domenica 2 dicembre 2018

In bici tra i villaggi Schisina di Francavilla di Sicilia, in uno scenario surreale stile 'I sopravvissuti'.






Tour di 60 km in bici attraverso i borghi Schisìna abbandonati. Pedalando tra case coloniche e campagne in un insolito angolo di Sicilia.





PRIMO GIORNO
Da Floresta (ME) a Borgo San Giovanni.


Edifici di pietra a Floresta (ME), m.1280




Ore 7 del mattino. Lascio l'auto a Floresta (ME), il comune più alto della Sicilia - mio punto di partenza di innumerevoli escursioni; l'abitato è immerso nella nebbia e non c'è praticamente nessuno in giro. Seguendo le indicazioni del navigatore imbocco una strada in terra battuta che segue il crinale montuoso a est del paese. La visibilità è molto ridotta - oltrepasso una sparuta pineta immersa nel silenzio.






Inizia una discesa nel territorio di Montalbano Elicona (ME). Mi conduce all'altopiano dell'Argimusco, un vastissimo pianoro spazzato dai venti dal quale emergono megaliti di arenaria modellati dagli agenti atmosferici.
Alcuni di questi hanno assunto forme riconducibili a giganti, o aquile. C'è anche chi favoleggia sul fatto che qui ci siano stati contatti con gli alieni -

In un prossimo futuro questo sito pare verrà dichiarato "patrimonio dell'umanità". Per adesso vi si accede liberamente - il posto è immerso in una nebbia fitta che gli conferisce un'atmosfera inquietante.









in alto e seguenti:
in giro tra i megaliti dell'Argimusco
















Lasciati i megaliti "misteriosi" pedalo all'interno della fitta faggeta di Malabotta. Si tratta di un'area decentrata nella quale è facile perdere l'orientamento. Il segnale GPS ben agganciato mi porta su una lunga carrareccia che segue la cresta montuosa e costituisce la strada d'accesso per le numerose pale eoliche ivi installate in tempi recenti.


La faggeta di Malabotta (ME).












Secondo le previsioni già dalle 9 le nuvole avrebbero dovuto diradarsi - invece persistono e occultano i panorami altrimenti vastissimi che posso solo intuire passando su questa strada.
Incontro una squadra di tecnici intenti a installare una nuova pala eolica.










La pista di servizio del parco eolico.




Dopo diversi chilometri passati a pedalare up and down su questa carrareccia giungo finalmente a incrociare la statale per Francavilla di Sicilia (ME) in prossimità del valico di Portella Mandrazzi.







Il Ghost Towns Trail inizia da qui: scendo a tornanti verso sud incrociando il primo dei borghi abbandonati. Le case di Borgo Pietrapizzuta giacciono esposte a 950 metri di quota su un declivio pietroso privo di alberi e frequentato solo da pecore e capre.


sopra: la sconfinata valle del torrente Zavianni che digrada verso 
Francavilla di Sicilia (ME). Si tratta di un terreno geologicamente
soggetto a severi fenomeni erosivi.




L'agglomerato di case di Borgo Pietrapizzuta,
mai abitate e ridotte a rudere.




A breve distanza si trova un altro villaggio: Borgo Morfia. Vi si giunge con una strada di appena duecento metri che si stacca da un tornante della statale. Sulla sinistra si presenta una orrenda chiesa. Sul declivio appena a destra si trovano le costruzioni, tutte regolarmente disabitate.
Il posto è desolato e frequentato solo da pastori e cercatori di funghi.


L'arrivo a Borgo Morfia, m.950




Il corso principale del villaggio, sorta
di decumano post-apocalittico.




Una delle costruzioni ipoteticamente destinate ai coloni.
Squadrate e prive di ogni grazia, in mattoni crudi e con il 
tetto piatto foriero di futuri ristagni d'acqua.
Tutte rigorosamente uguali: a sinistra un recinto coperto e finestrato
per ricoverare qualche animale; una stanza centrale con cucina
a legna e un locale per passare la notte.
L'ingresso prevedeva un atrio aggettante
all'esterno dotato di un forno a pietra (sotto).









Comincio ad avere fame - è quasi l'una e soffia un vento gelido da ponente. Scendo di quota e mi fermo al borgo "principale", il Villaggio Schisìna.
Qui gli edifici sono di servizio - destinati a scuole, ambulatori eccetera. L'acqua piovana produce strani echi negli stanzoni allagati e aperti a tutte le intemperie.
Mi fermo a mangiare qualcosa sugli scalini di una costruzione.


L'arrivo al Villaggio Schisìna, m.825











sopra: Villaggio Schisìna; certi elementi architettonici
come gli archi a tutto sesto fanno erroneamente credere
che si tratti di un borgo edificato in epoca fascista.
In realtà i villaggi Schisìna risalgono agli anni 50 e
furono realizzati infelicemente nel piano dell'Ente
Riforma Agraria in Sicilia.


sotto: la chiesa ormai sconsacrata del villaggio



























Il complesso dell'edificio scolastico.


Il Villaggio Schisina è filmato in questa scena del film L'Avventura, di M.Antonioni (1960).




Sono le 14 e lascio il villaggio. Le giornate sono corte e non c'è tempo da perdere; veloci tornanti mi portano a una strada provinciale chiusa per smottamento. In bici non ho nessuna difficoltà a procedere. Questa strada è un autentico balcone sulla vallata e sui borghi abbandonati; ne vedo a distanza un altro che non raggiungerò, Borgo Piano Torre.


Borgo Piano Torre, m.650, ripreso
con il teleobiettivo. Una delle case coloniche
è stata trasformata in abitazione, la terza dal basso a sinistra.




La valle occidentale del Monte San Giovanni,
interessata da fenomeni franosi che hanno danneggiato
la provinciale, chiusa al traffico.




La giornata sta per concludersi. Una pista in discesa, tra campagne curate da mani invisibili mi porta in vista dell'ultimo dei villaggi fantasma: Borgo San Giovanni. Incastonato quasi nel fondo della valle scavata da un fiume, con le case disposte ad anfiteatro e rivolte verso l'immancabile chiesa.

Il posto è spettrale e non voglio passarci la notte. Mi fermo a quota più alta piantando la tenda su un terrazzamento in mezzo a dei noccioli.
C'è una vista spettacolare sul lato nord dell'Etna; il sole tramonta in questo angolo sperduto della campagna siciliana. Indosserò la calzamaglia tecnica perchè sarà una notte spaventosamente fredda.



Un'immagine di Borgo San Giovanni
ripresa dal punto in cui ho deciso di accamparmi.




In tenda su un terrazzamento a noccioli.




Il sole incendia le nuvole che incombono
sul lato nord dell'Etna.




Una bevanda calda prima di chiudere la tenda 
per la notte.





SECONDO GIORNO.
Da Borgo San Giovanni a Randazzo (CT).


La valle del fiume San Paolo fotografata
dalla mia tenda.




E' stata una notte gelida. Faccio colazione e attendo l'alba, che colora di arancione la prima neve caduta sull'Etna. Riprendo la bici e faccio rotta in discesa verso l'ultimo dei villaggi.


Luci dell'alba sull'Etna.




La valle dove mi sono accampato.



Di nuovo in marcia.




Lo sperone roccioso di Rocca Badia, m.519





In vista di Borgo San Giovanni.




Anche in quest'ultimo villaggio regnano silenzio e desolazione. Le case di mattoni sono identiche a quelle degli altri agglomerati. La chiesa è più aggraziata; accanto ad essa si trova l'edificio della scuola, su una piazza con una bella vista dell'Etna. L'impressione che ho avuto è che più in basso si scende (di quota), più il terreno diventa coltivabile.






sopra: tetti delle costruzioni colonizzati dai fichidindia.




Cucina a legna. Sarà mai stata utilizzata ?




Scuola e chiesa del villaggio.




La splendida vista dell'Etna che si ammira dalla piazza.




La fontana con abbeveratoio realizzata all'ingresso
del villaggio.




Il sole ha appena iniziato ad illuminare le case coloniche abbandonate; passo davanti a un abbeveratoio asciutto. Poco più avanti però c'è dell'acqua corrente in due vasche di polietilene, dove mi lavo la faccia. Sembra quasi un piccolo regalo da parte di questa città fantasma, l'ultima che visito.
Mi riporto sulla strada asfaltata per la valle dell'Alcàntara in direzione di Randazzo (CT).


Rocca Badia e il fiume S.Paolo ripresi dal ponte della statale 185.









A differenza di ieri mi sento molto più in forze. Le salite non mi fanno paura, me le divoro con calma e determinazione. La valle dell'Alcàntara è disseminata di sconfinati vigneti, molti dei quali attivamente coltivati - un altro mondo rispetto alle pietraie dei poveri villaggi Schisìna.



Il cancello di accesso a una tenuta nobiliare.




La tenuta del feudo Vagliasindi, coltivata estensivamente
a vigneto e uliveto. 



Mancano pochi chilometri per Randazzo, punto d'arrivo del mio giro. Il cielo è sereno e l'aria fredda e frizzante. Adoro l'aria di novembre e il sapore della conclusione di ogni viaggio, piccolo o grande che sia. Faccio un salto nel negozio dove lo scorso luglio ho acquistato questa bici, che mi ha portato in giro per angoli insoliti della Sicilia.
Il Ghost Towns Trail finisce sulla grande piazza assolata dove attendo il pullman che mi riporterà a Floresta, al di là delle montagne.

Stasera rientrerò nella mia confortevole casa di pietra e accenderò la stufa a legna. 
E' bello vedere, avere, una casa calda, abitata. E luci accese dietro le sue finestre.








Randazzo (CT), punto di arrivo del GTT.









VILLAGGI SCHISINA

I villaggi sono sette e vennero realizzati negli anni 50 nell'ambito della legge di riforma agraria in Sicilia. Di essi, sei sono borghi residenziali e uno è un borgo di servizio.
Si trovano tutti tranne due lungo l'asse viario della statale 185 che collega Novara di Sicilia a Francavilla di Sicilia. Borgo Bucceri-Monastero è il più decentrato di tutti, su un crinale isolato nella valle del torrente Zavianni, che di fatto occorre guadare per raggiungerlo.

I villaggi non furono dotati all'epoca di energia elettrica nè di acqua potabile, a parte gli abbeveratoi pubblici - e non furono mai abitati stabilmente dai coloni anche in ragione della scarsa quota di terreno coltivabile, in particolare alle quote più alte.

I terreni in cui sorgono i borghi appartenevano a una contessa che li cedette all'Ente. Promotore dell'acquisto e dell'edificazione dei villaggi fu Franco Restivo, un politico dell'epoca dal curriculum "pesante". Il ministro pare si recasse in elicottero a passare i fine settimana nel villaggio Schisina; in rete è disponibile una foto che ivi lo ritrae insieme a dei familiari.
E' stato riportato che Restivo morì nel 1976 proprio in uno dei villaggi rurali, dopo aver fatto il bagno in una vasca a seguito di un pranzo.
Un'idea dell'attività politica di F.Restivo si può reperire in questo articolo.

La storia approfondita e dettagliata, con mappe e planimetrie dell'epoca, relativa ai borghi Schisina è reperibile in questa pagina







10 commenti:

  1. Sempre interessanti i racconti dei tuoi giri (e belle foto!).

    Anche se però mi fa un po' impressione visitare quei borghi disabitati... che forse appunto non hanno mai visto popolazione stabile. Hai ragione, fa' un po' stile "sopravvissuti" :)

    Dai, bel giro, anche la parte iniziale nella nebbia, belli i megaliti e il bosco autunnale... e belle le foto del secondo giorno, dei paesaggi con il sole.

    Buona settimana!

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    1. Inquietanti si, i villaggi. Tuttavia si tratta solo di volumi edilizi disabitati-

      Il vero aspetto inquietante è come si sia permesso di realizzare tale abnorme e palese fallimento pilotato.

      E non finisce qui: scavando nella biografia del "padre fondatore" e poi del figlio e poi del nipote si arriva a...

      "Restivo": ti dice nulla questo cognome?

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  2. Purtroppo non riesco a venire a leggere in questo luogo prezioso come vorrei.
    Pagine che testimoniano una grande bellezza, la fanstasmagoria della natura e di una persona che la ama e le rende onore.
    Grazie per questa pagina splendida.

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    1. Ti ringrazio. Probabilmente hai apprezzato le foto e il bello dei paesaggi. Quanto ai villaggi abbandonati Schisina, essi costituiscono un capitolo grottesco della Sicilia degli anni 50.
      Roba da far impallidire un esercito di "Gabibbo".

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  3. Recentemente alcuni amici mi hanno forse senza volerlo fatto un gran complimento dicendomi che il mio blog non li ha mai delusi perchè è stato sempre "sulla stessa linea" - al contrario di altri blog di vita in campagna ecc. leggendo i quali escono fuori (magari dopo diversi mesi) filosofie ultra-ambientaliste o animaliste o radical chic o come le vogliamo chiamare - ci siamo capiti.

    Io sono un fottuto egoista, di destra, anti-immigrazionista, edonista, che vuole SEMPLICEMENTE godersi la campagna (e la vita) senza tutto sto carico di seghe mentali e menate antiumaniste del tipo: facciamo attenzione quando ci laviamo i capelli all'aperto, chè la schiuma danneggia l'humus...

    Detto questo, passiamo ai pannelli fotovoltaici così andiamo più sul pratico.
    Io li ho installati nel 2013 perchè semplicemente l'imbecille del precedente proprietario per tircherìa non aveva fatto portare i pali della luce in loco quando 40 anni fa gli avevavo offerto di poterlo fare a prezzo ridicolo.

    Siccome le condizioni di installazione, nel 2013, erano improponibili ho messo i pannelli. Non mi è mai passato per il cervelletto di metterli per "rispetto della natura" o dio solo sa quale altra menata.

    Di pannelli ne ho cinque. E quattro batterie.
    Chi viene resta affascinato da questo apparato e crede che io abbia la totale autosufficienza energetica.
    In realtà la corrente ottenuta dipende DRAMMATICAMENTE da:
    - le ore di luce
    - l'angolo di incidenza del sole
    - l'efficienza dell'impianto

    In estate c'è un eccesso di energia, e posso usare un piccolo frigorifero. Dagli inizi di settembre in poi il frigo lo devo staccare proprio perchè c'è meno luce solare in quanto tale.
    Fortunatamente posso alimentare il computer, le luci e led della casa, e caricare il telefonino - anche nei mesi di "buio".

    Le lampadine a led in questo senso sono state un'invenzione GRANDIOSA.

    La lavatrice me la posso scordare sempre e comunque - a meno di non collocare una ventina di pannelli - e sempre considerandone tale ipotetico esercizio in estate.

    L'efficienza dei pannelli attuali è bassa, mi sembra del 20% circa.
    Più che i pannelli, a degradarsi nel tempo sembrano essere le batterie; quelle che ho sono al "piombo-gel". Mi hanno detto che duravano dieci anni e più o meno è così.
    L'impianto prevede che la corrente si stacchi per non far andare la carica sotto il 70%; se succedesse, le batterie non si riprendono più e sono da cambiare.

    Ovviamente fra tre anni circa le dovrò alienare. Se non le ritireranno coloro che me le hanno vendute, le prendo e le metto in un locale ex stalla. Sono sigillate e staranno lì sino a oltre il mio trapasso, senza colpo ferire a madre natura.

    Complessivamente posso dire che i pannelli fotovoltaici sono stati una gran bella cosa, ma senza attribuirgli "miracoli" che seducono gli ultraecologisti di cui sappiamo.

    Nota a parte: ogni anno o mese che passa, la tecnologia dei pannelli avanza parecchio. Geniale è l'idea di realizzare pannelli ad elevata efficienza dotati di innumerevoli piccole lenti di ingrandimento che concentrano la radiazione solare sui targets di silicio.


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  4. Sono simpatici dispositivi, quelli a vento. La mia campagna si trova però sul versante riparato e non ventoso delle montagne.

    La cosa non mi dispiace perché è il versante meno soggetto a incendi - inoltre il vento é abbastanza fastidioso e se forte crea lavoro in più perché rompe rami di noccioli che poi occorre rimuovere.

    Comunque valuterò la installazione della piccola pala eolica. Potrebbe rivelarsi utile da novembre in poi.

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  5. > UCoso qui scrive senza rendersi conto di essere stato condizionato dall'infanzia a certi automatismi, tra cui quello della "natura"

    Lorenzo, sono frasi che dicono tutto e nulla.
    Per "natura" indico zone che siano in gran parte vive, con capacità fotosintetica, boschi, prati, campi, torrenti, arbusteti, etc. ovvero zone che non siano (che in minima parte) artificializzate.
    Chiaro che in le foreste ormai in sparizione siano rimaste in pochi angoli del mondo.
    Tra i campi e i boschi, le radure, qui accanto a casa mia e i viali di una città, le distese di merdosi capannoni cemento - plexyglass - alluminio- catrame - rifiuti, i parcheggi di un ipermecato, etc. c'è una differenza che sono delle persone con problemi non riescono a notare.

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  6. Probabilmente il terreno meno antropizzato di Sicilia è la Valle del Bove sull'Etna. E'una colossale depressione originata dal collasso di uno o più vulcani più antichi e prob. più alti dell'Etna attuale, il quale vi riversa dentro colate su colate.

    Per questo motivo, la valle è un ambiente unico e "selvaggio" in cui non si reperisce nessun insediamento umano. Le uniche eccezioni sono:
    - il rifugio Gino Menza costruito negli anni Trenta e oggi sepolto da decine di metri di lava (quella della famosa eruzione di Zafferana)
    - sporadiche postazioni di rilevamento sismico dell'INGV, alimentate a energia solare;
    - il sentiero, anzi traccia di sentiero che abbiamo percorso noi per uscire dalla valle e riportarci alla strada provinciale;

    Il resto è solo: campi lavici sterminati e vecchi coni vulcanici che presto o tardi rimarranno sepolti anch'essi. All'interno della valle non vanno neanche pecore e capre perchè sulle pietraie non c'è materialmente nulla da cercare.

    Questo per la Sicilia (Etna).
    Quando ho viaggiato in bici in nord Europa, Svezia ecc. ho avuto l'impressione che a parte i danni da pioggie acide, certe foreste di conifere decentrate dalla strada e lontane da qualsiasi insediamento (comunque di pochissime case) si potessero considerare "vergini" - fatto salvo la circolazione delle renne da allevamento.

    Ovviamente poi ci si può trovare nel posto più selvaggio di questa Terra - presto o tardi alzando gli occhi al cielo passerà qualche aereo che ci rammenta dall'alto la presenza umana.

    (nel caso di Marte, qualche sonda........)

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  7. Salve sono Valerio Castrignano della stampa sociale Cai. Volevo contattarla per intervistarla sul Sentiero Italia CAI. Mi potrebbe fornire un contatto telefonico o mail a cui ricontattarla?

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    1. Mi contatti a questa email: dibella.007@libero.it

      Cordialmente-

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