venerdì 26 ottobre 2018

Rovi e rotaie: a piedi sulla ex ferrovia Randazzo-Alcàntara.




L'immancabile scatto stile 'Trainspotting'
sulle rotaie ormai in disuso



La ferrovia Randazzo-Alcàntara costituisce uno degli innumerevoli "rami secchi" della rete ferroviaria italiana. Iniziata nel 1928 e inaugurata nel 1959, questa linea non elettrificata a scartamento ordinario collegava la città medievale di Randazzo sul versante nord dell'Etna, alla costa ionica siciliana intercettando la ferrovia Messina-Siracusa. Dopo alterne vicende tra cui l'automatizzazione e altri ammodernamenti avvenuti a metà degli anni '90, la linea è stata chiusa definitivamente nel 2002.

Io e l'amico Luigi, entrambi armati di molta - e sottolineo molta - buona volontà, abbiamo percorso a piedi un tratto di venti chilometri esatti della linea dalla ex stazione di Francavilla di Sicilia (ME) alla ex stazione capolinea di Randazzo (CT).



Dato che per questo percorso non si era in grado di stabilire con precisione il tempo necessario, abbiamo lasciato un'auto al punto di partenza e un'altra al punto di arrivo. All'alba di mercoledì ci siamo introdotti nel piazzale della stazione abbandonata di Francavilla iniziando il nostro cammino lungo uno dei binari.


 Il piazzale passeggeri della ex stazione di
Francavilla di Sicilia (ME), punto di partenza
della nostra camminata ferroviaria.







Lasciata Francavilla, la linea è percorribile agevolmente sino a viadotto sul fiume Alcàntara, dotato di parapetti che sono probabilmente ancora quelli originali.
Si cammina in direzione di Castiglione di Sicilia, un paese arroccato estremamente scenografico.



sopra: in cammino sul bellissimo viadotto sul fiume
Alcàntara in vista del paese di Castiglione, in alto sulla destra.



L'illusione di poter percorrere la linea pedissequamente lungo le rotaie dura però poco: i problemi iniziano appena superato il viadotto citato. Vegetazione di ogni tipo ha ripreso possesso della ferrovia facendola scomparire letteralmente tra volumi di rovi, di cespugli spinosi, addirittura alberi interi sono cresciuti in mezzo ai binari.

Siamo stati perciò costretti a costeggiare la strada ferrata o ad allontanarci da essa per qualche centinaio di metri, finendo su strade secondarie, guadando torrenti o rimanendo giocoforza "intrappolati" dentro terreni privati.



sopra: un casello abbandonato presso un 
ex passaggio al livello; l'accesso ai binari è
però precluso da una recinzione che richiude
un vasto vigneto.







in alto e in basso:
allontanandosi dalla ferrovia e percorrendo strade
secondarie si notano scorci di paesaggio normalmente
preclusi all'automobilista. Qui l'Etna con la cima spruzzata di neve.











Vecchie masserie circondate da vigneti.
Siamo nel cuore della zona di produzione dell'Etna Rosso.




Parecchi chilometri prima della stazione di Moio Alcàntara siamo rimasti in difficoltà in un vasto campo di rovi e felci. Abbiamo perso parecchio tempo avanzando a fatica in mezzo a spine feroci, dovendo anche stare attenti a dove mettere i piedi. 
Riguadagnata la ferrovia, l'abbiamo seguita con alterne vicende sino a Moio - a circa metà del tragitto.





In alto e in basso: due dei tanti ponti ad arco, tutti in ottime condizioni.
Spesso sulla pietra di volta si reperisce un Fascio Littorio in rilievo.
Nota: il tratto che abbiamo percorso noi da F. a Randazzo è privo di gallerie.







Il paesaggio dell'Alcàntara ripreso idealmente
dai finestrini di un treno che non viaggia più.




Coltivazioni estensive di cavolfiore viola
nei pressi di Moio Alcàntara.




Il fiume Alcàntara fotografato da un viadotto.




Dopo aver percorso un lungo tratto in cui la vegetazione è stata incendiata (e con essa molte delle traversine di legno) e aver costeggiato un enorme vigneto, ci siamo fermati a mangiare qualcosa presso un casolare agricolo.






Nel corso del pomeriggio le nostre vicissitudini sono continuate senza sosta: recinzioni da scavalcare, diversioni per evitare giungle di rovi e continue valutazioni tattiche su dove e come proseguire.
E' stato bello individuare ogni tanto vecchi segnali luminosi arrugginiti - e caselli in rovina abitati da chissà quali ferrovieri ormai defunti:


 Ferrovia Alcàntara-Randazzo: i binari sono
resi invisibili da una foresta di ginestre dell'Etna,
ma emerge ancora fiero un vecchio segnale luminoso
risalente al primo periodo di esercizio della linea.




Un casello in rovina: chi abitò qui - e per quanto tempo ?



Alle quattro del pomeriggio, coperti di innumerevoli graffi - Luigi con i pantaloni lacerati - abbiamo iniziato a sentire l'odore della meta. Prima dell'arrivo a Randazzo ci siamo introdotti di prepotenza nel tratto di tre chilometri in trincea costruito dopo l'eruzione del 1981.

Emersi dalla trincea su un campo lavico disseminato di recinzioni e filo spinato, siamo infine arrivati al capolinea - una stazione color arancio murata per evitare più vandalismi di quelli già subìti.
Sul piazzale deserto e invaso dalle erbacce si aggirava solitario un cavallo marrone che si è dato alla fuga quando, stanchi ma soddisfatti di questa avventura, ci siamo avvicinati -

Tra una cosa e l'altra avremo percorso realmente sui binari non più del 20% dei venti chilometri teorici della linea. Le diversioni varie hanno portato la lunghezza della camminata a oltre 25 chilometri, occhio e croce.

E' stata una memorabile giornata, terminata con una birra fredda al paese di Francavilla, una volta recuperata la prima auto.




Un enorme tronco di palma da scavalcare,
precipitato sui binari dalla scarpata della trincea
realizzata dopo l'eruzione del 1981.




L'arrivo al capolinea di Randazzo (CT),
dopo un cammino di oltre 25 chilometri.
Tra me e Luigi giace il binario uno coperto da fieri rovi
e mille altre infestanti.




NOTE A MARGINE.

Quanto esposto è il diario di una giornata un po' diversa dal solito, NON un invito/incoraggiamento a percorrere a piedi la ferrovia in questione.
Meno che mai è spunto per il papà che vuole portarsi dappresso i bambini una domenica mattina.

La linea versa in condizioni di degrado notevoli per quanto riguarda la sede dei binari, percorribile di fatto solo in minima parte a piedi. Ponti, viadotti e muri di sostegno sembrano in buone condizioni nel tratto da noi percorso.

Sul web si reperiscono articoli e filmati che fino a poco tempo fa annunciavano a fanfara la prossima riapertura della linea a scopo turistico. Io non so se questi autori hanno mai provato a valutare davvero sul campo come stanno le cose; se lo facessero, forse parlerebbero diversamente.
Un conto sono le fantasie - un altro conto è il mondo reale. Fatto di costi e di problemi reali, che ci piaccia o no.

Dal mio punto di vista (STRETTAMENTE PERSONALE) posso avanzare per la ex ferrovia solo un'ipotesi: la sua conversione in pista ciclopedonale dopo decespugliamento e rimozione delle rotaie. Con la speranza - ma non è che ci creda troppo - che poi la manutenzione abbia un seguito costante ed efficace.

Chi è interessato a un po' di storia della linea dismessa Randazzo-Alcàntara può visitare questa pagina.




venerdì 19 ottobre 2018

A piedi nell'alta valle dell'Alcàntara alla ricerca del monastero di San Giacomo.








Escursione a piedi nel territorio dell'alta valle del fiume Alcàntara. Dodici chilometri tra gole spettacolari e boschi alla ricerca dei ruderi del monastero di San Giacomo.






Al chilometro-zero in località Masseria Liuzzo,
Floresta (ME).



Dato che il freddo vero quest'anno non si fa ancora sentire, io e l'amico Luigi - compagno di innumerevoli escursioni - abbiamo pensato di cercarne un po' a quote alte tra i territori di Floresta e Randazzo, sui nostri amati monti Nebrodi.
La nostra gita è iniziata pochi chilometri a sud di Floresta, su un altopiano dove nasce il fiume Alcàntara, che da qui inizia a farsi strada in un affascinante paesaggio di aspetto appenninico.


 Uno dei numerosi punti in cui la pista scompare 
sotto una vasta pozzanghera d'acqua trattenuta
dal terreno argilloso, un fenomeno comunissimo sui Nebrodi.



Nessuna parte di questo percorso si può definire noiosa. La strada serpeggia in discesa costeggiando il fiume incassato entro una gola rocciosa che si chiama Costa del Salice.





sopra e sotto:
lo spettacolare paesaggio della Costa del Salice,
dove nasce il fiume Alcàntara










in alto e in basso:
il fiume nel suo tratto iniziale








Abbiamo pazientemente superato diversi tratti allagati e oltrepassato un ponte ci siamo diretti in località Mulino di San Giacomo. Nei pressi di questo mulino si trova una costruzione di cui ignoravo l'esistenza pur avendo fatto questo percorso numerose volte: un piccolo monastero immerso in un bosco alla base di una colossale parete rocciosa.
Abbiamo reperito il monastero anche grazie a dei segnali apposti di recente.


Un tratto infangato della pista.




La recente segnaletica che conduce al monastero
di San Giacomo.



Il monastero è ridotto a un rudere pericolante che ancora si lascia leggere. Sulla sinistra ci sono i resti della chiesa, con l'abside distrutta da un enorme masso franato e la volta ad arco. Nessuna traccia di intonaci o affreschi.
A destra è rimasta in piedi metà del muro maestro con un portico e un balconcino; il resto è completamente franato al suolo tranne un muro ad angolo ricoperto d'edera.

Tra le rovine si intravedono vecchie travi di legno del tetto e dei ballatoi sepolte da macerie di ogni genere tra le quali la prudenza suggerisce di non inoltrarsi.




sopra e sotto:
i ruderi del monastero di San Giacomo
nel territorio di Randazzo (CT)



Ciò che resta del luogo sacro, con l'abside
squarciata da un enorme masso franato.
Non è prudente inoltrarsi all'interno
di questo locale il cui soffitto mostra numerosi
segni di cedimento



Muro maestro: rimangono in piedi una porzione
con due luci e l'angolo destro; la copertura
è completamente crollata.


Sul web si reperiscono poche e scarne notizie di questo luogo religioso appartato nel silenzio di questi monti; qualche lume si trova in questo documento, nel quale si legge che il monastero esisteva nel XII° secolo dopo Cristo.


L'imponente rupe del Pizzo dell'Inferno, m.1480
ai piedi della quale si trova il monastero.



Abbiamo sostato per qualche minuto nei pressi del rudere cercando di immaginare la vita che vi si poteva svolgere; a pochi metri di distanza si vedono ancora antichi terrazzamenti ormai colonizzati da altissimi alberi di cipresso.
Il mulino che si trova appena più in basso lungo il fiume era sicuramente connesso alla vita del monastero e serviva a macinare il grano prodotto in loco.
Certo non doveva essere una vita facile, a questa quota.

Ripresa la nostra strada, ci siamo imbattuti in tratti di bosco nei quali si trova una varietà incredibile di funghi molti dei quali abbastanza singolari:


Geastrum triplex, dotato di una vescica
contenente le spore.



Fungo del genere Ramaria,
probabilmente identificabile 



Coprinus comatus, detto "fungo dell'inchiostro"






sopra e sotto: Macrolepiota procera,
noto come "mazza di tamburo",
qui in due diversi stadi di crescita








Il percorso si alza e si allontana parecchio dal fiume guadagnando un po' di quota tra boschi di conifere sino alla bella area forestale gestita di Santa Maria del Bosco dove siamo arrivati poco prima di mezzogiorno e ci siamo fermati.


Un laghetto stagionale nel tratto che conduce
all'area forestale.






sopra e sotto:
boschi di pini larici dalle
curiose forme contorte








Un assaggio d'autunno.




L'arrivo all'area gestita di S.Maria del Bosco,
a poco più di 1000 metri di quota sui Nebrodi.




Giunti all'area forestale ci siamo fermati a mangiare qualcosa su uno dei numerosi tavoli all'aperto. Il posto è molto curato e invita alla sosta.





sopra: panchine e giochi per bambini;
sotto: un campo di calcio in erba naturale








Luigi consulta la carta escursionistica dei Nebrodi.




Io bevo un sorsetto di cordiale post-pranzo.





Alle 13 ci siamo incamminati sulla via del ritorno godendo di vere atmosfere "scozzesi": nuvole basse coprivano la valle e portavano foschìa mentre cadeva una pioggerella di quelle che non riescono a dar fastidio anzi sono piacevoli (naturalmente se si ha come coprirsi, zaino incluso).



La marcia di rientro, per lunghi tratti
accompagnata da una debole pioggia.



Lungo il tragitto siamo ripassati davanti alla deviazione per il monastero e non ho potuto fare a meno di pensare quanto sia diversa la nostra vita rispetto a quella di chi aveva deciso di vivere qui secoli fa.
Forse quei monaci andavano in giro a cercare castagne, forse coltivavano qualche albero da frutto. Chissà come se la passavano quando nevicava - e chissà se le ossa di qualcuno di loro riposano nei dintorni. Tante domande che si perdono nella notte dei tempi -

Giunti infine alle auto e al paese di Floresta ci siamo ricoverati presso un bar a prendere un bel caffè mentre fuori la pioggia si era fatta molto più decisa.

Qualche chiacchera appena fuori del bar sotto il tendone da cui gocciolava acqua -  poi ci siamo salutati con in mente già qualche altro posto da esplorare. Dove ? Non lo so neanch'io di preciso, ma sempre qui sulle nostre montagne.




 I Nebrodi in territorio di Floresta (ME),
teatro di innumerevoli escursioni nella natura.




domenica 7 ottobre 2018

In bici a Cefalù. Quasi 100 chilometri di paesaggi mozzafiato.





Quanto è bello viaggiare in bici lungo il mare.
Forse è stato tutto un sogno.
Un sogno esotico.








Continuano le escursioni ciclistiche in terra siciliana. Due giorni e quasi 100 chilometri di pedalate lungo la costa tirrenica da Capo d'Orlando a Cefalù con libero accampamento in tenda. 




PRIMO GIORNO


Ho preso il via di buon mattino dalla cittadina di Capo d'Orlando (ME) dirigendomi verso ovest in direzione Palermo. Poca gente sulle strade, cielo scuro e anche un certo freschetto. La Via del Mare è una pista sterrata che si allontana dal centro abitato e giunge sino a Torrenova, mantenendosi sempre in vista della costa. C'è il progetto di trasformarla in pista ciclabile: vedremo.





sopra e sotto:
i primi chilometri nei pressi di Capo d'Orlando (ME),
con cielo scuro e temperatura di quindici gradi












Mi ha sempre affascinato l'atmosfera malinconica di Ottobre. Gli stabilimenti balneari chiusi, le pozzanghere dopo le recenti piogge, la luce tutta particolare dell'autunno. Adoro questo mese tanto quanto detesto l'estate.
A Torrenova ho fatto una breve sosta sulla spiaggia dove giace un grande barcone color blu oltremare, quindi ho proseguito per Sant'Agata di Militello (ME).




in alto e in basso:
una sosta presso uno
stabilimento balneare chiuso.








A Sant'Agata di Militello ho viaggiato su un bellissimo lungomare tutto nuovo e talmente ampio che ci potrebbe atterrare un aereo. Si sono manifestati alcuni piccoli problemi al cambio della bici; di recente avevo fatto sostituire la corona posteriore con una a 34 denti per poter affrontare le salite con i bagagli. Ma la catena pareva non volerci andare troppo d'accordo -

All'ora di pranzo mi sono fermato presso un piccolo promontorio erboso proteso sul mare in località Torre del Lauro (ME). Il pensiero è andato per un attimo alle scogliere di Dover in Inghilterra che avevo visitato in bicicletta due anni fa.

Il tempo ha cominciato a migliorare sensibilmente; seduto sull'erba, ho mangiato due panini guardando il mare.






Splendido tratto di costa in località Torre del Lauro (ME),
un posto magnifico per la pausa-pranzo.





Sono ripartito alle 14 e trenta alla volta di Santo Stefano di Camastra, città votata alla produzione di ceramiche. C'è un belvedere con i parapetti tutti maiolicati, bellissimo. Pochi chilometri prima mi ero imbattuto in un altro (belvedere) poco curato e invaso dalle erbacce. E' sempre così in Sicilia: non ci sono mai le mezze misure !






Santo Stefano di Camastra (ME),
un belvedere maiolicato, vera opera d'arte.



UNA NOTA IMPORTANTE:
DA QUESTE PARTI FORTUNATAMENTE NON
HA ATTECCHITO LA STRAMALEDETTA MANIA
DI APPORRE SCRITTE E GRAFFITI.
QUALCUNO E' CONVINTO CHE SI TRATTI DI "FORME
DI LIBERA ESPRESSIONE".
PER ME FANNO SCHIFO E BASTA.




Atmosfere mediterranee nei pressi
di Castel di Tusa (ME).




Pochi chilometri a ovest di S.Stefano di Camastra la statale 113 plana in discesa verso una piccola località costiera di nome Villa Margi. Qui si trova l'immenso quadrato di calcestruzzo intitolato 'Monumento a un poeta morto'.

E' una delle opere d'arte contemporanea della Fiumara di Tusa, realizzata insieme a diverse altre sul finire degli anni '80 da un gruppo di eccentrici artisti.



Monumento a un poeta morto, di Tano Festa (1989),
altrimenti conosciuto come "La finestra sul mare"
dato che il manufatto è orientato a incorniciare il tramonto.




Dettagli e approfondimenti su questa e le altre opere
della Fiumara d'Arte si trovano in questa pagina.




Castel di Tusa è un piccolo borgo di pescatori dalle case color giallo ocra. Qui la geologia delle montagne retrostanti è diversa. La spiaggia di ciottoli è accarezzata dal vento - c'è qualche bar aperto dove indugiano alcuni stranieri - la calma è assoluta.



La spiaggia di ciottoli a Castel di Tusa (ME).
( Foto scattata nell'autunno del 2016 )








Castel di Tusa (ME), un punto panoramico a monte del paese.




Da Castel di Tusa in avanti la costa è molto stretta - nel senso che la montagna incombe vicinissima al mare lasciando poco spazio alla strada e alla ferrovia.
Dove c'è qualche tratto pianeggiante si trovano case per le vacanze e proprietà private cui si accede da strade laterali chiuse con i cancelli.
Dico questo per sottolineare che dalle 18 in poi sono entrato in modalità 'ricerca del posto per la tenda'.

Ed è a questo punto che ho sfruttato la tecnologia: grazie allo smartphone e alle mappe satellitari ho intuito che sei chilometri più avanti c'era un punto dove probabilmente avrei potuto accamparmi.
Il sole era ormai scomparso dietro le montagne e l'ho raggiunto sperando in bene -

Eccola, la traversa sterrata che cercavo: in piena curva, chiusa alle auto ma accessibile a piedi o in bici, che mi ha portato a....



sopra: l'elettrizzante ricerca del posto sicuro per la tenda.







sopra: una delle location migliori che potessi immaginare.
La pista termina in un gruppo di quattro casette solitarie
semidistrutte dalle mareggiate.
Un posto fantastico, nascosto alla strada e pulitissimo.
TUTTO PER ME !!!




Mentre faceva buio ho montato la tenda tra due case adiacenti, riparandomi così dal vento. Ho cenato su una delle verande e mi sono coricato ascoltando il mare.







Sopra: posto tenda gratis e cena a base di petto di pollo del mio macellaio di fiducia.
La birra ovviamente non è fredda ma va bene lo stesso, diamine !





SECONDO GIORNO


Mi riesce difficile descrivere la sensazione inebriante che si prova a svegliarsi in una tenda, in un bel posto, dopo una notte tranquilla di buon sonno. Il rumore della cerniera dell'abside che si apre, un'occhiata fuori, le stelle luminosissime - questa volta sul mare.

Il mare che ha rumoreggiato in maniera amica, per tutta la notte.

Uscito fuori alle 6 mi sono scaldato un caffè sulla veranda ascoltando le notizie alla radio.






in alto e in basso:
la colazione aspettando l'alba davanti al mare
(qualcuno li chiama "momenti Nescafè")








E' stata un'alba bellissima che ha illuminato di arancione la spiaggia solitaria. Sarò ripetitivo ma è stata una sistemazione tra le più belle che si possano ricordare.
















Smontata la tenda e risistemati i bagagli ho lasciato la spiaggia. In prossimità dell'imbocco della strada principale ho notato una serie di edifici abbandonati piuttosto grandi resi inaccessibili dalla vegetazione. Chissà chi viveva o lavorava qui  -







Ho fatto quindi rotta verso Cefalù, sulla statale quasi priva di traffico. A metà strada ho riparato una foratura sulla ruota posteriore. La riparazione ha richiesto circa venti minuti; in compenso il cambio si è risistemato da sè. Alle volte sembra che la bici sia un organismo, non un mero insieme di pezzi.



In viaggio verso Cefalù, che si trova subito oltre
il promontorio a forma di cono più o meno al centro della foto.




riparazione della foratura confortato da bei panorami costieri...





sopra e sotto: l'arrivo a Cefalù







Aggirato il promontorio che dà il nome alla famosa città, ho raggiunto la piazza con il duomo normanno. C'era tanta gente e si sentivano parlare tutte le lingue del mondo, dall'inglese allo spagnolo, dal russo al giapponese.

Ho incontrato anche tanti cicloturisti - molti più di quanto immaginavo, segno che questo meraviglioso modo di viaggiare si è diffuso parecchio.
Con alcuni ho scambiato qualche parola, con altri ci siamo fiutati come fanno i cani. Siamo così - una specie di grande famiglia.

Ho giracchiato tra i vicoli scattando qualche foto. Ho dato un'occhiata al famoso Lavatoio medievale e poi raggiunto la spiaggia dove la gente faceva il bagno in un'acqua verde smeraldo a pochi passi dalle case dei pescatori.



Cefalù (PA), la piazza del duomo.







sopra e sotto: due scorci tra i vicoli
del tessuto medievale













Il Lavatoio medievale.







in alto e in basso:
la spiaggia della città e un pescatore
che ripara una rete.







Un'altra immagine del duomo normanno.

Pochi sanno che nel 1925 venne eretta a Mogadiscio in Somalia
una cattedrale sul modello del duomo di Cefalù.
L'edificio somalo è ormai ridotto in completa rovina,
come riportato dalla pagina wikipedia



A mezzogiorno ho mangiato qualcosa su una panchina antistante la spiaggia, tra comitive festose di turisti e bagnanti. Splendeva un bel sole, ma senza essere insopportabile come in estate.
Mi sono quindi diretto verso la stazione ferroviaria per fare ritorno al punto di partenza.

Aspettando il treno non ho potuto fare a meno di ascoltare un omone panciuto con gli occhiali a goccia e un forte accento milanese che narrava a voce molto alta il suo tour esotico alle isole ...boh ? - le Canarie mi sembra.

Ho ascoltato mio malgrado le "avventure" altrui, soddisfatto della mia.

Indimenticabile piccola gita, indimenticabili paesaggi, indimenticabile notte in tenda sul mare in un posto di cui io solo conosco le coordinate.

Anzi forse a pensarci bene quelle case diroccate presso le quali ho dormito non esisteranno più tra dieci anni - il mare le porterà via.
E neanche dal finestrino del treno sono riuscito a vederle.

Forse è stato tutto un sogno.
Un sogno esotico.








TIPS

Il ritorno in treno.
Il biglietto da Cefalù a Capo d'Orlando costa 6 euro e 20. La bici viaggia gratis, quindi non bisogna preoccuparsi se alla macchina automatica non esce fuori l'opzione "servizi aggiuntivi-bici".
La bicicletta viene collocata in testa al treno in un vano un tempo destinato al materiale postale. Il corridoio di accesso è un po' stretto ma tutto sommato con qualche imprecazione si riesce a passare anche con le borse laterali.
Quanto detto si riferisce alla motrice che ho preso io, di circa vent'anni fa o forse più.




Alloggi.
Chi non si accampa liberamente in tenda può contare su un numero enorme di bed & breakfast, alberghi e campeggi per tutte le tasche. Presso Castel di Tusa ho buone notizie di un camping sul mare chiamato Lo Scoglio. Quando sono passato però era chiuso (per fine stagione).