venerdì 27 dicembre 2013

Regali di fine anno

Me ne sono fatti tanti di regali nel 2013. L'ultimo me lo sono fatto oggi. Un materasso nuovo, antiallergico e comodo, rigido come lo volevo. E un cuscino anch'esso antiallergico. Questi acquisti sono stati resi necessari da un altro bel regalo che ho ricevuto quest'anno: l'asma da acari della polvere. Io ero minimamente allergico alla polvere da più di vent'anni, ma lo scorso inverno ho commesso il grave errore di dormire diverse volte in un'abitazione (non la mia) nella quale i tappeti non vedono MAI l'aspirapolvere. E mi sono sensibilizzato fino a sviluppare l'asma.
Adesso mi tocca beccarmi quattro anni di vaccino che spero funzioni, più assumere farmaci.

Pazienza.

Negli ultimi giorni mi sono preso una vacanza. Non che ne avessi necessità, perchè se così fosse il mio progetto non avrebbe senso. La vacanza se l'è presa di prepotenza la mia gamba sinistra, che ha beccato in pieno e con violenza una pietra scagliata dal coltello della decespugliatrice. Una botta micidiale che per miracolo non ha scheggiato l'osso. Claudicante da giorni, sto riprendendo a deambulare bene solo adesso. Un'occasione per fermarsi, per riflettere, per leggere davanti alla stufa a legna accesa dalle 9 del mattino.

E oltre che riflettere, faccio un riassunto. Un riassunto degli eventi di quest'anno. Delle vittorie, che sono dovute a me e alle persone valide che ci hanno aiutato. E delle sconfitte e dei problemi, spesso dovuti alla leggerezza degli altri, alla loro inaffidabilità o indolenza.

Rifletto anche sulla comunicazione. Quella che dovrebbe esserci tra amici o tra parenti. Comunicazione che dovrebbe essere verbale, non mutuata da mezzi che offrono splendide scuse per abbreviarla tipo Facebook o sms. Mi piacerebbe che si parlasse di più anche dei problemi piccoli e grandi, non soltanto dei successi e di cose futili. Mi piacerebbe che gente molto vicina la smettesse di isolarsi in una cripta con la scritta "gli sfigati siamo solo noi" e alzasse almeno una volta l'anno il telefono per chiedermi "che minchia stai facendo?".

Mi dicono che mi isolo, che faccio l'eremita. Forse in parte è vero. Ma sono capace di ascoltare, di capire. Una persona mi ha detto "io forse di problemi ne ho più di te, ma non ne parlo, parlo solo di belle cose". Certo, è bello parlare di belle cose. Ma gli anni Ottanta sono finiti da un pezzo, amico mio. Per questo ho iniziato questo post parlando di due problemi che ho avuto.

Perchè la vita è anche questo, non solo begli arcobaleni e macchine fotografiche e schermi digitali da 1500 euro che acquistiamo come un pacchetto di patatine.
Perchè a furia di parlare sempre e solo di belle cose, quando si tratta di parlare di cose serie ci ritroviamo soli.
Anche se su Facebook vantiamo centoquaranta "amici".

mercoledì 27 novembre 2013

Sinfonia d'autunno


Voglio chiudere novembre con un tuffo nell'autunno. In bici sul crinale dei Nebrodi, in mezzo ai gialli, i rossi e gli arancioni della secolare faggeta di Mangalaviti.

Raggiungo di primo mattino l'abitato di Longi, mi dirigo verso le sue frazioni montane e lascio l'auto alle Case Mangalaviti, una vecchia masseria d'alta quota totalmente restaurata. Il clima è inclemente - vento gelido e cielo scuro che non promette nulla di buono. Non sembra una giornata da bici ma non voglio tornare: la benzina costa e ormai sono qui. In fondo se sono arrivato in bici in Norvegia non saranno questi trenta chilometri a farmi desistere.
Inizio a pedalare in lieve salita, e subito il paesaggio si fa spettacolare; sembra di essere in un puzzle della Ravensburger, cioè in un paesaggio bavarese.

alla partenza - Case Mangalaviti
la mia strada
autunno nella faggeta
i faggi di Mangalaviti
Avanzo ancora, e il freddo si fa sentire. Raggiungo il valico di Portella Scafi e lì incrocio la Dorsale dei Nebrodi. Le raffiche di vento sono micidiali, ancora più forti. Vento gelido che fa viaggiare veloci le nuvole, e rompe rami dagli alberi. Riesco a resistere solo grazie agli indumenti tecnici.
faccio rotta a ovest sulla Dorsale; voglio raggiungere il Lago Biviere, a 1400 m. d'altezza.


La strada scende di quota sempre in mezzo al bosco; a tratti ci sono enormi pozzanghere di acqua e fango in cui rischio di cadere a causa delle raffiche di vento. Alla fine mi appare il lago, incorniciato dai boschi della faggeta di Monte Soro e abbellito da un arcobaleno che scompare subito dopo che ho smesso di fotografare.
faggete nei pressi del lago
il lago Biviere di cesarò, a 1400 metri di quota
la mia foto "dell'anno"
Mi rifugio dal vento fortissimo dietro una collina, dove mangio svogliatamente e rapidamente qualcosa che a causa del freddo digerirò con difficoltà. Inizia a piovere, una pioggia gelida e violenta.
Faccio ritorno ripercorrendo la stessa strada dell'andata. Il bosco è più riparato, e ne approfitto per le ultime foto.

torrentelli di montagna
quasi all'arrivo
Concludo questa gita alle tredici. Alle Case Mangalaviti, prima di rientrare in auto, scambio due parole con un pastore, occasione per riflettere su quanto sia dura la loro vita. Per questo i formaggi costano tanto - c'è un sacco di lavoro dietro, sacrifici e un'esistenza faticosa, non sempre bucolica. Ci stringiamo la mano sotto una pioggia sferzante, poi lui si incammina con il gregge verso valle, io scatto un'ultima foto ricordo.
A breve arriverà la neve qui, e i faggi si spoglieranno. Ma oggi un po' di autunno sono riuscito a portarmelo a casa.

ore tredici, conclusione. Alle Case Mangalaviti.

domenica 17 novembre 2013

Mica tanto piatti, questi Nebrodi !

Desideravo raggiungere le Rocche del Crasto (=del pecorone castrato) da almeno vent'anni. L'enorme massiccio calcareo risalente al Mesozoico (250 milioni di anni fa) incombe a oriente su Longi, a occidente su Alcara Li Fusi e la vallata del torrente Rosmarino. Queste montagne tozze, ripide e bianche mi avevano sempre affascinato. Le ho raggiunte partendo da Longi, forse l'avvicinamento più bello dato che si percorre almeno per un tratto una vecchia mulattiera.

Il percorso inizia dalla piccola frazione Filipelli, dove lascio l'auto. Raggiungo il piano sommitale in un'ora e mezza e inizia lo spettacolo.
l'abitato di Longi all'alba
inizio a camminare - frazione Filipelli
verso l'altopiano sommitale

stazzo (recinto) per asini

L'altopiano sommitale è straordinario. Mi fermo a pranzare su una delle rocche più belle e panoramiche. Il silenzio è rotto solo dalle campane delle mandrie in lontananza. Dal terreno emergono dicchi, speroni, dolmen, forme falliche di antico calcare.
Calano basse nuvole che indugiano tra le montagne rendendo l'atmosfera surreale.
La macchina fotografica inizia a scaldarsi, e io con lei.




Intorno alle 15 abbandono a malincuore questo posto bellissimo. Era dal tempo delle mie escursioni in Valsesia che non mi sentivo così felice. Ridiscendo a Longi ascoltando il Requiem di Gabriel Faurè, una delle vette più alte della musica classica a mio parere, non prima di aver immortalato ancora una parete rocciosa liscia e verticale che incombe sul sentiero di ritorno. E poi un cavallo che mi saluta amichevolmente con un peto sonoro e prolungato. Ma questo non posso farvelo sentire.




Rammento che le immagini sono coperte dal Diritto d'autore

L'Alta Via dei monti Nebrodi


I Nebrodi te li devi conquistare: non tanto per la fatica quanto per l'orientamento. La segnaletica in questa parte del Parco è nebulosa, insufficiente, assente. L'importantissimo bivio di Portella Mitta, da cui iniziano la dorsale dei Nebrodi e il sentiero Italia, non è affatto segnalato. Capita spesso di finire su strade sbagliate, come è successo a me nel corso di questa gita - in compagnia di Littoria, questa volta.

Ho dedicato questa giornata fotografica a seguire l'alta via dei Nebrodi da Floresta al lago Cartolari, muovendomi in media a 1300-1400 metri di quota. I panorami, i paesaggi sono stati straordinari - complici i colori autunnali e l'atmosfera a volte nebbiosa e offuscata, di sapore scozzese.

Lasciata l'auto a Floresta ho iniziato a pedalare e ho raggiunto P.lla Mitta, dove l'inizio del percorso è chiaramente indicato:
catafalco a tre posti destinato in epoca passata a ospitare cartelli indicatori
altro mirabile esempio pochi chilometri dopo, di indicazioni per l'escursionista
all'inizio del percorso - alba sulle montagne
Dopo qualche chilometro, a causa dell'ennesimo segnale mancante, sbaglio clamorosamente strada. Scendo per una serie di tornanti tipo Stelvio, perdendo parecchia preziosa quota. Quasi in fondo all'imbuto mi accorgo di avere sbagliato; impiego oltre tre quarti d'ora a risalire, sudando, maledicendo e recitando giaculatorie.
Incontro un vaccaro su un fuoristrada che mi conferma che la strada che dovevo seguire era un'altra, quella a sinistra, semioccultata da un boschetto di pioppi e dissestata.
L'uomo mi snocciola la solita lagna sicula: "lo Stato ci ha abbandonati, le strade non le ripara nessuno" - già, penso io: però i generosi contributi UE per il bestiame ve li siete presi; e il grosso fuoristrada su cui siedi te lo ha comprato la Regione...lasciamo perdere.
Procedo in salita verso Portella Dagara, poi dopo chilometri di sterrato e altri bivi non segnalati incontro il primo cartello del sentiero Italia, che mi sembra un'apparizione mistica; lo tocco per accertarmi che sia reale.
i resti del cartello in prossimità del quale ho sbagliato strada

finalmente si degnano di indicare qualcosa
Dopo un altro bivio reso incerto dalla mancanza di segnali, scendo di quota fino al Lago Cartolari, dove esistono un rifugio (chiuso) e un'area attrezzata. Mi fermo a mangiare e ad ascoltare musica, beandomi dell'atmosfera autunnale del posto. Incontro solo dei cacciatori che provengono a piedi dalla zona A, quella di massima protezione. Sembrano scocciati di avermi visto - forse cacciavano in zona dove è proibito. Già, forse.
il lago Cartolari nella sua livrea autunnale
colori d'autunno nei pressi del lago
pranzo frugale
ora di ripartire
questa, insieme alle altre, la manderò a chi gestisce la segnaletica del Parco
Nel primo pomeriggio le nuvole si fanno basse, la visibilità diminuisce drasticamente. La luce però c'è ancora, e mi regala fotografie dalle atmosfere rarefatte.




procedo nella nebbia

vallate sconfinate ancora da colonizzare
Nell'ultimo tratto inizia a piovere. Non penso più alla fatica, la pioggia gelida mi mette le ali ai piedi. Rientro a Floresta concludendo una giornata avventurosa, comunque bellissima. Un altra monetina nel salvadanaio dei bei ricordi. Il mio è quasi pieno.
E il vostro ?
soluzione all'indovinello: "città della PROVOLA"

Rammento che tutte le immagini sono coperte da Diritto d'autore.

lunedì 11 novembre 2013

Alle cascate del Catafurco

Ne ho abbastanza di ascoltare la radio. Sempre Berlusconi -IMU-immigrati. Poi immigrati- IMU - Berlusconi: non esiste altro di cui parlare in Italia. La lascio spenta e parto di prima mattina, ancora col buio, verso la montagna. Voglio vagare, camminare - non sentire scemenze - non sentire nessuno.

Da anni desideravo visitare le cascate del Catafurco presso Galati Mamertino, nel parco dei Nebrodi. Impiego poco tempo per raggiungere la frazione San Basilio, da cui inizia il percorso di soli quattro chilometri, e inizio a camminare in mezzo a pascoli e campagne ancora addormentate.

all'inizio del percorso
A metà cammino trovo i resti di un villaggio agricolo-pastorale. Molisa, si chiama. Poi una sorgente con abbeveratoio. Non incontro nessuno. Il cielo è di un azzurro intensissimo. Dal fondo della gola sento rumoreggiare il torrente.
capanna di pastori presso il borgo abbandonato di Molisa
in cammino verso le cascate
il piccolo canyon formato dal fiume San Basilio
La segnaletica è ottima, di legno, ben fatta e in stile nord Italia, ossia con l'indicazione delle distanze, cosa rara qui. Manca poco infatti, poche centinaia di metri lungo un sentiero scavato nella roccia. Poi la gola si stringe sempre più, diventa un antro semibuio, quasi un luogo primordiale. Il fragore dell'acqua è assordante; sono al cospetto della cascata, improvvisamente. Mi scopro a urlare come un folle. L'ultima volta che avevo urlato così è stato quando ho raggiunto il cartello "Benvenuti in Lapponia". Siamo qui io, la Natura, e la mia macchina fotografica. Di giovedì mattina, libero. Cosa voglio di più?

al cospetto della natura

Parco dei Nebrodi: cascate del Catafurco
In un anfratto della roccia hanno disposto una statua della Madonna. Ci sono state polemiche in passato se fosse o meno il caso di collocare immagini sacre in posti di natura. A me non interessa polemizzare. Documento e basta.


Sulla via di ritorno incontro un sessantenne. Mi snocciola l'eterna storia che ho sentito dappertutto milioni di volte: le campagne sono state abbandonate. I giovani se ne fregano della terra. I senza lavoro preferiscono patire la fame piuttosto che allevare mucche e galline come facevano i loro nonni...

Io la mia parte la sto facendo. Due ettari e mezzo salvati dall'incuria e dai rovi. Gli altri facciano quello che vogliono. Cancello ogni pensiero negativo, ogni rimuginazione.

Per oggi non voglio pensare. Ascolto a tutto volume gli Eagles sulla via di ritorno. Canto addosso alle loro romantiche ballate country. Riannodo il cammino fatto oggi. Lentemente e felicemente faccio ritorno a casa.