Le dimissioni non si annunciano nè si minacciano:
si danno o non si danno.
Allo stesso modo, i diari di viaggio non si annunciano:
si scrivono, oppure non si scrivono.
Quello che segue è il riassunto semiserio e fotografico del viaggio in bici da Londra a casa. Ho cercato per quanto è possibile di non divagare e di riportare i fatti più salienti, più che soffermarmi su sterili elenchi di salite, discese e pendenze stradali.
Per la Galleria Fotografica vai in questa pagina.
2 aprile 2017. DA MILANO A LONDRA.
“Ci scusiamo con i signori
passeggeri, ma si è appena accesa una piccola spia luminosa che normalmente non
si accende – riguarda la pressurizzazione della cabina - dieci minuti appena e
il problema sarà risolto”.
“Dopo l’indicibile stress del
trasporto bagagli e bici da casa all’aeroporto di Malpensa, ecco – ci mancava
pure la spia luminosa che non si dovrebbe accendere”, penso tra me e me. Sale a
bordo un giovane tecnico barbuto, occhiali alla Top Gun. Confabulano lui e il
pilota, mentre l’assistente di volo sta in disparte con l’aria preoccupata che precede
gli interventi chirurgici gravi. I “dieci minuti” diventano venticinque, poi
finalmente le facce si distendono. Problema risolto e sollievo generale. Firma
di carte tra il tecnico e il pilota. Stretta di mano. Si parte.
L’Inghilterra sbuca tra le
nuvole, verde, simile alla Pianura Padana. Conversazione con l’anziana signora
inglese accanto a me, che a tratti prega perché l’atterraggio vada a buon fine
e la sua lunga vita continui. Quando viene a sapere che viaggerò in bici e mi
accamperò liberamente in tenda mi avverte di stare attento a “siriani e altra
gente che gira”, i quali potrebbero attaccarmi e derubarmi durante la notte.
Iniziamo bene, penso io… mentre il carrello tocca terra.
Bici e bagagli si materializzano
sul nastro con tempismo perfetto. Me ne approprio e cerco un angolo appartato dove
rimontare tutto. Nella sterminata sala fa un caldo soffocante e vorrei
accelerare le operazioni. Chiedo infine a un operatore dove posso disfarmi di
cartoni e plastica: mi dice di lasciare tutto dove si trova - va bene così. Mi
piace quest’atteggiamento easy, riconfermato
poco dopo da un banco informazioni dove mi dicono che per raggiungere il
terminal sud dell’uscita occorre prendere un treno gratuito. La bici è ammessa?
Sì, lo è – e le porte del treno sono talmente larghe che ne entrerebbero
quattro affiancate. Altro sospiro di sollievo. Esco dal terminal e mi trovo
sulla ciclabile 21 che mi porterà a Londra.
sopra: le prime foto del viaggio;
al nastro consegna bagagli di Gatwick e
tra le prime cittadine inglesi,
seguendo la ciclabile 21.
Le indicazioni per i ciclisti
sono visibili e numerose. Supero aree urbane dove la gente indugia in locali e
beve ai tavoli all’aperto. C’è una bella luce dorata e un odore intenso di
fritto e di curry, nell’aria fresca
di questa domenica pomeriggio. Quindici chilometri soltanto e giungo a
Redhill dove ho progettato di fermarmi.
Appena a nord della cittadina c’è un’ampia area verde in cui potrei accamparmi.
Ma ecco il problema che sarà il leit
motiv di tutta l’Inghilterra: ci sono recinzioni ovunque. Ogni metro
quadrato di terreno è chiuso con cura. Fili o reti o staccionate, e cartelli
che fanno capire chiaramente che si tratta di proprietà private. Non mi va di
spendere una fortuna per un bed and breakfast in una cittadina come questa, che
non ha nulla di turistico e con Londra a soli quaranta chilometri. Perlustro un
laghetto circondato da boschi, ma c’è gente dappertutto, soprattutto in
compagnia dei loro cani. Il sole si abbassa e inizia a tramontare. Scovo una
strada in terra battuta, anch’essa fiancheggiata a destra e a sinistra da
recinzioni. Alla fine sbuco in una radura nascosta dove pascolano oche
selvatiche ad appena duecento metri dalla M25, autostrada dall’infernale
traffico. Basta così, pianto la tenda e metto i tappi nelle orecchie. E passo
una notte tranquilla e di buon sonno. Nessun siriano mi attaccherà con un
pugnale con inciso “Lupolibero” sul manico. Il primo giorno di viaggio finisce
qui.
Un lago nei pressi di Redhill; bello, sì...
ma il sole sta per tramontare e devo ancora trovare
un posto per la tenda!
Il primo accampamento del viaggio.
In un campo a pochi passi dall'autostrada M25:
riuscite a sentire il rumore infernale delle auto?
Mi risveglio con la tenda immersa
nella nebbia e le notizie della BBC alla radio, in un’atmosfera che più inglese
di così non si potrebbe. Appena rimuovo i tappi dalle orecchie il rumore
dell’autostrada esplode in tutti i suoi decibel. Destinazione Londra, oggi. La nebbia
si è diradata presto e la ciclabile diventa una strada vera e propria,
condivisa con le auto – ma che dove i progettisti hanno potuto, si immerge in
parchi evitando il traffico. Horley, Wimbledon, Earlsfield – poi supero il
Tamigi su un immenso ponte bianco, quello di Chelsea: senza neanche
accorgermene sono in piena Londra.
"BBC news alla radio e atmosfere inglesi"
Vecchi edifici nei sobborghi a sud di Londra.
L'arrivo nella capitale inglese.
Sono le 15 e mi fermo a un
semaforo. Una turista mi chiede tutta trafelata dov’è il parcheggio dei taxi e
si mostra sorpresa che non lo sappia: “sono a Londra da cinque minuti esatti”,
le dico – “e poi che bisogno ho di un taxi, dato che mi muovo in bicicletta”?
Costeggiando il Tamigi arrivo a Westminster Bridge, proprio sotto la poderosa
torre del Big Ben. Spesso, luoghi e monumenti celebri mi hanno lasciato poco
entusiasta quando li ho raggiunti - intendo dire che una volta giunto davanti
mi sono detto: “tutto qui”? Il Big Ben
invece è meraviglioso, più bello di quanto mi aspettassi. Sosta per una foto all’adiacente
Victoria Tower Garden, quindi parto alla ricerca dell’ostello della gioventù
dove ho prenotato per una camerata di quattro letti, in un vecchio palazzo
dell’epoca vittoriana nel bel quartiere di Earls Court.
Dedico alla grande metropoli due
giorni di turismo. Il primo esplorando con la bici priva di bagagli parchi e
strade principali: Hyde Park, Kensington Palace con la residenza di Diana,
Buckingham Palace, Trafalgar Square ecc., infine il piccolo meraviglioso Museo
di Londra che illustra la storia della città nel corso di tutte le epoche, con
ricostruzioni maniacali di ambienti, personaggi e vicende. Presso un negozio di
materiale da montagna mi procuro una cosa importantissima: una cartuccia di gas
propano per il fornelletto, dato che in aereo era vietato portarne nella stiva.
Il secondo giorno mi muovo a piedi: il Victoria & Albert Museum non è
lontano. E’ una vera e propria “soffitta” del Regno Unito, dove sono stati
accumulati oggetti storici di ogni epoca e civiltà. I vetri colorati da chiesa
sono meravigliosi, ma anche la sezione d’arte orientale. Una visita gratuita
che mi impegnerà per oltre due ore.
Sopra e sotto:
alcune delle innumerevoli opere d'arte
custodite nell'immenso Victoria & Albert Museum
Gratuito è anche il vicino Museo
della Scienze, vera apoteosi celebrativa dell’ingegno umano. Mi aggiro tra
capsule spaziali, aerei sospesi, strani macchinari e vecchi affascinanti
computer della prima era. Stanco ma soddisfatto faccio ritorno all’ostello,
dove ascolto a lungo la storia della vita e le interminabili chiacchiere del
mio compagno di stanza: un settantenne ex insegnante solitario proveniente
dalla Cornovaglia. La conversazione in inglese mi è utile e la apprezzo – poi
alle 20 mi smarco e vado in giro a piedi per il quartiere. Una strada è chiusa
al traffico – ci stanno girando un film. Mi siedo in un piccolo locale e ordino
il famigerato piatto nazionale di Fish and Chips, che risulterà gustoso e
digeribilissimo.
Eleganti palazzi del quartiere di Earls Court, nei pressi
dell'ostello che mi ha ospitato.
Il 6 aprile lascio Londra
sfruttando la meravigliosa Cycle Superhighway – la numero 3 per l’esattezza -
una pista ciclabile che attraversa trasversalmente la città in tutta sicurezza.
Passo sulla sponda meridionale del Tamigi e pedalo per chilometri in zone
portuali sconvolte da colossali cantieri. Nel pomeriggio sono tra le colline
del Kent. Mi nascondo con la tenda tra i filari di un campo di mele appena dopo
il villaggio di Upchurch. I fiori dei meli, alla luce dell’alba, sono splendidi
e di commovente bellezza.
sopra e sotto: lasciata Londra, pedalo attraverso
le campagne del Kent verso la costa.
Trovo -con difficoltà- posto per la tenda
tra i filari di un campo di mele.
Tra campagne e colline raggiungo
la storica Canterbury, invasa da orde di turisti. Vorrei entrare nella
cattedrale, ma occorre pagare un biglietto di 12 sterline, dazio che mi pare
assurdo. Si tratta di un luogo di culto – e se fossi venuto a piedi in
pellegrinaggio da Roma soltanto per pregare ?
Solo in Norvegia occorre pagare per visitare le chiese – ma la Norvegia
è un mondo a parte dove si paga anche per l’aria che si respira! Deluso da
Canterbury, seguo la ciclabile 1 e raggiungo la costa. Le case a graticcio di
Sandwich sono bellissime. Mi accampo poco prima di St.Margaret at Cliffe, a
pochi passi dalle bianche scogliere di Dover.
I curatissimi Westgate Gardens, a Canterbury.
Affascinanti architetture rurali nel Kent.
Le belle case a graticcio di Sandwich, sulla costa meridionale.
In posa presso le famose bianche scogliere di Dover, patrimonio nazionale
e sfondo per numerosi film.
A Dover le indicazioni per i
ciclisti sono poco chiare. Vado a finire per qualche chilometro su una
trafficata tangenziale, poi riprendo la pista - dissestata e tormentata, che mi
porta alla cittadina balneare di Folkestone. Splende un sole magnifico e la
gente è tutta all’aperto. Seguo per chilometri il Royal Military Canal e pedalo
per tutto il pomeriggio attraverso campagne verdi e pascoli sconfinati. Il
traffico è irrisorio sino a Lydd, dove mi fermo in tenda nascosto in un campo
di fiori gialli di colza.
sopra: adoro i cibi apri-e-mangia, quelli
che non fanno perdere tempo a cucinare.
Queste confezioni di pasta sfoglia ripiena
erano gustose e a buon mercato.
In un campo di colza nei pressi di Lydd.
Risveglio nella foschia e dopo
una notte fredda. Il villaggio di Rye, definito uno dei più belli
d’Inghilterra, è un vero incanto. Sono le 9 del mattino e in giro c’è poca
gente – me lo godo davvero. Una durissima salita mi porta ad Hastings, città
portuale che odora di pesce e catrame. Mi aggiro tra i vecchi magazzini neri
per lo stoccaggio del pesce, tappezzati di gigantografie di vecchi pescatori.
Faccio asciugare tenda e sacco letto sull’assolato lungomare dove gli inglesi
passeggiano felici leccando gelati. Nel pomeriggio affronto la salita a
tornanti per il promontorio di Birling Gap, luogo in cui le scogliere bianche protese
a precipizio sulla Manica raggiungono il massimo della bellezza.
Il pittoresco villaggio di Rye, non a torto
definito il più bello d'Inghilterra.
in alto e in basso:
il parco e la chiesa di Rye.
Il molo di Eastbourne e la sua spiaggia.
sopra e sotto:
due riprese di Hastings, cittadina balneare.
Sessione fotografica all’alba
sulla scogliera. Poi riprendo il viaggio. A una rampa dura e trafficatissima segue
una discesa brutale e pericolosa dove supero con terrore i 50 km orari. Per
sicurezza, tenuto conto che le strade
inglesi sono sempre strette e prive di margine, in questa furiosa discesa mi
mantengo un po’ più al centro della carreggiata, cosa che fa spazientire un
automobilista che mi strombetta dietro e poi mi sorpassa. Sarà l’unico idiota
ad azionare il clacson in quasi 2000 chilometri di viaggio guadagnandosi una
mia “mandata affanculo” – ma per il resto, della guida degli inglesi non ho da
lamentarmi.
La struggente bellezza del promontorio di Birling Gap,
sulla costa meridionale dell'Inghilterra.
Al porto di Newhaven dove dovrei
imbarcarmi per la Francia scopro – meno male che ho chiesto! – che c’è un solo
ferry alle 10 del mattino. L’altro è alle 23, probabilmente pensato per i
camionisti. Rinuncio a raggiungere Brighton, più a ovest, e mi fermo qui. Anche
perché tra Newhaven e Brighton il tratto di ciclabile, dopo una dura salita si
svolge su una delle strade peggiori che abbia mai visto nella mia vita di
ciclista: una pista dissestata e polverosa stracolma di buche profonde e
ravvicinate. E paradossalmente, fiancheggiata da belle villette con vista sul
mare. I proprietari vi si avventurano a velocità disastrando le loro auto: dei
pazzi. Una colletta per asfaltare non l’avete mai pensata ?
Il porto inglese di Newhaven,
da dove ci si imbarca per Dieppe (Francia).
Mi fermo in una guest-house e termino
trionfalmente il tratto inglese del viaggio passeggiando nella zona del porto e
rifugiandomi in un accogliente pub dove mi faccio servire pollo, chips e una
buona dose di birra inglese. Domani si parte per la Francia.
A Newhaven nella stanza di un piccolo albergo,
per l'ultima notte in terra inglese.
Un pub-ristorante a Newhaven.
La cena a base di pollo al rosmarino
e patate fritte innaffiate da birra inglese.
IN FRANCIA.
"Realizzate da voi i vostri sogni. Altrimenti
prima o poi qualcuno vi assumerà per realizzare i suoi"
anonimo.
Alle 9 del mattino c’è una discreta
coda di auto in attesa dell’imbarco; a noi ciclisti ci faranno salire per
primi. Dico “noi” perché mi trovo in buona compagnia: almeno altri sei cicloturisti
inglesi con i quali si ride e si chiacchiera prima, durante e dopo lo sbarco
nel paese di Napoleone. Non so cosa aspettarmi da questa ex potenza coloniale i
cui abitanti sono bollati come “antipatici e nazionalisti”. Facciamo allora che
non mi aspetto nulla -
Pedalo per decine di chilometri
in compagnia dei miei simili sull’Avenue Verte, la ciclabile che collega Londra
con Parigi. Liscia come la seta e circondata da boschi e parchi, è un vero
fiore all’occhiello. La Francia presenta così il suo biglietto da visita. Con
pulizia e civiltà assolute: ogni tanto si trovano delle toilette pubbliche dove
si potrebbe letteralmente mangiare per terra. La carovana improvvisata vola e
non accenna a fermarsi. Stare in gruppo ha vantaggi e svantaggi, ciò è ovvio. I
colleghi su due ruote alla fine decidono di dire stop in un campeggio
ufficiale, e ci salutiamo. Sono le 17, c’è ancora luce e voglio proseguire. Mi
fermerò in tenda presso un bosco in località Forges.
Il castello di Mesnières, a pochi passi dalla
ciclabile Avenue Verte.
Il giorno successivo proseguo
sull’Avenue Verte. Raggiungo il villaggio di San Germer de Fly con la sua
cattedrale gotica, poi con vento a favore volo per decine di chilometri lungo
l’argine del fiume Epte sino a Gisors, sovrastata da un castello. Entro per due
metri, dico due, con la bici dentro un supermercato Auchan, ma vengo bloccato
da un impiegato - “No no no no monsieur. NO NO NO”- manco mi fossi presentato
con un carretto colmo di sterco... “Okay, but... is there another market nearby, a place
where to buy some food”? – l’uomo in giacca e cravatta manco replica e mi fa
cenno con la mano di andarmene via. Faccio dietro front bofonchiando a mezzo
volume un “ma vaffanculo”, che arriva bene a destinazione.
La cattedrale gotica di St.Germer de Fly.
Il vecchio centro di Gisors.
Reperisco a fatica un piccolo
alimentari, in questa cittadina bella in sé ma troppo piena di boulangerie,
patisserie e centri estetici, per i miei gusti. Mi allontano il più possibile e
mi accampo liberamente lungo il fiume in un’area selvaggia e deserta. Essere
libero ha i suoi vantaggi, primo fra tutti cambiare aria quando mi aggrada.
sopra: ignobilmente cacciato dal supermercato Auchan
( avrebbero dovuto sentirsi onorati ), mi accampo
per i fatti miei nei pressi di un fiume.
Quanto vale la libertà...!
Dal piccolo villaggio di Sagy in
poi lascio l'Avenue Verte e proseguo lungo l’itinerario consigliato da Donald
Hirsch, un appassionato cicloamatore che ha suggerito e pubblicato sul web una
“via” per giungere a Parigi senza attraversare periferie urbane, ma solo boschi
e parchi. La Donald Hirsch’s Route passa prima da Versailles, poi si inoltra
nella fitta foresta di Marly e infine sbuca nella capitale a soli tre
chilometri dalla torre Eiffel. Finisco per accamparmi proprio nella foresta
suddetta, in un recinto-capanno di legna eretto dagli operai forestali: chi
direbbe che Parigi è a pochi passi da qui? Gran meritevole lavoro, quello di
Donald.
in alto e in basso:
seguendo la "strada di Donald Hirsch" mi avvicino
a Parigi passando solo tra il verde di vastissimi boschi.
I giardini di Versailles.
Alle porte di Parigi.
E’ il 14 aprile. Ai piedi della
torre Eiffel scatto delle foto a una coppia di turisti venticinquenni indiani
benestanti e simpaticissimi. Sono talmente soddisfatti del risultato che il
ragazzo vorrebbe donarmi cinque euro. Ho fretta di sistemarmi all’ostello, risposarmi
e rimettere in ordine il materiale. E’ un immenso edificio dall’altra parte
della città – senza il sacro navigatore raggiungerlo sarebbe costato uno stress
immane. Emilie, la ragazza alla reception, possiede la giusta dose di
intelligenza per capire che voglio spendere poco e starmene in pace. Mi assegna
una stanza da due letti dove rimarrò da solo – dio che sollievo!
Parigi è bellissima, con strade
larghe che ne raccontano la vecchia grandeur.
La visito in una giornata grigia e nuvolosa. Raggiungo con la metropolitana la
cattedrale di Notre Dame il cui ingresso è gratuito, a differenza di
Canterbury. Passeggio lungo gli Champs Elysees sino all’obelisco di Place de la
Concorde. Ci sono innumerevoli bancarelle di libri e manifesti d’epoca lungo la
Senna. Sto per fotografare un piccolo manifesto riguardante un corcerto dei
Beatles a Parigi, quand’ecco che il venditore infastidito si piazza davanti con
espressione beffarda per impedirmelo. Ci vediamo dopo… bello mio!
Parigi, una delle -poche rimaste- fermate
storiche della metropolitana, in stile Liberty.
L'interno della cattedrale di Notre Dame.
Parigi, la Senna e la Conciergerie,
il castello dove nel corso della Rivoluzione Francese
furono imprigionati centinaia di prigionieri
in attesa della ghigliottina.
Tra essi, la regina Maria Antonietta.
La ruota panoramica e l'obelisco
di Place de la Concorde.
Ritorno dopo tre quarti d’ora con
la Nikon predisposta a scatto a raffica e obiettivo 35mm. La vecchia fidata
macchina fa il suo dovere: in barba al commerciante scarico a sorpresa dieci
scatti, portando a casa la foto che volevo. Eccola – DIO CHE SODDISFAZIONE !
- copiatela, stampatela, fatene quello che volete – niente copyright su questa
foto:
sopra: "e non si possono fotografare persone - e non
si possono fotografare bambini..."
...e che palle !
Neanche dei manifesti esposti pubblicamente
su una strada dove passa il mondo ?
Ecco lo scatto preso di prepotenza,
quando ci vuole ci vuole !
( sì lo so, non sono normale... )
Anche Parigi “è fatta”. In un
bel locale old style, mi siedo a un tavolino a sorseggiare un’intera pinta di birra Leffe
bionda guardando pigramente la giornata che si spegne sulla capitale francese. Torno all'ostello un po' storto, meno male che ho con me la pianta della città...
Lascio Parigi per impegnarmi in
un territorio collinare a sud della città sino al borgo di Dourdan dove giungo
dopo una faticosa salita. Il pomeriggio prosegue viaggiando su un altopiano
deserto punteggiato da pale eoliche e minuscoli villaggi agricoli isolati. Mi
fermo in un campo nei pressi della piccola Mervilliers. Vengo avvistato in
lontananza da due ragazzine che iniziano a darsela a gambe ritenendo che forse
sono un maniaco occultato tra la vegetazione. Poi smettono di correre perché si
rendono conto che tra me e loro ci sono almeno trecento metri e non potrei mai
raggiungerle. Forse questo è il motivo per cui il mattino dopo alle 7 vedo
sbucare il contadino col trattore esattamente dove ho piantato la tenda. L’uomo
è compiaciuto, per niente contrariato. Malgrado la barriera della lingua, mi
augura buon viaggio con un sorriso.
Il castello di Dourdan, a sud di Parigi.
Qualcuno mi ha chiesto se vado a gasolio...
forse no, ma se mi offrite un caffè e mezzo chilo di dolci
non mi dispiace...
In un campo agricolo in mezzo al nulla nei
pressi di Mervilliers, dopo essere stato
individuato da due ragazzine come presenza sospetta.
Da Orlèans in poi inizia un lungo
sogno chiamato Loire- a-velo, la pista ciclabile preclusa alle auto che segue
il corso del fiume sino alla Francia centrale. C’è un vento a favore fortissimo
– dio solo sa quanto sia amato dai ciclisti, soprattutto quelli con i bagagli,
che aumentano l’effetto-vela. Mi sento felice, volo. Lo stesso devono pensare
Nicolas e la sua fidanzata, che viaggiano in bici come me e si accampano “dove
capita”. Tra ‘wild-campers’ ci intendiamo subito e facciamo un lungo tratto
insieme, con i sorrisi stampati sulle facce.
Orlèans, la cattedrale.
La ciclabile della Loira passa proprio accanto
all'impianto nucleare di Belleville, del gruppo EDF.
Ad Argenvieres sta per arrivare
un breve acquazzone; ho già percorso 107 chilometri e mi rifugio all’interno di
un capanno ai lati della pista. Dormirò sul tavolo, e sarà una notte gelida.
L’erba tutt’attorno è bianca di brina al mattino.
A Pierrefitte sur Loire, dopo
un’altra tappona di 122 chilometri, pianto la tenda presso una fattoria in
disuso. Il vicino, un mio sorridente coetaneo, mi dà il permesso con un caloroso
“of course, you are welcome” - poi trascorriamo una bella mezz’ora insieme
brindando con una piccola birra fresca.
Pedalo lungo la Loira con il vento a favore;
ma insieme al vento sta arrivando un temporale...
Tre capanne papabili per la notte:
quale sarà quella giusta ?
La capanna numero 1. Nella quale entro, mangio:
e dormo:
sopra: amici per mezz'ora.
A Pierrefitte sur Loire presso una fattoria
in disuso ci beviamo una birretta insieme.
Proseguo lungo la Loira per lunghi
interminabili chilometri. Boschi, canali e villaggi si susseguono senza fine. A
Briennon, vezzoso porto sul fiume, mi fermo a un ristorante dove una donna
continua a distribuire menu sui tavolini e mi informa che per mangiare “c’è un
bar poco avanti”: perché, da te non si mangia? Boh…(?)
Al bar “poco avanti” mi dicono
che hanno finito il pane. Radiografia del luogo: uno di quei posti che si danno
le arie senza averne la sostanza. Meno male che ho delle riserve di cibo, che
consumo su una panchina. Chi fa da sé fa per tre - quanto è vero. Concludo la
giornata a Villerest presso un campeggio una volta tanto ‘ufficiale’ in
prossimità di una grande diga. Ho proprio voglia di una doccia calda, la
miseria !
Non si scherza più adesso. La
pianura è finita e le salite iniziano ad appena duecento metri dal campeggio,
con una rampa durissima al 16%. La strada a seguire è tutta un saliscendi
spaccagambe. In prossimità di La Roche, un bel castello sul fiume, le pendenze
iniziano a placarsi, ma ecco che arriva la sberla: un’interruzione stradale che
mi costringe a una lunga e ancorchè inutile deviazione verso l’interno, con
pendenze ancora peggiori.
Partono imprecazioni indicibili che non riporto qui
perché mi chiuderebbero il blog, e ne esco fuori solo alle 14, sudato e
distrutto. Perdo l’inutile quota faticosamente guadagnata e poi riattacco con
le salite. Sono le 18, ho finito l’acqua e quasi tutto il cibo quando mi trovo
nel villaggio di V. – c’è un piccolo bar-albergo in cui chiedo se hanno una
camera e quanto costa; chiedo così, tanto per chiedere. La camera non c’è, ma
una donna lì presente si offre di ospitarmi a casa sua dove c’è un giardino e
suo marito, dice, è pure lui un ciclista.
Fine della pianura. In prossimità di Villerest
iniziano le salite della Francia centrale.
Sarà una serata memorabile
consacrata all’amicizia e all’ospitalità spontanea. Monto la tenda nel
capannone usato dal marito che lavora il legno. Appaiono una dopo l’altra le
figlie. La piccola mi mette a disposizione internet con cui ricarico il
cellulare. La più grande sta per sposarsi di lì a una settimana – le regalo
simbolicamente una conchiglia raccolta su una spiaggia inglese della Manica.
Quella di mezzo e suo marito sono i più ferrati in inglese, e fanno da
interpreti. Ceno con tutta la famiglia, e nell’aria sono palpabili gioia e
festa suggellati da un brindisi collettivo con un liquore d’erbe francese.
Credo che anche per questa gente, che mi ha dato tanto, sia stata una serata
speciale. “Vive la France”! – grido. E i bicchieri si levano in alto tra mille
risate.
Nel capannone di F., falegname e cicloamatore.
Insieme a F. la mattina della mia ripartenza.
Una di quelle persone che non dimenticherò.
F. il ciclista-falegname mi
accompagna per cinque chilometri il mattino della mia ripartenza sino a una
piccola cappella di campagna. Mi confida in breve un episodio della sua vita
molto importante; è una persona di cuore e lo sento, ne ho incontrare altre nei
miei viaggi. Perle rare e preziose di persone. “Verrai a trovarmi in Sicilia –
ti faccio visitare l’Etna, mi devi promettere che verrai, tu e la tua famiglia
siete i benvenuti” – “E’ il mio sogno”, dice. Lo ringrazio e ci abbracciamo
commossi. Le nostre strade si dividono e lo vedo sparire in discesa verso il suo
villaggio, questo piccolo-grande uomo che mi ha aperto la sua porta.
Le ultime salite di questa
regione mi portano a St.Catherine, villaggio di case di pietra dove presso un
bar mi offrono un piatto di formaggi francesi assortiti. Una volta per tutte mi
libero dai pregiudizi; i francesi presi per il verso giusto sono persone
ospitali, allegre, civili e meravigliose. Incontro una 60enne cicloturista
solitaria canadese da pochi giorni in marcia. Parliamo un po’ poi ognuno va per
la sua strada. In un ventoso pomeriggio arrivo finalmente a Voulte sur Rhône,
punto geografico in cui avverrà la grande virata ad est verso l’Italia. Il fruscìo
delle acque del Rodano è l’ultimo rumore della sera prima di spegnere la luce a
Led e concedermi un sonno profondo.
L'ottimo piatto gustato al bar di St.Catherine:
pollo con salsa alle erbe, patate e fagioli.
Seguirà un assaggio gratuito di formaggi francesi.
A Roanne, grande città lungo il fiume Rodano.
Una veduta di La Voultè sur Rhone,
dalla quale viro bruscamente a est per tornare
in Patria.
ROTTA VERSO CASA.
Il lungo tratto di fondovalle
procede senza novità di sorta sino all’Argentiere, villaggio minerario a pochi
chilometri dall’ultima grande città francese, Briançon. Mi fermo pochi minuti
in questo centro sciistico che pullula di Suv e pullman invadenti e pericolosi.
Mancano sette chilometri al passo del Monginevro e monto la tenda in una bella
radura, sotto un cielo livido e coperto di nuvole.
L'Argentière-la-Bessèe, mt.1200.
Monumento ai minatori.
A Briancon, comune di 12mila persone
e centro sciistico.
Sono le 6 del mattino e c’è una
strana luce. Gli uccelli non cantano. Apro la tenda e trovo la sorpresa: trenta
centimetri di neve e fiocchi bianchi che continuano a cadere copiosi. La bici è
sepolta e fa un gran freddo. Scavo per ritrovare l’elastico con i ganci che
permette di assicurare il bagaglio posteriore – lo avevo abbandonato a circa un
metro dalla tenda: se non lo reperissi sarebbero guai seri. Faccio buon viso a
cattivo gioco riguardo al meteo. Mentre consumo la colazione sento passare
sporadiche auto: vuol dire che il Passo non è chiuso.
Mi riporto sulla strada e
inizio la salita. Saranno sette duri chilometri sotto la tormenta, con un unico
pensiero fisso: andare avanti. Nessuna salita è infinita. La temperatura è zero
gradi esatti. Dalle auto che incrocio partono incoraggiamenti o si intravedono
facce sbalordite. Alle 10 vedo apparire delle baite immerse nella nebbia e
sommerse dalla neve: ce l’ho fatta. L’obelisco del Monginevro è a pochi passi.
Abbraccio la bici che mi ha portato fin qui, e un po’ mi emoziono.
In tenda al mattino, tra Briancon e il Passo del Monginevro.
Mi sveglio e scavo per recuperare Littoria sepolta dal manto bianco.
In marcia verso il Passo sotto la tormenta e a zero gradi.
Al Col de Montgenèvre, mt.1854,
vicino l'obelisco in onore di Napoleone Bonaparte.
E' fatta !
Cambio la maglia intima tutta
sudata e affronto la lunga discesa verso l’Italia. Gradatamente la neve lascia
il posto a prati verdi sino al paese di Oulx, dove mi fermo in una pizzeria.
Parlo di nuovo in italiano dopo un mese di viaggio. Metto ad asciugare tenda e
una marea di altri materiali sull’erba di un giardino pubblico, ma il sole dura
poco. Il tempo vira di nuovo al brutto e torna a piovere debolmente.
Il progetto era di proseguire per
Susa, ma lungo la strada mi imbatto in un posto straordinario: il borgo in
pietra di Exilles, sovrastato da una colossale fortezza militare. C’è un
piccolo albergo e decido di fermarmi. Trascorro tutto il pomeriggio nel
villaggio, assaporandone l’atmosfera, i vicoli che raccontano piccole e grandi
storie.
Volevo proseguire per Susa, poi scorgo a lato della
statale il borgo in pietra di Exilles:
come faccio a non fermarmi in un posto così ?
statale il borgo in pietra di Exilles:
come faccio a non fermarmi in un posto così ?
La colossale fortezza di Exilles, la più antica del Piemonte.
Lascio a malincuore Exilles e il
suo albergo. La statale 25 della Val di Susa è meno trafficata di quanto mi aspettavo.
Mi porterà velocemente a Torino, dove giungo alle 16 e grazie all’efficienza
delle ragazze dell’ufficio informazioni, prenoto due notti in un bed and
breakfast. Dietro di me c’è una coppia di pensionati che mostrano palesemente
una grande impazienza, soprattutto la donna, che continua a sbuffare. Li
metterei su una bici per qualche migliaio di chilometri, così curano la loro
(inutile) premura cronica: ma perchè certuni non fanno quello che dovrebbero fare, cioè starsene a casa ?
Torino è una gran bella città dove mi trovo a mio agio.Tra gli innumerevoli musei scelgo quello del Cinema. Allestito all’interno della Mole Antonelliana, è roba da rimanere a bocca aperta: la storia del cinema raccontata in modo magistrale a partire dalle leggi dell’ottica e dalla “lanterna magica” sino ai nostri giorni. Come se non bastasse c’è anche una mostra temporanea con centinaia di fotografie degli anni Trenta, vero pane per i miei denti. Dedico anche un’ora alla bella mostra di quadri intitolata “Dal Futurismo al ritorno all’ordine”, presso le sale nobiliari della Fondazione Accorsi, dove capolavori di Depero e Sironi hanno per sfondo stanze addobbate con uno sfarzo degno di Versailles.
Torino è una gran bella città dove mi trovo a mio agio.Tra gli innumerevoli musei scelgo quello del Cinema. Allestito all’interno della Mole Antonelliana, è roba da rimanere a bocca aperta: la storia del cinema raccontata in modo magistrale a partire dalle leggi dell’ottica e dalla “lanterna magica” sino ai nostri giorni. Come se non bastasse c’è anche una mostra temporanea con centinaia di fotografie degli anni Trenta, vero pane per i miei denti. Dedico anche un’ora alla bella mostra di quadri intitolata “Dal Futurismo al ritorno all’ordine”, presso le sale nobiliari della Fondazione Accorsi, dove capolavori di Depero e Sironi hanno per sfondo stanze addobbate con uno sfarzo degno di Versailles.
in alto e sotto: immagini dell'arrivo a Torino
in piazza Castello.
29 aprile, sabato. Tappa 24^ di
km 113. Lasciata Torino con un carico di dolci a buon mercato comprati in un
panificio gestito da egiziani, costeggio il grande fiume Po a me caro in direzione
Chivasso. Inizia il deserto di risaie del Vercellese. Pedalo per diversi
chilometri in compagnia di una ciclista 50enne in bici da corsa. Voglio
raggiungere San Nazzaro Sesia, piccolo borgo a pochi passi dall’omonimo fiume.
Mi informano che potrei chiedere ospitalità nel convento, ma voglio dormire in
tenda – è l’ultima notte del viaggio e ho voglia di starmene da solo - in
raccoglimento, per così dire; perciò raggiungo le rive del Sesia e mi fermo su
una piccola altura.
Tra le risaie del Vercellese
Il fiume scorre bagnando i grossi ciottoli, mentre il sole
si abbassa sulla riva opposta. Non si vede anima viva e ne approfitto per un
bagno stile naturista nelle acque gelide che provengono dalle lontane montagne.
Mi asciugo e preparo un tè. Il sole scompare e l’aria si fa fredda; rientro
nella tenda e mangio qualcosa. La sera terminerò la lettura di un racconto di
viaggio, quello di Helen Lloyd, ragazza inglese che da sola ha raggiunto in
bici il Sudafrica partendo da Londra. Questa lettura mi ha accompagnato per
tutto il mio piccolo viaggio e mi ha sempre confortato e incoraggiato.
Domani
torno a casa.
In tenda a San Nazzaro Sesia per l'ultima notte del viaggio.
sopra: approfitto della solitudine
per un bagno naturista.
nel frattempo la birra si raffredda nell'acqua del fiume -
- e il sole tramonta.
Alba chiara e luminosa. Parto
presto - alle 7 e 30 sono già in marcia lungo la pista in terra battuta che
costeggia lo storico canale Cavour e arriva a Turbigo, laddove il Ticino segna
il confine naturale tra Piemonte e Lombardia. Poco prima di Turbigo incrocio un
gruppo numerosissimo di cicloamatori che si godono la loro bella domenica di
sport: partono incitamenti e saluti. “Vengo da Londraaa”! – grido, e francamente
non ci credo neanch’io. Appare tutto surreale, adesso. La bici sembra andare
avanti da sola, macinando strada su strada, come se sentisse la mèta ormai
vicina.
Strade di campagna costeggiano il lungo
canale Cavour.
Da Legnano, imbandierata a festa
per il suo Palio, spengo il navigatore. Littoria avanza, sempre col suo fruscìo
monotono, bellissimo. Manca una manciata di chilometri sino a casa. Nuvole
basse oscurano il sole. Poi è di nuovo luce. Il passaggio a livello della
Milano-Como riapre le sbarre. Trecento metri. La piazza con il monumento ai
Caduti e una foto con l’autoscatto. Ancora quattrocento metri e sono di nuovo a
casa. Apro la porta del box, il neon lampeggia indeciso e poi si accende; appoggio
Littoria sul muro.
Da Londra a casa in bicicletta, in questo preciso istante,
diventa realtà. Il contachilometri segna 1975 chilometri, una cifra in cui è
racchiusa una fetta della mia vita colma di ricordi incancellabili, in giro per
la vecchia Europa. Sorrido, mi sento vivo e felice. Richiudo la porta del box.
Ecco
- il viaggio adesso è davvero finito.
La piazza con il monumento ai Caduti.
400 metri ancora e sono di nuovo a casa.
Per la Galleria Fotografica vai in questa pagina.
Porca puttana...! Emozionante!
RispondiEliminaMa come ti senti quando ti ritrovi di nuovo a casa fra 4 mura?
Io ,dopo i miei relativamente banali weekend a zonzo, appena arrivo a casa godo come un riccio nel farmi la doccia e soprattutto nel sentire il materasso che è di una comodità incredibile. Ma dopo un paio d'ore mi son già rotto le palle e ho nostalgia per la vita all'aperto.
Quelle pochissime volte che ho fatto weekend particolarmente alla barbona, una volta a casa continuavo a guardarmi attorno pensando a quanto "lusso" comodo e bello ma di contro freddo e vuoto di emozioni.
Volevo chiederti dove parcheggi la bici quando vai negli stelli.............. ma poi ho visto che la porti in camera.
Hai notato anche tu che in inghilterra non hanno una gran cultura del mangiar genuino? Tutta roba confezionata e industriale, pane a fette confezionato, salumi meglio lasciarli perdere (ok il bacon, salami pietosi, prosciutti cotti tipo "spalla", prusciutti crudi inesistenti), formaggi solo "finti" tipo galbanino o sottilette (mai formaggi freschi o un trancio con la crosta presente).
E' vero che è zeppo di ristoranti, ma moltissimi sono etnici. E di tipico loro hanno il solito fish&chips e.... poi?
Quando torno a casa, se tutto è andato bene, mi sento da dio perchè le endorfine in circolo durano a lungo - lo chiamo "il rientro del legionario", è una sensazione appagante. E' come se le comodità, i lussi, adesso ti spettassero davvero, te li sei "guadagnati".
EliminaLa bici negli ostelli se hanno un cortile la lasci nel cortile; in caso contrario c'è di solito un locale più o meno seminterrato come deposito valigie, e la metti lì.
L'ho portata in camera solo una volta, è stata un'eccezione, si trattava di un piccolo albergo - me l'hanno suggerito i gestori; non c'era spazio da nessun altra parte.
In Inghilterra il cibo è stato razionato sino se non sbaglio agli anni '50. Ciò non ha favorito lo sviluppo di una cultura culinaria. Ora la situazione è molto, parecchio, diversa. Se hai soldi mangi genuino - magari non l'arancia appena colta - ma te la passi bene. Il fish & chips mi è piaciuto molto, lo preparano bene. Certo non lo mangi ogni sera...
ogni paese ha i suoi pro e contro - come tutto nella vita, del resto.
Complessivamente, per quel poco che ho visto, Londra mi è piaciuta e ci tornerei.
Non tornerei invece a Helsinki. Un posto triste ed etereo, vagamente negativo.
Greetings.
Quanta roba!
RispondiEliminaMe lo devo gustare bene questo tuo diario, non certo con lo smart.
A presto allora.
(Sai una cosa però? Non vorrei essere tua moglie o tua madre, sarei sopraffatta dall'ansia!
Brava, fammi onore con un supermonitor !!!
EliminaA parte gli scherzi, quando scrivo cerco di non divagare.
Sul web, sono in tanti a stancarsi presto, e dopo qualche riga iniziano a guardare soltanto le figure -
ciao,
grazie ancora
Ciao Lupo Libero, sono capitato casualmente nel tuo website e ho trovato molto interessanti i tuoi viaggi in bicicletta: scritti in modo piacevole e corredati da belle foto!
RispondiEliminaQueste "2 righe" sono quindi d'obbligo per ringraziarti dei minuti passati a leggerti :)
Ti ringrazio, Veeg. Forse nel mio blog non sei capitato "casualmente", dato che sei anche tu un amante delle due ruote a pedali.
EliminaIo cerco di scrivere reports senza peli sulla lingua e senza rispettare il politically correct: la narrazione non dev'essere cioè "edulcorata" = tutto bello, tutto meraviglioso. Per il resto, ci tengo molto alla fotografia.
Un caro saluto -
Hello Lupolibero. I must congratulate you for your interesting and very amusing blogs. Earlier this evening I googled "Chiesa di S. Pietro in Ciel d'Oro", and happened to see your blog where you mention that church. I started reading it and was instantly hooked! I enjoyed it so much that I went on to read also this blog about your journey from London. You have gained another fan! Ti ho aggiunto alla lista dei Segnalibri perché voglio seguire i tuoi altri blog. Grazie e saluti dalla vecchia Albione.
RispondiEliminaHi, please excuse me if I didn't reply, for I did not receive the notification from the Google blogger.
EliminaI really enjoyed England - the National Cycle Route is fantastic and the people were friendly welcoming and cycle repectful.
In the future I would ride in Scotland then Ireland, too.
Damn, the life is so short !!!
Thanks, mate.
Al tuo posto non sarei mai andato in quel postaccio d'Inghilterra che conosco bene. Preferisco mille volte la parte dolce italiana.
RispondiEliminaDevo dire che non mi sono trovato malaccio in Inghilterra. Ciclisticamente hanno un'ottima rete ben segnalata.
EliminaVi ho trascorso cmq una sola settimana.