'Piantiamo alla svelta la tenda all’interno della piccola stalla, mentre
fuori il vento diventa sempre più violento. Cuciniamo, mangiamo e ci
mettiamo sull’uscio a guardare la campagna illuminata dalla luna e a
bere del vino rosso che ci concilia subito il sonno. Di tutti i posti in
cui abbiamo dormito durante questo viaggio, questo ricovero di fortuna
è probabilmente quello che ci ha dato il maggiore senso di intimità e,
forse complice anche il vino, un senso di armonia con il resto del
creato.'
Di resoconti di viaggio ne ho letti tanti, veramente tanti. E la maggior parte mi avvilisce. Insipidi, freddi, distaccati dal paesaggio umano e geografico. Mera elencazione di salite discese e viadotti e alberghi in cui terminano faticose ma secondo me inutili giornate sui pedali.
Poco sale, niente avventura, tanto impegno per nulla, tante parole spese per non insegnare, trasmettere, nulla. Peccato.
Poco sale, niente avventura, tanto impegno per nulla, tante parole spese per non insegnare, trasmettere, nulla. Peccato.
Ho reperito invece sul web un racconto leggero e magnifico, dalle note armoniose di avventura e di gioia che traspaiono ad ogni riga. In cui trovate la giusta dose di humour e di critica - in cui ricerca di comodità e accampamento avventuroso sono ben bilanciati, nella cornice insolita di una Sicilia invernale, bellissima.
L'ho letto forse quattro volte, questo diario - e credetemi, per smuovere il mio interesse fino a questo punto ce ne vuole...
Forse perchè racconta un viaggio in bici come lo intendo io, o forse anche perchè i protagonisti ci mettono la faccia -
A loro mi sento vicino e faccio i mie più sinceri complimenti;
questo, Signori, è veramente viaggiare:
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