“What about
the weather forecast for tomorrow, Armin ?”
-
“Well,
the weather… tomorrow… a bit sunny, a bit cloudy… exactly as our life, sir”.
J. Armin, receptionist dell’Ostello della Gioventù
Brigittenau di Vienna.
10 aprile 2016, ore 9 del mattino. Dopo la tradizionale
notte insonne, inizio il tour da Pergine Valsugana, in Trentino, dove ho
lasciato l’auto presso casa di amici. Grazie alla mappa che avevo stampato,
reperisco facilmente la ciclabile che dalla città si dirige verso il lago
Caldonazzo, e pedalo per qualche chilometro in compagnia di un altro ciclista.
Procediamo affiancati su questa stradina secondaria deserta – è domenica
mattina, quando da dietro giunge un’auto che inizia a strombettare. L’idiota
pretende che mi sposti subito a lato della carreggiata, come se avessi un
motore – vai a fargli capire che con una bici carica di bagagli le manovre sono
come quelle nautiche - lente e ponderate. Finalmente sorpassa sgommando e si
allontana: ecco, bravo, vai a bere il caffè e a giocare la schedina, imbecille…
Pochi chilometri dopo, ne arriva un altro. Mi trovo in un
piccolo centro abitato, in una rotonda per l’esattezza. Siccome procedo
lentamente cercando di ritrovare la ciclabile le cui indicazioni erano sparite,
l’impaziente autista che ho dietro bofonchia dal finestrino “bicicletta di
merda”. Comincio ad averne abbastanza e gli urlo: “hai fretta di andare al
cesso ? Ecco, bravo, vai a cagare!”.
Diavolo, se questo è il Trentino tutto sport e bici,
cominciamo bene. Il terzo, se arriva, si becca quattro pedate. Ma non arriva.
In breve giungo al lago di Caldonazzo, dove inizia la pista ciclabile del
Brenta, in larga parte interdetta alle auto, che sollievo ! Mi
fermo in località Tezze presso un Bicigrill,
un bar dedicato ai ciclisti – è bello trovarmi in mezzo a gente della mia
stessa specie. Alle 15 attacco una salita che passa accanto a un forte della
prima guerra mondiale, poi termino la prima giornata di viaggio accampandomi
sulle rive di un fiume nei pressi di Fonzaso, a dieci chilometri da Feltre.
Oltrepassata Feltre di buon mattino, guadagno la sponda
orientale del Piave per evitare la pericolosa Statale 50. Percorro un
interminabile stradone sino a Belluno e parecchio oltre. In località Mel
scambio due parole con un simpaticissimo salumiere. Qui nel Veneto ho notato
che la gente è molto cordiale e sorridente, predisposta alle battute di spirito.
Nel pomeriggio continuo a risalire il corso del Piave. Il tratto solitario tra
Soverzene e Dogna è spettacolare, sembra di essere nel Montana. Poi ancora
emozioni: la diga del Vajont e Longarone. Il Piave da qui in poi scorre in una valle
angusta, un autentico canyon. Davestra è un minuscolo borgo di montagna
dalle case di pietra dove mi accampo presso un terreno privato col dovuto
permesso della proprietaria. Le cime delle Dolomiti si illuminano d’oro al
freddo tramonto che segue.
A Davestra, minuscolo borgo di montagna sul Piave, una cena al freddo. |
Lascio il piccolo borgo di montagna ancora immerso nell’ombra.
Da Pieve di Cadore in poi viaggerò sulla ciclabile delle Dolomiti che conduce a
Cortina, ricavata da ex ferrovia. Gallerie, ponti, boschi, scenari mozzafiato
mi accompagnano sino alla capitale dello sci. Snobbando alberghi, pensioni e
campeggi mi allontano di qualche chilometro e piazzo la tenda sul retro di una
stazione ferroviaria abbandonata in località Fiammes. Nella notte la
temperatura scenderà quasi a zero.
Lungo la ciclabile delle Dolomiti, tra viadotti e gallerie, punto verso Cortina d'Ampezzo. |
L'ex stazione ferroviaria di Fiammes, dietro la quale mi accampo. |
Sopra: "stanotte ha fatto un po' freddino...";
sotto: il pastone del risveglio, a base di latte, caffè e cereali.
L’alba è gelida ma affascinante. Siamo solo io e le montagne
– il gruppo delle Tofane, di oltre tremila metri, si illumina alla prima luce
del giorno, ipnotizzandomi. Con pazienza e determinazione affronto il Passo di
Cimabanche, m.1529, sempre tra scenari spettacolari. Quindi volo verso Dobbiaco
e Prato alla Drava, ultimo villaggio in territorio italiano. Inizia la lunga
ciclabile del fiume Drava e con essa l’Austria, dove passo la terza notte in
tenda accanto a una casa di legno per bambini costruita su un albero, in un
bosco d’abeti.
Alle 8 del mattino tra le Dolomiti d'Ampezzo, alba gelida ma spettacolare. |
In tenda vicino a questa casa di legno. E' la prima notte in Austria. |
Riparto lungo la Drava in direzione di Lienz. E’ qui che incontro
Patrick, 25enne cicloviaggiatore francese che procede alla volta di Istanbul.
Ci fermiamo a mangiare in una splendida area di sosta con tavoli in legno nei
pressi di un torrente. Parliamo a lungo dei rispettivi viaggi e di altre note
tecniche – è stato davvero un bell’incontro. Di nuovo da solo, navigo felice
tra le campagne della Carinzia sino a Sachsensburg, villaggio che nel medioevo
costituì importante luogo di mercato, in una piccola pensione.
La sesta tappa, di 104 chilometri, è impreziosita da un gran
regalo: vento a favore. Visito la bella città di Spittal, poi volo tra boschi
profumati e piste sterrate sino a Maria Elend, dove mi accampo lungo il fiume.
Il giorno successivo, ancora vento a favore – la pista destinata ai ciclisti è
un interminabile tunnel nel verde, i chilometri scorrono veloci. Nel piccolo borgo
di Lach mi fermo a mangiare presso una chiesa dal tetto di legno, isolata sulla
sommità di una collina. Verde, aria tiepida e gran pace. Mi metto a piedi nudi
e mi stendo sull’erba, ascolto musica, osservo le nuvole che galleggiano in un
cielo blu cobalto pensando che domani raggiungerò la Slovenia.
Io e Patrick in "pausa pranzo", tra gli abeti del Tirolo austriaco. |
Al chilometro 565 oltrepasso la frontiera. La pista diventa
movimentata, continue salite e discese da brivido in mezzo alle foreste. Sosta
per pranzo a Podvelka, poi le ultime salite sin quasi a Maribor. Qui le
indicazioni si fanno meno chiare – la ciclabile inizia a divagare, sembra non
voler mai raggiungere la città. Chiedo a un ciclista in mountain bike: “Ti
accompagno io” – e partiamo. Attraversiamo chilometri di sobborghi, edifici
dell’era socialista, poi gli chiedo: “Ma conosci per caso dove si trova
l’ostello ?” – “no, non lo so”. Si affianca un altro tipo in bici – giacca
nera, faccia da slavo, naso a punta e occhi grigi. Comincio a inquietarmi: ma
dove mi stanno portando questi due ? – Invece eccolo, l’ostello: il mio
Cicerone sapeva benissimo dov’era e voleva solo farmi una sorpresa; l’altro era
un suo amico di vecchia data, riparatore di computer. Finiamo per trascorrere
tre quarti d’ora a socializzare – infine per ringraziarli gli offro le mie
nocciole, che apprezzano tantissimo. Davanti all’ostello, giovani di un vicino centro
sociale hanno organizzato un mercatino all’aperto; i tamburelli per fortuna
smettono alle 21, consentendomi di prendere sonno.
Slovenia - attraverso la Drava su un ponte da brivido. |
Maribor è davvero pittoresca. Nel centro storico, di fronte
alla Drava, si trova la pianta di vite più antica del mondo, circa 500 anni. Mi
regalo una giornata di riposo e una cena con birra slovena, piacevolmente
amarognola. La luce fioca dei pochi lampioni al calare della sera accresce il
fascino di questa città sede di università.
La nona tappa è in gran parte noiosa, almeno al mattino.
D’altronde viaggiare in bici non significa necessariamente trovarsi sempre
immersi in paesaggi da National Geographic ! Seguono colline e vigneti, quindi
foreste. Ma non ci penso minimamente ad accamparmi qui: la Slovenia detiene il
record europeo per il numero di orsi… Mi accampo invece sulle rive del fiume
Mura, pochi chilometri dopo Ljutomer, ben occultato in mezzo alla vegetazione
rigogliosa.
Al chilometro 772 entro in Ungheria. Break presso bar in
disuso per consultare la cartina, poi avanzo in un territorio squisitamente
agricolo, fatto di campi a seminativo sui quali incombono bianche nuvole. Voglio
percorrere apposta strade secondarie per conoscere un po’ più a fondo questa
nazione: l’Ungheria per molti è solo Budapest. Mi fermo a Söjtör, nei pressi di
una fattoria-modello. La donna che mi dà il permesso di piantare la tenda
dimentica però di avvisarmi che i suoi cinque cani liberi avrebbero forse
voluto conoscermi… cosa che infatti avviene il mattino dopo. Ma non erano per
niente aggressivi, solo curiosi.
Strade tranquille percorse da automobilisti rispettosi e
prudenti mi portano sino a Keszthely, città gioiello sul lago Balaton. Il parco
pubblico è un autentico paradiso dove bella gente passeggia e lecca gelati,
godendosi il sole. Solo un rumeno si aggira furtivo con una biciclettina
sgangherata chiedendo soldi ai passanti. Nel pomeriggio continuo a pedalare lungo
la sponda nord del grande lago, che gli ungheresi letteralmente adorano. Piazzo
la tenda in un vigneto e scrivo il diario di viaggio alla luce della Luna.
Eccomi in Ungheria ! |
Tappa 12: il sole del mattino scalda l’aria e spazza via la
gelida brina. Balatonfüred è un’altra città gioiello con un porto affollato di yachts. Grazie alle ragazze dell’ufficio
informazioni, ottengo una prenotazione a basso costo presso una villetta a
Balatonfüzlö, 18 chilometri più ad est. Ceno con meno di dieci euro in un bel
locale di legno della piccola città.
Rotta verso Budapest, da qui in poi. Dopo aver costeggiato
un’area naturalistica vicino al lago Velencei, monto la tenda in fretta e furia
perché sta aumentando il vento e si avvicinano nuvole minacciose. Dubito che
nel campo dove mi trovo possa arrivare qualcuno, invece dopo mezz’ora arriva un
fuoristrada. Esco fuori dalla tendina e dico ai due uomini che non sono un
migrante, che sto viaggiando in bici e mi sono accampato in “emergenza”; ridono
e fanno cenni di assenso, facendomi capire che non c’è nessun problema. Alle 6
del mattino successivo mi sveglio con pioggia, vento e telo della tenda che
sbatte con violenza. Colazione tormentata, ma mantengo la calma. Riparto in
direzione Adony, dove un ferry
dovrebbe portarmi dall’altra parte del grigio Danubio. Giunto al molo, trovo
solo un cabinotto malandato chiuso a chiave e un cartello con scritte in
ungherese, indecifrabile. Il ferry è
ancorato dall’altra parte del fiume e oggi è domenica: funzionerà ? Sto
congelando tra raffiche di vento gelido e non so cosa fare. Non vedo segni di
attività, dall’altra parte. Poi arriva un’auto: mai stato così felice di vedere
qualcuno ! Il servizio funziona, a quanto pare. Un orso vestito da militare mi
fa salire a bordo e mi fa segno con le dita: sei = 600 fiorini (2 euro). La
traversata dura pochi minuti. Sbarcato dall’altra parte, riprendo la strada
urlando di gioia mentre dall’altra auto mi sorpassano guardandomi come fossi
uscito di senno.
Faccio presto a rallegrarmi: da qui sino a Budapest avrò una
lunga marcia funestata da pioggia e vento fortissimo sempre perfettamente
contrario alla mia direzione. E’ davvero dura, e dopo tre ore di questo
strazio, inizio a mandare maledizioni indicibili. Poi improvvisamente appaiono
altri due pazzi in bici, in direzione opposta: “Come on, guys !!! Come on !!!”,
gli urlo. Mi sento un attimo rincuorato da quest’incontro fugace; mancano quindici
chilometri per Budapest. Giungo in città alle 17 e cerco l’ostello ‘Fortuna
Boat’, consistente in un grosso natante ancorato in riva al Danubio.
Finalmente, al km 1160, ho raggiunto la capitale dell’Ungheria.
Pioggia e vento contrario lungo il Danubio: quanto manca per Budapest ? |
Lo splendido palazzo del Parlamento ungherese, affacciato sul Danubio. |
Budapest è splendida, l’avevo sottovalutata. Pulita, curata
e senza scritte balorde sui muri. Gli spazzini raccolgono le cicche di
sigaretta una per una. Sono un’autentica legione deputata a trattare la città
come una bomboniera, come se fosse casa loro. Con la bicicletta priva di
bagagli ho la metropoli in mano - un vero e proprio delirio di onnipotenza: non
ho bisogno di mezzi pubblici – volo sulle strade della capitale, spostandomi
per chilometri senza fatica e in poco tempo. Castelli, palazzi, antiche terme,
giardini, parchi, fontane. Ma ciò che mi affascina di più sono i ponti, i sette
ponti di Budapest. E l’edificio del parlamento ungherese, rimesso a nuovo e splendente,
semplicemente magnifico. Il secondo giorno faccio visita al museo Terror Hàza =
casa del terrore, voluto dal leader Orban per ricordare danni e vittime del
comunismo, vero capolavoro di design. Poi mi reco a Buda, dall’altra parte del
Danubio, dove scatto fotografie dall’alto della collina dove sorge il castello.
Che bella città Budapest, consiglio a tutti di visitarla. E per una volta, non
è vero ciò che scrivono le guide: “marciapiedi sporchi di escrementi di cane e cittadini rassegnati”:
a Budapest si potrebbe mangiare per terra, e anche noi avremmo molto da
imparare, credo.
“Well,
Armin, the time of my departure came. What to say ? This accomodation has been
really cosy. If I could choose where to die, I’d choose a room in this hostel -
in the future, of course…”
-
“When
you’ll ready for that, single room with toilet and shower inside, right sir ?”
J. Armin, receptionist dell’Ostello della Gioventù
Brigittenau di Vienna.
Tappa 15. Pioggia e segnaletica della ciclabile un po’
carente. Quando smette di piovere, si alza il vento. Al termine della giornata
mi accampo in fretta e furia lungo il Danubio, stanco e stressato. Il giorno
successivo fa “freddo”, circa otto gradi. Passato il ponte di Komàron entro in
Slovacchia. La pista Eurovelo 6 mi porta a pedalare per decine e decine di
chilometri su un argine solitario del Danubio. Almeno venti di questi
chilometri sono su ghiaia grossolana, molto difficoltosa per qualsiasi bici. I Blind Faith mi tengono compagnia sino
alla fermata finale, su un campo erboso accanto al bel Danubio blu, in un
silenzio assordante e sotto una debole pioggia.
Freddo glaciale, al risveglio – il telo esterno della tenda
è rigido e ghiacciato. Poi il sole inizia a scaldare l’aria – rimetto a posto i
bagagli e pedalo lungo l’argine danubiano, riservato alle sole bici o ai
camminatori. La ciclabile mi fa scivolare sin dentro Bratislava quasi senza
accorgermene. Qui incontro Homza, giovane cicloviaggiatore proveniente da Praga
che pedala alla volta dell’ex Iugoslavia e dell’Albania, accampandosi “solo nelle
foreste”. Scattiamo una foto insieme dopo piacevole scambio di idee.
Sistematomi nell’affollato e rumoroso ostello, dedico la serata alla visita del
centro storico, uno dei più belli di tutto il viaggio.
A pochi passi da Bratislava incontro Homza, un altro pazzo diretto in Albania. |
Lasciata Bratislava, che per chi non lo sapesse è la
capitale della Slovacchia, seguo la Donauradweg,
la leggendaria pista ciclabile del Danubio sino a Vienna. Appena rientro in
Austria noto che la qualità della segnaletica aumenta a livello esponenziale. E’
sabato, c’è un sole splendido e un sacco di gente è andata a godersi il fiume;
viennesi, ciclisti, podisti, nudisti - ci sono tutti. Anche centinaia di
turchi, pakistani e immigrati di varia provenienza che arrostiscono intere
bestie allo spiedo. Mi concedo la mia accoppiata preferita: chicken salad e birra presso un chiosco.
La birra fredda successivamente mi gioca uno scherzo: scioglimento di stomaco
in (quasi) piena area urbana. Riesco a occultarmi dentro una macchia fitta di
cespugli e sbrigo in fretta il da farsi. Quello che mi fa ridere è che a venti
metri c’è l’ingresso a una stazione di polizia. Nel primo pomeriggio trovo
alloggio all’ostello della gioventù della capitale austriaca, un immenso
palazzo di sette piani costruito negli anni Settanta e totalmente rinnovato.
Piove dal cielo una ciclista solitaria, una ventenne che ha percorso la
ciclabile da Passau a qui e ora attende il papà per continuare con lui verso
Budapest, dato che ha paura a fare quel tratto da sola. La invito a spendere un
minuto per dirle dell’ostello-barca della capitale ungherese – “Sì, ma solo un
minuto però, voglio farmi una doccia.” – Quanto sono immature certe persone, e anche
scortesi: ti sto per dare un consiglio da 100 dollari e tu, cretinetta, pensi
alla doccia ! Enjoy the shower e aspetta papà…
Il mio pasto preferito in Austria: chicken salad con dentro di tutto. |
Il giorno dopo è il primo maggio e con la bici alleggerita esploro
la capitale austriaca. Ci sono cortei, sia di gente locale sia di immigrati –
non mancano esponenti di centri sociali e neanche la polizia, in tenuta
antisommossa. Ci sono palloncini e mamme con i bambini, ma anche una certa
tensione palpabile nell’aria. Vienna mi piace, ma molto meno di Budapest. Ci
sono cartacce, scritte sui muri, un certo degrado seppure ancora non
preoccupante. Il complesso del castello Schloss
Belvedere, con il suo aspetto parigino, è il posto che mi piace di più. Ma
riesco a reperire anche il cimitero settecentesco, ormai ai margini della
città, dove in una fossa comune fu sepolto Mozart.
Da Vienna mi trasferisco a Innsbruck utilizzando un pullman.
Questo comporta una pesante levataccia, e devo rinunciare anche alla colazione.
Il ragazzo alla reception mi offre gentilmente un bel caffè. Con soli 35 euro
mi trasportano da un lato all’altro dell’Austria, bici e bagagli compresi. Non
mi interessa, almeno adesso, percorrere questo tratto in bici – voglio
riservarmelo per il futuro, semmai dovrò recarmi a Praga o in Polonia ecc. – ho
scelto il bus perché i treni austriaci sono molto costosi e perché entrare da
soli con una bici e tutti i bagagli in una grande stazione ferroviaria è
abbastanza stressante. Per chi fosse interessato, la compagnia di pullman si
chiama Meinfernbus-Flixbus; il personale e gli autisti sono davvero molto
professionali.
Innsbruck: ritornando dove già fui ! C’ero già stato nel
2012, nel corso del viaggio verso il nord Europa. Stavolta le dedico una visita
più approfondita, passeggiando tra il centro storico, gli impianti dei giochi
olimpici invernali del 1976 e i viali lungo fiume, pieni di giardini e parchi
giochi per tutte le età. Non mi faccio mancare un ultimo strüdel di mele con crema alla vaniglia presso un pub rustico e
caratteristico.
Da Innsbruck inizio la salita per il passo del Brennero.
Temperature miti e vento a favore aiutano il fisico e il morale, e anche la salita
non è poi così dura, fatta eccezione per gli ultimi quattro chilometri. Alle 13
raggiungo il Passo, vera orgia consumistica brulicante di turisti motorizzati,
soprattutto motociclisti. Sono di nuovo in Italia; la ciclopista del Brennero
mi porta gentilmente a sud sino a Fortezza, dove monto la tenda in un bel bosco
dopo aver reperito con estrema difficoltà due metri quadrati pianeggianti. Il
giorno successivo seguo la ciclabile, che scende placida lungo il fiume Isarco
e poi affianca l’Adige; dopo quaranta chilometri di bei paesaggi ma di vento
contrario mi accampo lungo l’argine del fiume, per l’ultima notte.
L'ultima notte di viaggio. In tenda lungo l'Adige. |
Ho dormito bene, malgrado il rumore del traffico proveniente
dalla vicina statale. Stranamente in questo viaggio non ho mai avuto problemi a
prendere sonno. Vigneti e meleti a perdita d’occhio, sorvegliati da enormi
montagne, mi fanno compagnia sino a Trento. Da qui inizia la salita verso
Pergine lungo la vecchia Strada dei Forti. Forse è la salita più dura di tutto
il viaggio; circa cinque-sei chilometri, ma davvero tremendi. Le gambe allenate
reggono bene. Mangio un ultimo panino a Civezzano, dove arrivo sudato come non
mai, infine dopo altri sette chilometri di falsopiano sono a Pergine. Scatto
una foto nella bella piazza antica, dove Littoria si ferma alle 14,10. Il
contachilometri segna 1712 km.
Ho visitato quattro nazioni e tre capitali. Ho vissuto
un’altra fetta di vita sulla mia bici e attraversato campagne, città, laghi,
fiumi, boschi. Ho avuto qualche momento di sconforto, e provato alle volte un
po’ di solitudine. Ma chissà perché, adesso tutto mi sembra meraviglioso, e lo
rifarei. E’ stato un viaggio bellissimo.
I miei auguri, i miei incoraggiamenti, vanno
a tutti gli amici cicloviaggiatori che ho incontrato.
Coraggio, ragazzi !
Ringrazio virtualmente tutti coloro che mi hanno aiutato
nel corso del tour; un grazie particolare
alle addette dell'ufficio informazioni di Balatonfured, in Ungheria.
E' bello constatare che esiste gente che al di là
della professionalità, conserva tanta pazienza
e si comporta con gentilezza e umanità.
Sopra e sotto: l'arrivo a Pergine Valsugana,
dopo 1712 chilometri attraverso quattro nazioni.
Heading East è finito.
Ciao, complimenti per il viaggio e grazie per le bellissime descrizioni!
RispondiEliminaAvrei intenzione di fare un percorso simile, partendo da Bolzano, transitando da Budapest e arrivo a Vienna. Rientro in treno.
Avresti la traccia gpx del tuo percorso? Grazie.
Per prima cosa ti ringrazio per l'apprezzamento. Io non ho traccia gpx poiché all'epoca viaggiavo ancora con cartine- non avevo alcun navigatore: magari lo avessi avuto! Quel viaggio unisce diverse ciclabili: quella del Brenta, delle Dolomiti, del fiume Stava, l'Eurovelo 6, la ciclabile del Brennero. Puoi fare un "collage" pianificando tu stesso sull'applicazione REGINA che uso da 3 anni: Mapy.cz - gratuita e di indescrivibile efficacia.
EliminaUn caro saluto e buona Strada (il maiuscolo non è casuale).
Errata corrige: del fiume Drava
Elimina