare che in un mondo
che sprofonda nella violenza e nell'ingiustizia
il singolo individuo possa sperare di vivere tranquillo
come se niente fosse.
Ma la inseguo lo stesso, questa chimera;
almeno finchè dura.
Esiste un'estetica degli alberi ? Cioè: ci sono alberi più belli di altri ?
Forse sì. La betulla o il faggio o lo stesso abete sono più belli dell'ulivo, che sembra una deformità, odora di selvatico, suggerisce provenienza levantina.
Vivere in campagna mi ha insegnato che tra il piano estetico e quello pratico c'è un abisso. Occorre gestire con attenzione questi due piani, che poi corrispondono a quello contemplativo e a quello razionale-essenziale.
Sto filosofeggiando, vero ? Voglio solo dire che della betulla, per quanto bella, non ce ne facciamo nulla ( tranne un diuretico usato in erboristeria ): ho anche bruciato il suo legno, ed è scadente come quello di un fiammifero. Anche di conoscere la massa dei neutrini non ce ne facciamo nulla. Sono tutte cose "belle" ma essenzialmente inutili.
Ma questi brutti ulivi ultracentenari - sono cinque, enormi, che giacciono nella mia campagna, mi hanno regalato una giornata speciale - e un olio speciale.
Una giornata in compagnia di due amici, dei quali desidero rispettare la privacy; e un olio dal sapore antico, di bassissima acidità, di inebriante odore.
Un olio che tra le prelibatezze degli chef di Expo non saprebbe che farci.
In un mondo di "esperti" che vorrebbero nutrirci con le cavallette o illuderci che digiunando e bevendo latte di mandorla camperemo più di cent'anni, un olio simile appare fuori dal tempo, e fuori luogo.
Non qui, però.
Abbiamo iniziato la raccolta delle olive alle 7 del mattino, disponendo con pazienza le reti sotto gli alberi e battendo i rami con semplici bastoni. Questo sistema non va ovviamente bene se si tratta di olive da conserva; ma per ottenere olio è un sistema antico e funzionale.
Battendo i rami di questi alberi secolari penso a quante generazioni di contadini, dai tempi più remoti, hanno fatto questo lavoro prima di me, di noi.
C'è qualcosa di sacro nella raccolta delle olive, qualcosa di speciale.
Non è lo stesso che raccogliere mele o agrumi. E' un atto antico, ancestrale.
Intorno alle 15 leghiamo i sacchi, undici in totale. 335 kg di prodotto da consegnare al vicino frantoio.
Qui regna un clima di festa. Ognuno attende il suo turno; si discute, si ride, si commenta. Gli anziani fanno come i bambini, avanti e indietro, poi vanno via con i loro bidoni pieni di olio e un sorriso larghissimo. Il proprietario del frantoio offre a tutti un bicchiere ( e non solo uno ) di vino.
Alle 18 è il mio turno. Il mio olio esce da un condotto di metallo del Superdecanter - passa per una rete fitta, poi un'altra, infine nel bidone.
E' un momento molto intenso. In esso c'è una vittoria. La consapevolezza che con le chiacchiere non si conclude nulla, con lavoro qualcosa porti invece a casa.
Qualcosa che consiste in: 40 litri di olio DOP varietà oliva Minuta dei Nebrodi.
Oro verde che sa di altri tempi, di altre epoche. Epoche in cui non c'era bisogno di indugiare a contemplarla, la bellezza; era già in ciò che si faceva. Ed è per questo che molti la rimpiangono quell'epoca, schiacciata dalla sovrastruttura, spesso e volentieri deprimente, del quotidiano del ventunesimo secolo, tutto smartphone e pappepronte.