mercoledì 18 dicembre 2019

La luce colora, disegna, sfuma, sparisce. Arrivederci all'anno prossimo.











Stamattina alle 7 e trenta c'era questa luna nel cielo azzurrissimo di dicembre. Ho pulito e riordinato l'intera casa e gli annessi, poi mi sono recato a Capo d'Orlando(ME),  cittadina sul mare - per comprare delle cose che mi servivano.

Mi sono fermato a mangiare un panino presso un bar che ho scoperto per puro caso. Si trova in una strada secondaria e arretrata, e la posizione è parecchio svantaggiata. E' gestito da una ragazza che si fa in quattro per mandare avanti il locale.
E' la terza volta che ci vado - mi fa piacere spendere i soldi qui piuttosto che in qualche rinomato bar del centro.

...

La scorsa settimana c'è stata una mareggiata di grande violenza che si è abbattuta sulla strada costiera, che è stata parzialmente chiusa;




Capo d'Orlando (ME), mareggiata di maestrale al Faro





La strada costiera provinciale parzialmente chiusa




Ci sono cose che restano immutate negli anni, se non nei decenni. Questo tratto di strada - bellissimo - lo percorrevo in bici da corsa quando avevo diciotto, vent'anni - ed è rimasto sempre lo stesso. 
Gli stessi sparuti alberghi anni Ottanta, le barche colorate parcheggiate negli stessi posti, gli scogli, la galleria, le piante selvatiche che crescono sul granito dell'incombente montagna, l'odore caratteristico di queste specifiche piante: tutto uguale. Anche la breve salita al 16% che si ricongiunge alla Statale è (ovviamente) rimasta la stessa: solo che ai tempi mi sembrava un muro invalicabile - ora mi fa ridere.









Il mare è avanzato sino a sommergere alcune spiaggette di ghiaia; tre o quattro anni fa avevo fatto il bagno qui, a fine Ottobre.
Adesso la mini-spiaggia non c'è più.



sopra: prima di questo scoglio c'era una spiaggia
che adesso è scomparsa sott'acqua
(la zona più chiara)
- foto Samsung A3 -




La chiusura della strada al traffico ha fatto sì che passino ancora meno auto di quelle che transitano normalmente in questa stagione, e c'è un gran silenzio rotto solo dal rumore del mare.
Il sole basso di dicembre è già quasi tutto dietro la montagna; a breve anche l'ultima luce in cima a questo scoglio sparirà.








Questo è l'ultimo post della mia permanenza in campagna per quest'anno. Alle 17 chiuderò la porta e la casa rimarrà vuota per quattro mesi e più. 
Spero di aver trasmesso qualcosa di bello a quanti hanno saputo apprezzare questo diario di vita.

Il blog entrerà in "quiescenza" per qualche mese sino al viaggio in bici dell'anno nuovo che si avvicina, quindi se scriverò poco o nulla sino ad allora non è perchè sto male o mi è successo qualcosa.

Arrivederci - buoni pensieri, buona scrittura e buon anno.




Mandaranci di fine anno




giovedì 12 dicembre 2019

Il mio concetto di autosufficienza.




Quando si parla di autosufficienza si va incontro all'incomunicabilità e alle incomprensioni più disparate. Per (tentare) di fare un minimo di chiarezza cercherò di illustrare qual è il MIO concetto di autosufficienza.



POSTULATO DI BASE

L'autosufficienza non può mai
essere totale


esempi:

Non ci si può autocostruire uno strumento complesso come una motosega - e 
neanche la sola catena a maglie della stessa;

Non ci si può fabbricare il carburante che serve per alimentarla;

Non è possibile autofabbricarsi moduli fotovoltaici,
e neanche gli inverter e tutto l'apparato di regolazione
e distribuzione della energia generata dal sole;



Tali esempi potrebbero proseguire all'infinito, sia nel campo della salute:

farmaci, apparecchi per analisi e diagnostica;

sia nel campo del (tutto sommato) meno utile:

macchine fotografiche, router wi-fi, computer


QUESTE COSE NON SI FABBRICANO,
meno che mai quelle ad alto livello di tecnologia




Una volta messo da parte questo nutrito zoccolo duro di cose che non è possibile ottenere da sè, resta:

Tutto quello che si può fare con le proprie mani.

E per il quale occorrono:
- salute fisica (e mentale)
- tempo
- buona volontà
- attitudine al risparmio
- attitudine all'ordine e dispregio del caos


Quindi per me la autosufficienza è una sorta di "stadio di semilavorazione" da cui posso agire.
Ho reperito varie foto degli ultimi sette anni in campagna che forse spiegano ancora meglio questo concetto:





Nel 2013 ho utilizzato un pesante tronco d'ulivo per realizzare
una seduta rustica: la motosega e il carburante per lavorarlo
non li ho fabbricati io; il sedile però è rimasto intatto e ogni volta
che ci poso il sedere sopra penso "che bello, l'ho fatto io"





2013, aprile. Fabbricazione di un pergolato per l'uva e l'ombra.
I profili di ferro non li ho segati io, nè saldati.
Però li ho levigati, trattati e verniciati prima dell'intervento
del professionista, risparmiando parecchie ore di lavoro pagato





2013, luglio. Abbiamo stuccato crepe e imbiancato da noi
l'intera casa. La malta e la pittura non le ho fabbricate io,
ma quanto avremmo pagato per far eseguire il lavoro a un'impresa?








sopra e sotto:
2013 - restauro come meglio posso un tavolino
sgangherato che avevo trovato in casa.
Quanto avrebbe voluto un falegname per fare
il lavoro al posto mio?




Il tavolino finito, su cui ancora oggi scrivo
al computer e metto roba dentro un cassetto
che era tana di ragni




E continuando:



Raccogliamo da noi le nostre nocciole dalla prima all'ultima
evitando di pagare manodopera esterna che tra l'altro
deve essere istruita e assicurata





Raccogliamo e cerchiamo di vendere, se e quando le
vogliono, arance e limoni senza pagare
raccoglitori





Ci procuriamo acqua fresca presso una sorgente vicina
evitando di acquistare bottiglie al supermercato - 
(e in estate il consumo raggiunge livelli incredibili)





Confezioniamo marmellate di ogni genere
evitando di comprarle al supermercato









sopra e sotto:
l'orto produce ogni anno una quantità colossale
di pomodori, verdure eccetera innaffiate
con l'acqua di una nostra sorgente e non con 
l'acqua comunale che pagheremmo a caro prezzo




sopra: pulisco da me medesimo la vasca destinata
ad accogliere l'acqua di irrigazione





sopra: un task fondamentale;
la decespugliatrice e il carburante non li ho fabbricati io,
però decespuglio da me tutto il terreno dal primo all'ultimo metro,
e quando termino la soddisfazione è indescrivibile






Raccogliamo le nostre mele, che sono imperfette.
Ma la raccolta è gratis. Non sono mele trattate, sono più
piccole della media e il mercato di massa le ripudia.
Ma io le mangio e non le compro, questo è ciò che conta.








sopra e sotto:
restauro da me la porta di ingresso della ex stalla;
la ridipingo con una miscela di colori ottenendo
esattamente il risultato che volevo.
Un professionista quanto mi avrebbe chiesto?








La porta finita.
E ogni volta che la apro, mi si apre il cuore (di gioia)





2015. Rimetto a posto un muro di contenimento
mezzo franato e ci passeggio accanto ogni pomeriggio





Mi faccio una spremuta a filiera metri cinque, cioè
da uno degli alberi vicino casa.
Dove sta l'autosufficienza?
Nel fatto di: spremere a mano senza aggeggi a batteria e
(semplicemente) nel non aver comprato il tetrapack di aranciata
proveniente molto probabilmente dalla Spagna




Ma la soddisfazione più grande viene dal settore legna. Negli anni abbiamo rimosso decine di alberi superflui e ottenuto legna dai noccioli, che sono alberi cedui in grado di rinnovarsi continuamente. La motosega è uno strumento di produttività ENORME. Per questo è così ambita dai ladri.

Una volta segata, la legna viene presa a colpi di accetta per essere ulteriormente sezionata.
Chi lo fa? 

Lo faccio io e mi piace pure. Possiedo legna per anni e anni e anni.
Non ho mai chiamato un camion per portarmi da legna da ardere - e questa io la chiamo:
la mia autosufficienza.












Lo scorso mese di novembre avevo interpellato un potatore professionista per dare una regolata ai vecchi alberi di ulivo, dopo aver fatto l'olio.

- sì, verrò, ci vediamo dopodomani...

Non si presenta nè si sente nessuno.
Chiamo due, tre, cinque volte al telefono. 
Silenzio assoluto.

Siccome ne ho piene le balle di tutta sta gente che piange miseria e poi quando si tratta di lavorare manco si presenta, ebbene gli alberi me li sono potati tutti io
Usando la scala, la motosega e la massima prudenza.
Chè per fortuna tra i tanti difetti che ho, quello che mi manca è la facilonerìa.

E mi sono risparmiato altri 90 euro.


Oggi mi sono fatto un risotto con i finocchi selvatici raccolti sul terreno e l'ho cucinato al 100% sulla stufa a legna accesa.
Il frigo lo spengo da fine settembre in poi e campo bene lo stesso.
I pannelli sono più che sufficienti per l'illuminazione a led e per alimentare il computer tutto il tempo che si vuole. 

L'autosufficienza per me è un concetto elastico, privo di fanatismi modaioli.
Coincide con il fai-da-te in un vasto raggio d'azione: alimentazione, potature, ripristini ecc.

Qualsiasi cosa si faccia con le proprie mani è già una forma di autosufficienza.
Poi se c'è addirittura chi si fabbrica i vestiti al telaio o si modella con l'argilla il piatto dove mangia, tanto di cappello. L'autosufficenza non è un concetto assoluto, fatto di uno e di zero. E' come un abito fatto su misura: va bene per me - per te non va bene. Ognuno la declina come può - al gradino zero c'è chi non è capace di prepararsi un piatto di pasta; al massimo livello c'è il cacciatore della taiga siberiana che si fabbrica da sè le trappole e pure la capanna di tronchi.

Io i tronchi li levigo e li rivernicio.




 Buona autosufficienza




lunedì 9 dicembre 2019

Vivere l'autunno: risotto salsiccia e ortiche; accensione stufa a basse emissioni.









Ieri sole e temperature piacevoli, infatti ho percorso in bici 45 chilometri di costa da Capo d'Orlando ad Acquedolci (ME), sino a un vecchio castello sul mare.
Oggi giornata grigia, umida e fredda con tanta voglia di stare in casa.

Ho messo in atto due cose imparate sul web: il risotto con ortica e salsiccia e l'accensione della stufa a basse emissioni.




RISOTTO CON ORTICA E SALSICCIA


Mi sono procurato una piccola quantità di salsiccia e ho raccolto una ciotola di ortica a pochi metri da casa:







sopra e sotto:
ortica e salsiccia locale
(il coltellino in realtà non serve per raccogliere l'ortica,
mi era solo rimasto in mano)




 




Ho estratto il contenuto della salsiccia e buttato via l'involucro; a parte ho messo a bollire l'ortica. In una padella unta d'olio ho disposto la carne, della cipolla tritata, un pezzettino di dado vegetale e ho iniziato a soffriggere.








Una volta cotta la salsiccia ho versato nella padella il riso (80g) più l'ortica ridotta a una poltiglia verde ormai inoffensiva e ho usato l'acqua di risulta della bollitura dell'ortica per portare a cottura il riso.
Ho usato il riso Scotti per insalate, che si mantiene integro e va benissimo - i dieci minuti dichiarati sulla confezione sono in realtà diciotto.








La cucina si è riempita di un piacevole odore di salsiccia e cipolla. Il piatto è riuscito benissimo. Non ho aggiunto burro o altro - la salsiccia è sufficiente a condire tutto. L'ortica fa da verdura e ammorbidisce.
Insomma: una meraviglia gustata con vino rosso e pane casareccio.








STUFA A LEGNA:
ACCENSIONE A BASSE EMISSIONI


Ci sono due lassi di tempo in cui una stufa a legna emette polveri e sostanze non proprio balsamiche: all'accensione e allo spegnimento/raffreddamento.
Perché in questi frangenti l'apparecchio non ha la temperatura ottimale per una combustione completa.

Da cosa si vede che una stufa emette polveri?

- dall'aspetto del vetro: opacizzato e annerito = cattiva combustione; trasparente = combustione ottimale;


Tradizionalmente una stufa viene caricata con una piramide di legna sotto la quale si dispongono rametti, carta ecc. per accendere:



sopra: disposizione tradizionale di accensione;
una piramide di legna che sovrasta l'esca (legnetti per
l'accensione)



Ho scoperto su internet che questo metodo è sbagliato.

Perchè è sbagliato?

- perchè i fumi emessi dalla legna non ancora bruciata si dirigono subito verso l'alto e non attraversano la fiamma, che si trova in basso. Per questo gli stessi fumi non vengono ossidati completamente;


Cercando in internet ho scoperto il cosiddetto "modulo di accensione innovativo a basse emissioni" consistente nell'operare esattamente al contrario: la carica di legna in basso, l'esca per l'accensione in cima:



Accensione a basse emissioni:
il fuoco viene acceso dall'alto



Cosa succede con questo sistema?

- succede che la temperatura nella camera di combustione aumenta, la legna in cima inizia a bruciare e quella più in basso emette fumi che si dirigono verso l'alto e SONO COSTRETTI a passare attraverso la fiamma viva, ossidandosi completamente;


Da cosa si deduce che l'accensione dall'alto funziona meglio?

- basta guardare il vetro: nessuna traccia di nerofumo e sostanze incombuste. Inoltre non è necessario aprire la stufa per almeno un'ora a partire dall'accensione (che è quella più cruciale);




sopra: non mi piace trafficare con la carta per accendere la stufa
(tranne bruciare Repubblica, cosa che adoro fare);
uso da sempre l'accendifuoco Blinky totalmente inodore ed efficacissimo.
Divido in due ciascun elemento in modo da far durare la scatola
per 40 accensioni e non 20.




Stufa caricata con metodo dall'alto








sopra e sotto:
accensione dall'alto









Nelle foto seguenti ho documentato i primi venti minuti di combustione:



Incendio dell'esca




Combustione totale dell'esca




Combustione della legna posta più in alto




Il fuoco inizia ad attaccare la legna sottostante




Questa carica dura circa un'ora durante la quale ripeto la stufa non viene mai aperta. Il vetro risulta perfettamente pulito e si forma una quantità tale di brace da portare l'apparecchio a pieno regime.
Basta aprire ogni tanto lo sportello per alimentare come di consueto.

Questo sistema è davvero efficace per limitare l'emissione di polveri e gas incombusti. Unica accortezza è tagliare la legna in modo che entri nella camera di combustione a formare il castello che ho mostrato nelle prime foto.

E a questo punto mi godo la stufa per l'intero pomeriggio:




 




mercoledì 4 dicembre 2019

Il periplo di Lipari a piedi nella splendida luce di Dicembre.










Periplo dell'isola di Lipari a piedi. Due giorni e 28 chilometri su strade e sentieri selvaggi. Case eoliane, cave minerarie e paesaggi straordinari.





PRIMO GIORNO
DA CANNETO (LIPARI) A CALA FICO


Canneto (Lipari, ME), il punto di partenza
del nostro giro a piedi dell'isola




8 e trenta del mattino. L'aliscafo partito da Milazzo (ME) ci lascia al porto di Lipari; da qui saliamo su un piccolo pullman per raggiungere la località costiera di Canneto, distante meno di tre chilometri.
E' da qui che iniziamo a camminare per compiere il periplo di Lipari a piedi in senso antiorario.

Il cielo è leggermente velato e in breve raggiungiamo la parte settentrionale dell'isola oltrepassando le rovine degli impianti di estrazione e lavorazione della pietra pomice.









I primi chilometri a piedi, uscendo dal borgo di Canneto









sopra e sotto: località Campo Bianco;
ex impianti di estrazione della pomice









La grande cava di pomice ha "contaminato" il mare che in questo punto assume colori polinesiani; la costa è bianca e selvaggia, punteggiata da numerose rovine di impianti industriali:













"Doppiata" la punta nord-est di Lipari i nostri passi si dirigono verso l'unico villaggio della costa settentrionale: Acquacalda.
Il mare qui è bellissimo, con tonalità verdi. Spesso ci fermiamo a osservare emergenze geologiche di ossidiana, la nera e tagliente pietra vulcanica dell'isola.








Un belvedere sul mare poco prima di Acquacalda




Luigi fotografa lo Scoglio dei Monaci




Il borgo di Acquacalda









Il borgo è semideserto: solo qualche rara auto. Le Eolie in questo periodo dell'anno possiedono un fascino particolare. Parla il mare - i turisti sono pochi. 
Ci aggiriamo tra le abitazioni affacciate sul lungomare e consumate dalla salsedine di innumerevoli mareggiate.








sopra e sotto:
in cammino tra le case di Acquacalda










Sono le 11 e trenta e lasciamo il piccolo villaggio. Ci aspetta una salita non da poco che ci porterà dal livello del mare a Quattropani, m.322.
Iniziano i tornanti e procediamo con pazienza con belle vedute sulla vicina isola di Salina.















Questa salita ha richiesto non poca fatica; è quasi l'una ed è da stamattina prestissimo che siamo in piedi. Finalmente raggiungiamo Quattropani, un agglomerato di case sparse dove Luigi ottiene una bottiglia extra di acqua da gentilissimi muratori che stanno restaurando la facciata della chiesa.








in alto e in basso:
tra le case sparse di Quattropani








Quattropani, la chiesa




Mancano ancora più di 700 metri di lunghezza e 80 di dislivello per il bivio dal quale scenderemo verso la costa occidentale di Lipari.
Una sciocchezza per chi è bene in forze. Purtroppo nel corso della giornata sono stato infastidito da un mal di gola via via crescente e da una certa debolezza generale.

Finalmente ci fermiamo a mangiare qualcosa alle cave di Caolino, sotto un bel sole tiepido.




Luigi esplora un mezzo cingolato degli anni Sessanta
presso le cave di caolino, dove abbiamo fatto una sosta 
per il pranzo







sopra e sotto:
uno sguardo alla suggestiva geologia di quest'area









Da questo punto in poi si scende decisi verso il mare. Sono più di due chilometri impegnativi attraverso un paesaggio straordinario - forse il più bello di tutto il giro: la comoda strada fatta finora diventa un sentiero che serpeggia dentro un canyon selvaggio con pareti verticali e un effimero corso d'acqua che passa al fondo della gola.





Discesa verso la costa occidentale lungo 
il sentiero selvaggio delle cave di caolino




Un punto spettacolare del sentiero





Il passaggio attraverso una delle numerose
frane lungo il sentiero




Siamo sempre più in vista del mare, che raggiungiamo in prossimità di una casa isolata. La luce dorata del pomeriggio illumina la scogliera rocciosa. Percorriamo ancora un po' di strada per reperire un posto dove piazzare la tenda.




La costa occidentale di Lipari 




La casa isolata in prossimità della quale
il selvaggio sentiero delle cave incontra la
carrareccia lungo la scogliera








sopra e sotto:
al termine della giornata lungo la frastagliata costa ovest di Lipari










Il tempo è tiranno: il sole si abbassa velocemente e sono appena le 16. Riusciamo a trovare un piccolo spiazzo tra i fichidindia dove montare le tende.
Io mi precipito a gran velocità sul bordo della scogliera per fotografare il tramonto. Siamo in località Cala Fico, uno dei punti più belli.



Montaggio del campo





Spettacolo del tramonto in località Cala Fico:
ancora venti minuti e sarebbe stato troppo tardi per
la ripresa fotografica !




Il sole scompare dietro l'orizzonte e presto fa buio. Rientriamo alle tende poco distanti e ceniamo presto, alle 18 e trenta.
Finisce così il nostro primo giorno di cammino a Lipari.






SECONDO GIORNO 
DA CALA FICO A LIPARI









Alle 6 facciamo colazione e poi smontiamo le tende. E' una giornata serena e praticamente senza nuvole. Lasciamo la bellissima cala dove abbiamo passato la notte e camminiamo in vista del mare illuminato dal sole di questa mattina di dicembre.








sopra e sotto:
inizia il secondo giorno di cammino















Giungiamo in breve all'edificio ottocentesco delle Terme di San Calogero, imbruttito da strutture in calcestruzzo affatto inopportune:




Terme di S.Calogero




Siamo a Pianoconte, un altro piccolo centro abitato dell'isola. Anche in questo caso si tratta più che di un "centro" di un insieme di case sparse.
Inizia la discesa decisa verso Lipari, preceduta da una sosta all'antica chiesa dell'Annunziata, il cui nucleo originario pare risalire al secolo VI°.




Strade strette e ripide, avare di parcheggi:
la scritta parla chiaro !
Pianoconte (Lipari), m.271









sopra e sotto:
l'antica chiesa dell'Annunziata,
con il pavimento maiolicato e la vista sul mare










Percorriamo un antico viottolo selciato che evita la strada principale, con tutto il fastidioso traffico diretto alla città.
Siamo ormai in vista di Lipari, di cui appare in alto il complesso delle chiese sul promontorio.




Ultimi chilometri in vista di Lipari





Arriviamo in città poco dopo le 10. Esploriamo un po' gli stretti vicoli e la piazza Ugo Sant'Onofrio affacciata sul porto vecchio chiamato Porto delle Genti.
Le chiese qui sono a un passo dal mare; le barche giacciono in secca bianche e luminose.







sopra e sotto:
vicoli di Lipari (ME)










Il porto vecchio di Lipari e la chiesa
di San Bartolomeo





Barche in secca in piazza Sant'Onofrio





Poche centinaia di metri ci separano dal porto nuovo di Marina Lunga da cui partono gli aliscafi; percorriamo il centrale corso Vittorio Emanuele dove presso una bottega acquisteremo dei ricordi alimentari: io una ricca busta di capperi e un'altra di "cucunci" - fiori del cappero che non avevo mai visto.



Il mio souvenir di Lipari




La nostra camminata si conclude sul molo aliscafi; c'è ancora più di un'ora di attesa per l'imbarco. I gabbiani svolazzano avanti e indietro sui frangiflutti. Tra una chiacchiera e l'altra il tempo passa presto e arriva il nostro aliscafo -

28 chilometri e 900 metri di dislivello in totale. I numeri di due giorni di cammino nel paesaggio e nella natura delle Eolie - gratificanti e meravigliosi.
Due giorni che ricorderemo con piacere.

E l'anno prossimo? Salina ci aspetta.





 Fine del trekking.
Lipari, porto aliscafi.








CURIOSITA' E CONSIGLI SUL PERCORSO


Perchè evitare di fare a piedi il tratto Lipari-Canneto?

- si tratta di due chilometri e mezzo parecchio trafficati e con una galleria; quando siamo passati noi col pullman abbiamo constatato che la galleria era per giunta chiusa per lavori, cosa che ci avrebbe costretto a un lungo e inutile detour interno con salite e tornanti;


Dove si prende il pullman che da Lipari porta a Canneto?

- sul molo aliscafi a una decina di metri dalla relativa biglietteria aliscafi si trova il "terminal bus". I biglietti si acquistano dal conducente;


Il sentiero delle cave di caolino è per tutti?

- no, si tratta di un sentiero ripido, invaso dalla vegetazione e frequentemente interrotto da frane lungo il quale occorre fare parecchia attenzione anche perchè la zona è completamente spopolata;







Cos'è il caolino?

- un silicato idrato dell'alluminio; un minerale che viene/veniva usato come "carica" = eccipiente nella fabbricazione della carta o delle ceramiche. Ultimamente troverebbe impiego nella lotta biologica alla mosca dell'ulivo. La cava di Lipari è stata sfruttata sin dalla preistoria;


Cos'è la pomice?

- una roccia effusiva magmatica bianca, leggera e porosa. Impiegata per alleggerire calcestruzzi, isolante termico/acustico, pulizia delle superfici e abrasivo. Le cave di Lipari hanno cessato l'attività nel 2005;


Conviene portarsi acqua lungo il percorso?

- premesso che non farei per niente volentieri un percorso del genere nella stagione calda, il tratto compreso tra Quattropani e Pianoconte risulta selvaggio, spopolato e privo di acqua. Se ne può reperire nei due centri citati chiedendo alla gente del posto. In qualche modo una bottiglia si rimedia sempre ma è meglio partire provvisti (e purtroppo l'acqua pesa);


Si può percorrere il sentiero delle cave di caolino in bici da montagna?

- sebbene io sia più un ciclista che un camminatore lo sconsiglio;


Un ultimo consiglio sul percorso?

- cercare di non affrontare il giro in giorni di vento forte; quello che altrove è semplicemente vento alle Eolie diventa VENTO. Se no non si chiamerebbero Eolie ! L'applicazione Windy è utilissima per questo tipo di previsioni.