domenica 16 febbraio 2014

Un panino memorabile


Da due giorni l'inverno è sparito. Aria trasparente, clima mite, temperature sui 23 gradi. Privo di allenamento da mesi, tiro fuori Littoria un po' ragnatelata e parto alle 8 del mattino per raggiungere Floresta. Sono oltre 700 metri di dislivello: stramazzerò al suolo prima di arrivare o ce la farò?

I primi quindici chilometri reggo bene; i problemi arrivano dopo Ucrìa, quando la strada si impenna duramente. 14 interminabili chilometri sotto il sole in un paesaggio brullo alto montano a tratti ombreggiato da boschi di conifere. Incontro pochissime auto e solo altri due ciclisti. Questi due colleghi sono vestiti troppo pesantemente, con calzamaglie e tute che li fanno sudare oltre misura. Quello del vestirsi pesante è un errore che qui in Sicilia è diffusissimo. Spesso vedi gente in auto intabarrata e con cappelli di lana manco dovessero andare ai mercatini di Natale di Bolzano, e questo anche quando fuori ci sono oltre 20 gradi.

Procedo sempre più a fatica. Le gambe non sono ancora vuote, ma sono i morsi della fame a farsi sentire. Da perfetto idiota non mi sono portato nulla da mangiare. Acqua quanto ne voglio, ma cibo niente. Mi fermo in due trattorie a chiedere se hanno qualcosa di dolce. Nella prima mi guardano come se fossi un UFO, nella seconda non sanno cosa siano i dolci. Qui conoscono solo pasta col sugo d'agnello e carne di castrato.

Cinque chilometri prima di Floresta ho le apparizioni mistiche. Tre chilometri prima sto per abbandonare. Ma spingo e vado avanti a oltranza, porca miseria. Non posso capitolare a breve distanza dalla meta.

Metro dopo metro finalmente la strada svalica e conquisto il paese. Mi precipito in un alimentari-prodotti tipici e mi faccio fare un panino con la mortadella e la provola locale. Cerco una panchina al sole e consumo questo tesoro. Man mano che mangio, ogni fibra, ogni cellula del corpo gioisce. In quel panino da 1,70 euro trovo la felicità allo stato puro, sublimato. Dicono che esiste l'aura emanata dal corpo: la mia se fosse fotografabile sarebbe ampia venti metri, dopo quel panino. Mentre mangio affiorano antichi ricordi dello spaccio alla scuola media, dai Salesiani. Se mangiavi una brioche o un gelato eri un viziatello; se compravi un panino con la mortadella ti sentivi "un adulto".

Poi è la volta del dolce e del caffè. Me li procuro in un bar che si trova dalla parte opposta del paese. Al banco c'è una ragazza bellissima, sembra una gatta. Sono belle le donne qui a Floresta, hanno i tratti fini. Probabilmente l'antico DNA normanno si è imbastardito meno con quello magrebino.

Metto la giacca antivento e lascio Floresta satollo e soddisfatto. La discesa è interminabile. La strada e i paesi che attraverso sono deserti perchè ormai è ora di pranzo, e qui il pranzo è sacro. Silenzio e fruscìo di ruote man mano che perdo quota, occhieggiando le isole Eolie nitidissime. Vedo addirittura le case di Lipari. Sorrido e respiro aria che sa di mimose.

Un anziano mi saluta presso una curva, mentre precipito verso casa.
Ciao uomo!
Sì hai ragione, è proprio bello vivere.

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