giovedì 12 dicembre 2019

Il mio concetto di autosufficienza.




Quando si parla di autosufficienza si va incontro all'incomunicabilità e alle incomprensioni più disparate. Per (tentare) di fare un minimo di chiarezza cercherò di illustrare qual è il MIO concetto di autosufficienza.



POSTULATO DI BASE

L'autosufficienza non può mai
essere totale


esempi:

Non ci si può autocostruire uno strumento complesso come una motosega - e 
neanche la sola catena a maglie della stessa;

Non ci si può fabbricare il carburante che serve per alimentarla;

Non è possibile autofabbricarsi moduli fotovoltaici,
e neanche gli inverter e tutto l'apparato di regolazione
e distribuzione della energia generata dal sole;



Tali esempi potrebbero proseguire all'infinito, sia nel campo della salute:

farmaci, apparecchi per analisi e diagnostica;

sia nel campo del (tutto sommato) meno utile:

macchine fotografiche, router wi-fi, computer


QUESTE COSE NON SI FABBRICANO,
meno che mai quelle ad alto livello di tecnologia




Una volta messo da parte questo nutrito zoccolo duro di cose che non è possibile ottenere da sè, resta:

Tutto quello che si può fare con le proprie mani.

E per il quale occorrono:
- salute fisica (e mentale)
- tempo
- buona volontà
- attitudine al risparmio
- attitudine all'ordine e dispregio del caos


Quindi per me la autosufficienza è una sorta di "stadio di semilavorazione" da cui posso agire.
Ho reperito varie foto degli ultimi sette anni in campagna che forse spiegano ancora meglio questo concetto:





Nel 2013 ho utilizzato un pesante tronco d'ulivo per realizzare
una seduta rustica: la motosega e il carburante per lavorarlo
non li ho fabbricati io; il sedile però è rimasto intatto e ogni volta
che ci poso il sedere sopra penso "che bello, l'ho fatto io"





2013, aprile. Fabbricazione di un pergolato per l'uva e l'ombra.
I profili di ferro non li ho segati io, nè saldati.
Però li ho levigati, trattati e verniciati prima dell'intervento
del professionista, risparmiando parecchie ore di lavoro pagato





2013, luglio. Abbiamo stuccato crepe e imbiancato da noi
l'intera casa. La malta e la pittura non le ho fabbricate io,
ma quanto avremmo pagato per far eseguire il lavoro a un'impresa?








sopra e sotto:
2013 - restauro come meglio posso un tavolino
sgangherato che avevo trovato in casa.
Quanto avrebbe voluto un falegname per fare
il lavoro al posto mio?




Il tavolino finito, su cui ancora oggi scrivo
al computer e metto roba dentro un cassetto
che era tana di ragni




E continuando:



Raccogliamo da noi le nostre nocciole dalla prima all'ultima
evitando di pagare manodopera esterna che tra l'altro
deve essere istruita e assicurata





Raccogliamo e cerchiamo di vendere, se e quando le
vogliono, arance e limoni senza pagare
raccoglitori





Ci procuriamo acqua fresca presso una sorgente vicina
evitando di acquistare bottiglie al supermercato - 
(e in estate il consumo raggiunge livelli incredibili)





Confezioniamo marmellate di ogni genere
evitando di comprarle al supermercato









sopra e sotto:
l'orto produce ogni anno una quantità colossale
di pomodori, verdure eccetera innaffiate
con l'acqua di una nostra sorgente e non con 
l'acqua comunale che pagheremmo a caro prezzo




sopra: pulisco da me medesimo la vasca destinata
ad accogliere l'acqua di irrigazione





sopra: un task fondamentale;
la decespugliatrice e il carburante non li ho fabbricati io,
però decespuglio da me tutto il terreno dal primo all'ultimo metro,
e quando termino la soddisfazione è indescrivibile






Raccogliamo le nostre mele, che sono imperfette.
Ma la raccolta è gratis. Non sono mele trattate, sono più
piccole della media e il mercato di massa le ripudia.
Ma io le mangio e non le compro, questo è ciò che conta.








sopra e sotto:
restauro da me la porta di ingresso della ex stalla;
la ridipingo con una miscela di colori ottenendo
esattamente il risultato che volevo.
Un professionista quanto mi avrebbe chiesto?








La porta finita.
E ogni volta che la apro, mi si apre il cuore (di gioia)





2015. Rimetto a posto un muro di contenimento
mezzo franato e ci passeggio accanto ogni pomeriggio





Mi faccio una spremuta a filiera metri cinque, cioè
da uno degli alberi vicino casa.
Dove sta l'autosufficienza?
Nel fatto di: spremere a mano senza aggeggi a batteria e
(semplicemente) nel non aver comprato il tetrapack di aranciata
proveniente molto probabilmente dalla Spagna




Ma la soddisfazione più grande viene dal settore legna. Negli anni abbiamo rimosso decine di alberi superflui e ottenuto legna dai noccioli, che sono alberi cedui in grado di rinnovarsi continuamente. La motosega è uno strumento di produttività ENORME. Per questo è così ambita dai ladri.

Una volta segata, la legna viene presa a colpi di accetta per essere ulteriormente sezionata.
Chi lo fa? 

Lo faccio io e mi piace pure. Possiedo legna per anni e anni e anni.
Non ho mai chiamato un camion per portarmi da legna da ardere - e questa io la chiamo:
la mia autosufficienza.












Lo scorso mese di novembre avevo interpellato un potatore professionista per dare una regolata ai vecchi alberi di ulivo, dopo aver fatto l'olio.

- sì, verrò, ci vediamo dopodomani...

Non si presenta nè si sente nessuno.
Chiamo due, tre, cinque volte al telefono. 
Silenzio assoluto.

Siccome ne ho piene le balle di tutta sta gente che piange miseria e poi quando si tratta di lavorare manco si presenta, ebbene gli alberi me li sono potati tutti io
Usando la scala, la motosega e la massima prudenza.
Chè per fortuna tra i tanti difetti che ho, quello che mi manca è la facilonerìa.

E mi sono risparmiato altri 90 euro.


Oggi mi sono fatto un risotto con i finocchi selvatici raccolti sul terreno e l'ho cucinato al 100% sulla stufa a legna accesa.
Il frigo lo spengo da fine settembre in poi e campo bene lo stesso.
I pannelli sono più che sufficienti per l'illuminazione a led e per alimentare il computer tutto il tempo che si vuole. 

L'autosufficienza per me è un concetto elastico, privo di fanatismi modaioli.
Coincide con il fai-da-te in un vasto raggio d'azione: alimentazione, potature, ripristini ecc.

Qualsiasi cosa si faccia con le proprie mani è già una forma di autosufficienza.
Poi se c'è addirittura chi si fabbrica i vestiti al telaio o si modella con l'argilla il piatto dove mangia, tanto di cappello. L'autosufficenza non è un concetto assoluto, fatto di uno e di zero. E' come un abito fatto su misura: va bene per me - per te non va bene. Ognuno la declina come può - al gradino zero c'è chi non è capace di prepararsi un piatto di pasta; al massimo livello c'è il cacciatore della taiga siberiana che si fabbrica da sè le trappole e pure la capanna di tronchi.

Io i tronchi li levigo e li rivernicio.




 Buona autosufficienza




14 commenti:

  1. Io la penso cosi.

    Parte prima:
    L'essere umano non è "autosufficiente" perché non vive da solo ma come parte di una comunità. Se pensiamo ad esempio ad un clan familiare, ognuno contribuisce in base alle sue capacità. Che ne so, il babbo spacca la legna, la mamma cuce, il nonno intreccia canestri di giunco, i figli pascolano le capre.

    Parte seconda:
    Le comunità sono "autosufficienti" per definizione, altrimenti si estinguono. Significa che l'aggregato nel suo insieme può sviluppare una "cultura" di tipo neolitico, come capita alle tribù delle foreste remote, che vivono di caccia, pesca e raccolta dei frutti della terra, oppure una cultura di tipo nomade, tipo che ne so, i mongoli a cavallo che dormono nelle tende a seguito delle mandrie, una cultura agricola, che comincia ad avere una maggiore specializzazione perché ci sarà il fabbro che fa gli arnesi, lo scriba che tiene i conti, eccetera e infine una cultura industriale con ancora più specializzazione. Certo, i Mongoli della steppa possono scambiare pellicce o corna con punte di freccia fabbricate da una comunità che include dei minatori e dei fabbri. Però il punto è che se non avessero le punte di freccia di metallo, le farebbero di pietra o di osso.

    Parte terza:
    Un neurochirurgo è perfettamente "autosufficiente", assolve la sua funzione, viene pagato e coi soldi compra qualsiasi cosa gli serva. Il problema del concetto di "autosufficienza" è che si trova da qualche parte in mezzo tra il passatempo e la necessità. Mentre alla persona che vive nella tribù neolitica è necessario sapere fare un tot di cose perché gli sono indispensabili per vivere, il neurochirurgo, che vive in una comunità super-specializzata, deve sapere fare solo il neurochirurgo, quella è l'unica necessità, tutto il resto gli viene fornito. Se il cacciatore neolitico deve sapere costruire le armi, trovare le prede, usare le armi, trattare le carcasse per tirarne fuori il massimo, il neurochirurgo non fabbrica ne gli utensili ne gli strumenti diagnostici, deve solo saperli usare nell'esatto modo previsto dalla procedura che ha appreso, in un contesto dove ogni dettaglio è a cura di qualcun altro, che sia pulire il cesso o mettere un nocciolo di cobalto nella macchina per le radiografie. Il problema secondo me si manifesta quando il neurochirurgo dice "voglio essere autosufficiente, ho deciso di coltivare i pomodori". Mi sembra ovvio che, mancando la concreta necessità di coltivare pomodori, si tratti di un passatempo, un gioco. Legittimo, per carità, magari encomiabile ma sia visto dal punto di vista della comunità che del singolo, coltivare pomodori non sposta nemmeno un infinitesimo rispetto alla "autosufficienza" del chirurgo. Se gli crescono i pomodori dell'orto, bene, altrimenti il neurochirurgo se li fa portare a casa dal fruttivendolo. L'alternativa non è la morte per inedia ma nemmeno un minimo disagio. Può essere al massimo il dispetto del passatempo malriuscito, la delusione.

    Ergo, se io parlassi di me stesso non direi "voglio essere autosufficiente e coltivare pomodori" ma direi "ho deciso di dedicare un po' del mio tempo a coltivare pomodori", cosi come dedico il tempo a passeggiare o cazzeggiare su Internet. Dipendo dai pomodori tanto quanto dal passeggiare o da Internet.

    La cosa mi sembra di una certa rilevanza perché, fermo restando che ognuno si diletta come preferisce, chi dipinge, chi gioca a scopa, chi scala le montagne, la "autosufficienza" assomiglia come idea al volere allontanarsi dal "mondo", cosa che implica da una parte la rinuncia alla cittadinanza, dall'altra è intrinsecamente incoerente se poi, come dicevo del neurochirurgo, se non vengono i pomodori li vai a comprare invece di digiunare. Non si fa un servizio a se stessi e nemmeno alla comunità da cui alla fine si dipende.

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  2. Ho capito - uno compra tutto con uno schiocco di dita invece di "giocare" a fare il muratore, il contadino, l'allevatore ecc. ben consapevole che in teoria non ne avrebbe bisogno.
    Però manca una cosa fondamentale: la gratificazione personale, la soddisfazione.
    L'aver fatto da sè.

    L'IKEA deve la sua fortuna non al fatto che il massello svedese profuma più di quello italiano o è più solido; il segreto è il montaggio, il fai-da-te. Chiaro e senza impazzirci. Che anche a distanza di anni, quando usi quei mobili ti viene da dire: "ti ricordi quando l'abbiamo montato"?

    Cioè in quei mobili ci hai messo "qualcosa" di tuo che si chiama: manualità.
    Per questo quei mobili non sono gli stessi che ti portano già pronti in casa. Sono in qualche modo "più tuoi", più "guadagnati".

    Conosco personalmente chi possiede risorse finanziarie colossali e tuttavia si pota da sè il suo vigneto.
    Nel mio caso questo (o questi) "passatempi" sono abbastanza necessari dato che operando da me non solo spesso e volentieri faccio meglio ma risparmio migliaia e migliaia di euro. Nel corso degli anni mi sono ripagato tutti i mesi di permanenza qui, o quasi.

    Che si dipenda dalla comunità è fuori discussione.
    Essa (la comunità) ritengo riceva un servizio più che sufficiente.
    Basti pensare che:
    - acquisto benzina e olio per miscela presso (l'unico) distributore locale;
    - faccio riparare motoseghe e decespugliatrici presso il fidato riparatore locale;
    - acquisto carne dal macellaio, locale;
    - pago regolarmente il ruolo acqua al Comune;
    - acquisto un sacco di oggetti dai ferramenta del posto;
    - ho pagato i ragazzi dell'impresa (locale) che mi hanno installato i pannelli fotovoltaici;
    - e anche l'idraulico del posto quando nel 2013 c'è stato da realizzare il grosso dell'impianto;
    - producendo olio ho fornito lavoro al frantoio locale;
    - e tante altre cose che manco sto a elencare;

    inoltre: 20mila metri di terreno sono presidiati, curati e sottratti ai rovi.
    Almeno finchè li gestisco io.

    Dipende tutto dai punti di vista.
    :-)

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    1. Vediamo se riesco a spiegarmi.
      Io ho praticato il karate per una decina d'anni. Evidentemente mi gratificava. Però il fatto che non mi servisse concretamente, non fosse necessario, perché di mestiere non accoppo la gente e non rischio che qualcuno mi accoppi, fa in modo che si palesasse la differenza tra una cosa che fai perché ti diverte e una cosa che fai perché è questione di vita o di morte. Il karate contemporaneo assomiglia un po' agli sport olimpici, che hanno seguito lo stesso percorso, quindi diventa un po' un balletto, una esibizione coreografica, dove si, c'è la componente atletica ma, mancando il fine originario, viene a mancare tutta la parte che mirava a dare al gesto un senso, una efficacia, una concretezza.

      Ecco, il chirurgo che si dedica alla coltivazione dei pomodori sarà senz'altro gratificato. Ma tra lui e un contadino che coi pomodori sfama se stesso e la famiglia c'è una ovvia differenza nello scopo e quindi nei modi.

      Ad un livello generale, la "autosufficienza" intesa come "faccio delle cose con le mani invece di affidarmi ad altri perché mi gratifica", non ha niente di sbagliato. Solo, non è "autosufficienza" autentica ma è un divertimento, uno spasso. Perché manca l'imperativo della necessità.

      Se fossimo tutti separati da oceani sulla nostra isola deserta personale non ci sarebbe problema ma siccome ci tocca vivere come sardine, vedi attualità e solita autoironia involontaria, proprio la valutazione della necessità è fondamentale per poi decidere cosa fare e cosa non fare come "comunità". Mettiamola in altre parole, conta di più la "autosufficienza" della comunità che la nostra come individui e quindi, tolta la parte sulla gratificazione, il nostro pensare ed agire dovrebbe essere "politico", non "idiotico" nel senso etimologico della parola, cioè "occuparsi solo del proprio privato".

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    2. L'autosufficienza politica ha come prerequisito, come sustrato, quella "idiotica".
      Il problema italiano, quella del Meridione, con ampie zone con enormi problemi, e' proprio dovuta ad una cultura che non coltiva ne' l'idea di una buona e salutare "autonomia" personale sostituita da un piagnisteo passivo che invoca l'assistenza (e il fottimento) dal/del prossimo.
      Insomma, il meridionale, intervistato, durante una bufera di neve, "chiuso" in casa, che afferma giulivo di "attendere l'intervento del Comune di San Pancrazio o della CEE" per lo sgombero della poi e' un "idiota" che fa parte di comunita' di persone cosi', comunita' con quantita' pazzesche di problemi.
      Non puoi fare comunita' di valore, con degno civismo, se coloro che le formano sono persone incapaci, non autonome, inette, etc. .

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    3. Ti sbagli su entrambe le cose.
      Sul primo punto, l'esercizio della cittadinanza non dipende dalla "autosufficienza", dipende casomai dalla "autonomia", sono due concetti diversi. Cosa tanto più vera se, lo ripeto, qui parliamo di "autosufficienza" che non viene dalla necessità ma dal diletto, dalla gratificazione. Tanto la falange oplitica che i manipoli romani per funzionare richiedevano la coesione che si sviluppa tra persone che condividono la loro quotidianità. Viceversa, l'idea di "autosufficienza" è tipica del guerriero tribale che affronta un altro guerriero tribale in un duello. Può essere valoroso quanto vogliamo, il guerriero tribale ma non può costruire una strada o un ponte. Quindi, da che mondo è mondo, gli "autosufficienti" sono messi sotto da quelli che sono educati per cooperare.

      Sul secondo punto, il problema del Meridione di oggi è lo stesso del Meridione all'atto della unificazione. Un popolo di servi trogloditi su cui signoreggia una esigua aristocrazia. E' mancato quel pezzo di storia che, ancora, nel Nord ha sviluppato le "autonomie". Non a caso il "Risorgimento" al Nord è stata una guerra di indipendenza dallo straniero, quindi il recupero della "autonomia", al Sud invece è stato l'inverso, una occupazione straniera che ha incontrato poca o nulla resistenza perché è andata a sostituire una servitù con un'altra. Gli unici che ci hanno rimesso qualcosa con la Unificazione sono stati gli aristocratici, i quali però hanno fatto abbastanza in fretta a riciclarsi come "notabili" per la Monarchia, il Fascio e poi la Repubblica. Il meridionale non sconta la "sfortuna dell'incompreso" o del "perseguitato", come vuole certa letteratura decadente, ne la poca voglia di fare del proverbio. Sconta il fatto di essere dis-educato, non solo in termini di competenze a anche nei termini sopra descritti della "autonomia". Perché, può essere solo servo o signore, niente in mezzo. Se capita un qualsiasi evento, il servo non prende nessuna iniziativa, resta in attesa di ordini. L'aristocratico non ha alcun interesse ad affrontare l'evento che non lo riguarda e probabilmente non ha nemmeno idea di cosa fare. Quindi va tutto a rotoli.

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  3. I punti di vista sono fondamentali, la libertà di esprimerli lo è altrettanto. Credo tu abbia avuto la forza e l'intelligenza di cogliere al volo l'opportunità di autosufficienza che t si era presentata. E questo conta.

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    1. I punti di vista sono un fatto fisico. Quello che bisogna fare non è "rispettarli" nel senso della vulgata, cioè lasciarli per conto loro ma esaminarli per integrarli in una teoria generale che renda conto dei diversi casi locali.

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    2. Reintegrarli in una teoria generale? Cioè?

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    3. Il nocciolo della teoria della relatività è che un osservatore che si trova dentro un sistema di riferimento e osserva un fenomeno fisico, lo descriverà in maniera diversa e potenzialmente contraddittoria rispetto ad un altro osservatore che si trova dentro un altro sistema di riferimento.

      Ora, fino a che tu non sai che esiste un altro sistema di riferimento oltre il tuo, puoi assumere che le tue osservazioni siano valide e di fatto lo sono. Voglio dire, per un uomo della antichità era perfettamente corretto assumere che la Terra fosse immobile e che tutti gli astri gli girassero attorno.

      Se qualcuno ti dice "no, guarda che se è vero che gli astri si muovono, anche la Terra si muove" tu puoi dire "ti sbagli" e ancora questo è perfettamente corretto fintanto che non hai nozione di un altro sistema di riferimento, cioè non ti sposti, fisicamente o metaforicamente, da dove sei piantato. Però, appena ti accorgi che effettivamente esistono altri sistemi di riferimento, sei costretto a considerare POTENZIALMENTE false le tue osservazioni e POTENZIALMENTE corrette quelle altrui.

      Segue una fase di confronto, detta anche "dialogo", in cui si soppesano le diverse osservazioni.
      Chiaro, tu puoi comunque avere una tesi valida e l'altro osservatore semplicemente si sbaglia. Oppure il contrario. Ma esiste l'ipotesi, abbastanza frequente nella Storia, che entrambi abbiate una tesi valida.

      Come è possibile che due osservazioni diverse o contraddittorie siano entrambe valide?
      L'unica possibilità è che siano CASI PARTICOLARI, cioè relativi ad ogni singolo sistema di riferimento, di una "legge" più generale che LE INCLUDE ENTRAMBE.

      Se si riesce a trovare le "legge generale" non solo si possono accordare "punti di vista" diversi o contraddittori ma si possono PREVEDERE tutti i punti di vista, una volta note le condizioni al contorno del singolo sistema di riferimento, risolvendo la "legge generale" con le dovute incognite.

      Ergo, non tutti i "punti di vista" sono corretti. Prima cosa, bisogna vedere se sono corretti nel loro sistema di riferimento. Se sono corretti e si contraddicono, significa che vengono da sistemi di riferimento diversi, sono casi particolari e diventano secondari rispetto alla "legge generale" da cui DEVONO essere derivati.

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    4. Sospiro...
      Che l'anonimo fosse Terminator alias Vivaldi ne ero certo. Comunque qui siamo tutti anonimi( lupi Connor, Enzo etc etc). Ognuno sa il suo, mi rispondi come anonimo e poi come terminator, perchè? Mah.
      Nel mio sistema di riferimento sottoscrivo con convinzione ciò che ho scritto nel primo commento e mi fermo lì: conosco bene le dinamiche dei blog, non mi piacciono e non ci gioco più. Leggo questo spazio perchè mi dà aria e apprezzo in modo totale le fotografie in alcuni casi belle da commuovere. Il resto, tutto il resto sono fatti personali di chi scrive, posso concordare o meno ma finisce lì senza tirare in ballo assiomi e teorie scientifiche superiori.
      Non inserirò più commenti sotto questo post. Ciao

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    5. La risposta alla domanda la fornisco perché è di pubblica utilità.
      Google NON consente di pubblicare commenti anonimi. Quando sopra c'è scritto "anonimo" non significa che è anonimo davvero ma che non c'è scritto un nome/alias di un utente Google. Sono due concetti differenti, dato che in ogni caso Google sa benissimo chi sei e, tramite Google, lo sa chiunque altro abbia il potere di farsi dare (o eventualmente comprare) il log. Il gestore del blog non ha il log ma Google si, oltre tutta la panoplia che Google adopera per la sorveglianza della popolazione generale, su cui non mi diffondo.

      Viceversa, per pubblicare commenti veramente anonimi bisogna aggirare certi magheggi di Google con certe rune elfiche e questa procedura è fastidiosa, per cui a volte non ho voglia di fare tutta la trafila e accorcio non mettendo niente, da cui invece di "Pippo", salta fuori "Anonimo". Che è solo una etichetta, nel mio caso dietro non c'è niente di quello che c'è negli altri casi, cioè Google NON sa chi sono. Forse lo potrebbe sapere la CIA, se questo blog fosse segretamente gestito da loro.

      Lupo Libero usa questo blog come diario personale quindi l'anonimato non gli serve, oltre il minimo di non mettere nome e cognome.
      Questo però lo vincola a trattare solo determinati argomenti e comunque lo espone al malato di mente di passaggio, che magari si convince che Lupo Libero lo stia spiando o che sia un emissario del pianeta Nibiru. Internet di oggi non è quella delle origini e quindi io raccomando a tutti di dotarsi delle opportune rune elfiche, poi fate come preferite.

      Circa il resto, rimane quanto detto, che le "opinioni" possono essere giuste o sbagliate e che quando sono giuste ma si contraddicono, devono essere ricondotte ad una teoria generale che le includa come caso particolare. Oppure, si può vivere come bruti pensando di essere dei filosofi del tutto che coincide col nulla.

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  4. Con tutti i miei limiti cerco di arrangiarmi il più possibile e direi che spesso ne sono soddisfatto,proprio l'altro ieri ne parlavo con mia moglie che con i soldi risparmiati con la manutenzione della vecchia stufa a pellet ce ne siamo quasi comprata una nuova.

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    1. Fai benissimo. Puoi provare a reperire altri angolini di fai-da-te in cui agire. E scoprire che sei meno "limitato" di quanto pensavi.
      Prima di vivere in campagna facevo un lavoro alienante e altamente specializzato - e sapevo fare solo quello.
      In tutti questi anni ho imparato a fare una sacco di cose e francamente mi piace. Ha dato "sale" all'avventura della mia vita.

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  5. Mani d'oro, mente di platino!
    :)
    Io ho mio cugino, in montagna, che e' come te, si fa da sé ogni cosa, dall'impianto idraulico alla legna, dal campo fotovoltaico sul tetto al capanno degli attrezzi, dalla sostituzione del carburatore della vecchia moto alla semina dell'orto.
    Persone di pregio!

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