sabato 30 luglio 2016

Qui, semplicemente.







A chi è adatta la vita di campagna, approssimativamente.
Esteti, artisti, poeti, romantici, amanti del silenzio e della pace, schivi, riservati, eccentrici, perfezionisti, amanti dell'ordine, nemici del caos, gente di buona volontà e discreta gagliardìa fisica.

A chi non è adatta la vita di campagna, approssimativamente.
Caciaristi, indolenti, pigri, accidiosi, disordinati, anarchici, nevrotici dell’asetticità, impazienti, faciloni; schizzinosi, viziati, gente che ha in orrore gli escrementi, nonché rettili e insetti; gente di salute cagionevole, soggetti fortemente allergici e con scarse qualità muscolo-scheletriche.





     Alle 6 del mattino la luce è arancione, qui. L’orto è coperto di brina – prima di far colazione mi reco su alla vasca di irrigazione, dove una lunga biscia nera saetta in mezzo all’erba fuggendo poi in una cavità del muro di pietra. Apro il rubinetto della vasca e l’acqua fluisce. Do da mangiare ai gatti, che mi guardano come a dire “prima di pensare all’orto pensa a noi”, poi però una volta riempita la pancia si strusciano e dimostrano gratitudine ( almeno loro ). Rientro in casa, faccio una doccia, faccio colazione; apro le imposte di legno di cent’anni fa, ridipinte e restaurate con le nostre mani nell’anno 2013.

     La luce esterna passa dall’arancione al giallo; le cicale iniziano a rumoreggiare forte, e questo è segno che sarà una giornata calda. Un’arancia troppo matura cade da un albero facendo un tonfo per terra, finendo in mezzo al sentiero. La avvicino al tronco dell’albero perché è roba sua – e perché mi piace l’ordine; se appena posso, cerco di tenere questo posto pulito il più possibile. Rientro in casa e accendo la radio. La Merkel dice che sconfiggerà il terrorismo ma continuerà ad accogliere tutti i profughi. Spengo la radio e accendo il computer.





     E’ una bella cosa il computer, qui. Fuori luogo in questa casa di pietra del tempo dei Baroni, eppure utilissimo – ieri sera l’ho avvicinato al letto e mi sono goduto Solaris, un film di fantascienza. Qui non guardo mai, sebbene mi piacciano, film orrifici e ansiogeni. Mi fanno dormire male, generando incubi. La vita, qui, rende sensibili. Mi piace questa mattina: mi sento davvero felice – nel senso che ci credo, cioè non mi racconto balle. Alle 10 andrò in paese e mi godrò una granita fresca; l’unico dilemma è: al limone o ai gelsi ? Alle 20 di stasera consegnerò quattro casse di arance per la vendita. I fiori della Bella di Notte a quell’ora emanano un profumo intenso, tutto particolare - ci potrei regolare l’orologio.

    Nel culmine dell’estate, questo è quello che faccio. Gli echi del mondo esterno: profughi, clandestini, terroristi, buffoni politici, buonisti, emergenza spazzatura, emergenza furti, pazzi da manicomio che vivono tra noi, sonde spaziali costate milioni che hanno smesso di funzionare, telescopi orbitanti costati miliardi che studiano le comete ma non curano il cancro, ecco: tutto questo faccio finta che non esista, almeno per oggi. Almeno qui.

PS la granita l'ho scelta ai gelsi, alla fine. 




giovedì 28 luglio 2016

A piedi sui Nebrodi - I laghi Trearie e Cartolari nella loro veste estiva.



In cammino sulle rive del lago Trearie, Nebrodi orientali.


     Un po' di respiro dopo due mesi di continuo lavoro di campagna. In attesa della raccolta delle nocciole, ci siamo concessi una magnifica escursione nel contesto del parco dei Nebrodi, dove la Natura la fa veramente da padrona -

Questo percorso è un anello di 4 ore di cammino tranquillo, con un dislivello non superiore ai 300 metri. L'avevo già sperimentato ad Ottobre 2015; chi volesse avere un'idea dei colori meravigliosi che si presentano in Autunno, può rivedere questo post. Il giro inizia dall'alta valle del fiume Flascio, dove il paesaggio è davvero essenziale:




In breve, salendo di quota, il percorso raggiunge il limite inferiore di alcune faggete, affascinanti in tutte le stagioni:




Un piccolo gruppo di faggi attende con pazienza l'Autunno.


Superata Portella di Chiesa, si raggiunge l'ampio specchio d'acqua del lago Trearie, che con i suoi 1500 metri di quota è il bacino naturale più alto della Sicilia:


Una mandria di bovini si gode la "spiaggia" del lago Trearie.


     Dopo una breve sosta su un promontorio panoramico, ci siamo spostati verso il lago Cartolari, nei pressi del quale si trova una splendida area della Forestale con tavoli rustici e altissimi alberi di pioppo. E' una location magnifica in Autunno, ma tutto sommato anche questa fresca giornata estiva non si è fatta disprezzare, complici i sapori dei Nebrodi:

Il piccolo laghetto Cartolari, m.1400

Pane casareccio e provola locale, cosa volere di più ?


Alle 15 abbiamo concluso la nostra escursione e recuperato l'auto, sazi e soddisfatti.






I consigli di Lupolibero.

Il parco dei Nebrodi ha di buono: 1) territori naturali vastissimi e poco frequentati; 2) è relativamente pulito proprio a seguito della difficile accessibilità alle masse.

L'aspetto negativo, per l'escursionista  che sia nuovo a questi posti, è rappresentato dalla carenza pressochè assoluta di segnaletica, la quale appare ancora allo stato rudimentale:





Sotto: segnaletica del parco dei Nebrodi - Mancano le indicazioni per tornare alla base, ma se volete imbarcarvi da e per la Liguria... andate a destra ! ...chiaro, no ?



     Ora, a parte il mio facile affondo umoristico - che lascia il tempo che trova, raccomando sempre di visitare i Nebrodi dotati di una buona carta, come quella 1:50000 edita dalla Litografia Artistica Cartografica.
In caso contrario, il rischio di perdersi è davvero elevato, soprattutto in giornate nebbiose e meno luminose di questa.
Se non avete un buon senso dell'orientamento è meglio scegliere percorsi brevi - anzi è ancora più consigliabile starsene a casa. 
Io parlo sempre molto chiaro, non sono un facilone -

Chiunque sia interessato ai dettagli del giro dei laghi Trearie e Cartolari, non ha che da contattarmi usando i commenti del post.

sabato 23 luglio 2016

Vivere in campagna - ( far ) rispettare i confini, fisici e non.



"occorre costruire ponti, non barriere"
una eminente carica dello Stato in un discorso del 2015 riferito all'Ungheria

"costruite barriere e fateci pure manutenzione"
Lupolibero, dalla sua propria esperienza di vita






     Tutto il noccioleto ripulito, gli alberi potati, i rami rotti portati via. Tutto lindo e lisciato per la raccolta delle nocciole 2016. L'orto quasi a regime, il muretto a secco ricostruito, l'acqua che scorre nella vasca di irrigazione, le arance raccolte, i limoni pure, la legna pronta per l'Autunno.

Manca solo di riparare due metri di recinzione venuta giù. Tempo stimato 20 minuti.

Questa recinzione è stata costruita 40 anni fa e separa il mio terreno da quello del vicino, ad est.
Che si possieda un ettaro o dieci ettari, ci saranno sempre dei vicini. Quelli defunti di solito non rompono, quelli in vita, in genere sì. Non ho la saggezza di un ottantenne ma nella vita ho imparato che in larga parte la gente esiste per dar fastidio e causare problemi, con varie sfumature e gradazioni. Per questo preferisco le foto di paesaggi: il genere umano non mi fa impazzire.

Troppo rigidi e musoni al nord, troppo ciarlieri e ficcanaso al sud. E al centro ? Ditemelo voi, non l'ho praticato molto - ma non è che mi aspetti meraviglie.

     Quando nel 2012 venimmo ad abitare in campagna per mesi di seguito, iniziammo a svolgere pesanti lavori di recupero del noccioleto e dell'agrumeto disastrati dal precedente proprietario. E vai con motoseghe e trasporti di legna a braccia, e taglia e trasporta e suda e sali e scendi. 
Tutto questo gran lavorìo non mancò di incuriosire il signor R., nostro vicino 70enne pensionato. Costui prese la bella abitudine di scavalcare ogni sacrosanta mattina la recinzione allo scopo di presenziare, ficcanasare ed elargire consigli non richiesti, ma dei quali secondo lui dovevamo essergli immensamente grati. Naturalmente, prima di ogni visita, non ci pensava neanche lontanamente ad avvertirci per telefono: piombava nella nostra proprietà e si godeva lo spettacolo.

Dopo diversi giorni, non ne potemmo più. Gli facemmo capire diplomaticamente che le sue visite non erano gradite e che avevamo altro da fare che perdere tempo ad ascoltare le sue perle di saggezza, che tra l'altro si potevano riassumere in un unico dogma: lasciate perdere e andatevene a mare. Ma non mi perderò in altre analisi dello psico-tipo, già fatte e accertate - andiamo avanti:

Offeso profondamente, disse che non sarebbe venuto mai più ( ecco - bravo - vai pure al Camposanto, anzi) e che ci augurava di "migliorare sempre" ( cosa che a onor del vero è avvenuta anche senza il suo onorevole aiuto ).


 sopra: dove prima c'era una giungla, ora si staglia un noccioleto modello
frutto dei nostri sforzi  - senza consiglio alcuno da parte di
anziani saggi locali.


Tirammo un sospiro di sollievo che dura tutt'ora. E nel corso di quattro anni, trasformammo questo posto in quello che è - e posso assicurare che le foto NON rendono l'idea.

Il signor R. ogni volta che ci incontra nel paese è tutto un miele: saluti, salamelecchi e sorrisi. Non ha più messo piede da noi e ho l'impressione che ci rispetti molto più che allora, sia perchè abbiamo parlato con i fatti sia perchè abbiamo difeso la nostra privacy.
Vai in pace, signor R., ma io non mi fido: saluti cortesi e ognuno a casa sua.

Questa vicenda insegna che alle volte certa gente va "trattata male" per essere educata. Soprattutto al meridione, dove il confine tra amicizia e interessamento ai caz..i degli altri è spesso e volentieri molto labile.
Insegna anche che confini e barriere non devono essere un tabù: d'altronde, se esistono da quando esiste il mondo, non sarà per caso. Ma quanto sono fascista e cattivo, vero ?


 sopra: il confine di separazione tra la nostra proprietà e 
quella altrui: credo non sia difficile capire qual è la nostra...



sabato 16 luglio 2016

Vivere in campagna: la zona di confine tra Stasi e Azione.





     Una parentesi di fresco dopo giorni e giorni di caldo feroce durante i quali avremmo potuto scegliere la stasi, il non-fare. Il mare è a 25 minuti d'auto: stendersi e non far niente, osservare, pensare, rimuginare, filosofeggiare, 'e perchè quello si è comportato così', 'e perchè quell'altro si è offeso' - tutte analisi stupide - poi magari nuotare venti minuti. E tornare a casa, chissà perchè, con le gambe di piombo, svuotati di forze, come se avessimo invece fatto chissà cosa. 

     Azione. Caldo afoso, sui 34 gradi. L'abbiamo sfidato già alle 8 del mattino, ripulendo il noccioleto. Tagliando con le forbici le crescite, o polloni, o 'ntruffaturi, alla base delle piante, una per una. Sono oltre 300, i nostri noccioli. Ed è strano constatare che dopo tutto questo lavoro non ne siamo usciti distrutti, ma rinfrancati.



Sopra e sotto: il taglio delle crescite alla base dei noccioli
e un settore di noccioleto appena lavorato.



Mi piace il superlavoro che abbiamo fatto. Il terreno sembra un parco. E noi non siamo morti - ci siamo ancora. Rinfranca, l'azione fatta, se sei Tu a decidere tempi e luoghi. - E' un dettaglio molto importante, questo.

Con perfetto sincronismo il caldo ha lasciato il posto a venti freschi da nord, a me cari. Ancora azione: raccogliamo arance che, mi dicono, saranno spedite a Firenze. Le nostre arance a Firenze ! Quale Duca le mangerà ?



Poi basta. Mi aggiro tra le piante dell'orto, nella giornata che si spegne. Il primo pomodoro, i cetrioli ormai da raccogliere, le insalate croccanti e mature:

Il primo pomodoro del 2016.
I favolosi cetrioli Tasty Green.
Le lattughe romane.


     C'è un intervallo di tempo magico, qui. Inizia intorno alle 18, quando il sole scompare dall'altra parte della montagna e c'è una luce tutta particolare, una specie di luce diffusa.  E' allora che mi sento in armonia con il tutto; fotografo, raccolgo, annuso, gioisco, faccio una serie di microlavori tutti piacevoli -

E', quest'arco di tempo tra le 18 e la cena, l'effimera zona di confine tra stasi e azione.

Cercatela anche voi, quando vi è possibile. Regala molta Felicità, bene prezioso quanto il Tempo.









martedì 12 luglio 2016

Ricordi di viaggio. Sardegna in bici, 1991 - Il villaggio fantasma di Ingurtosu.



Il viaggio in bicicletta fatto in Sardegna nell'estate del 1991, all'età di diciannove anni, rimane ancora il più bello della mia vita. In questo racconto ne rievoco una delle pagine più affascinanti: la fermata nel villaggio fantasma di Ingurtosu, tra rovine di miniere ed edifici abbandonati, dove ebbi l'onore di conoscere e venire ospitato da gente meravigliosa.

Tempo di lettura: 6 minuti.






     Il 12 Agosto 1991, dopo oltre due settimane di viaggio attraverso la Sardegna, le ruote della bici iniziarono a girare su strade sterrate e polverose, in un paesaggio tutto nuovo. Avevo già visto scogliere, nuraghi, mandrie, paesaggi brulli e desolati; ero stato ospitato da gente meravigliosa che mi aveva aperto la porta. Ma era adesso, in prossimità delle miniere della costa occidentale, che l'avventura sui pedali entrava davvero nel vivo.

     Dopo aver lasciato Marina di Arbus, ultimo avamposto “civilizzato”, attraversai una specie di deserto sabbioso solcato da un torrente, il Rio Piscinas. I rari turisti mi videro guadare il corso d’acqua a piedi scalzi, sorreggendo la bici e i suoi bagagli. Poco oltre giunsi alle rovine della laverìa di Naracauli, consistente in una serie di edifici industriali consumati dal tempo, dove il minerale veniva liberato dalle scorie. Il paesaggio delle miniere mi affascinava, esercitava su di me un’attrazione irresistibile. Mi affacciai a gallerie chiuse da cancelli arrugginiti, respirandone l’aria umida e misteriosa, esplorai altri edifici abbandonati aggirandomi estasiato per l'intera mattina tra rottami e rovine di un passato minerario.


     La strada in terra battuta mi portò su a Ingurtosu, il villaggio fantasma. Scattai una foto all’ingresso del paese, poi mi inoltrai verso il “centro”. Questo consisteva essenzialmente di un ospedale, di un minuscolo ufficio postale, di un edificio con l’insegna “Sali e Tabacchi” affacciato su un piccolo spiazzo e nulla di più. Un grande albero di gelso proiettava la sua ombra sulla piazzetta. Mangiai qualcosa sulle gradinate mezze rotte dell’ex ospedale e ne esplorai gli stanzoni, ingombri di vecchie riviste, scartoffie e innumerevoli radiografie. Un’ora prima erano passati altri quattro ciclisti in viaggio, i quali dopo aver sostato qualche minuto proseguirono verso la costa, sostenendo che a Ingurtosu non c’era nulla di interessante.
     Io rimasi, deciso a trascorrere la notte nel villaggio. Alle 16 bussai alla porta della Tabaccheria. Rispose una donna da una finestra al primo piano. In breve, domandando un posto dove collocare la tenda, fui invitato a salire in casa, dove conobbi i suoi due figli con i quali feci subito amicizia. Per quella sera fui ospite a cena in casa loro, quindi mi sarei accampato nei pressi di un edificio abbandonato, a breve distanza.
Conobbi anche il padre, un ex minatore che aveva trascorso la vita a lavorare nel buio delle gallerie e dei pozzi di Ingurtosu, e durante la pensione aveva gestito la Tabaccheria, fintantoché le miniere erano ancora funzionanti e il paese popolato. Era un tipo magro, di poche parole. Quando mi guardava, mi metteva soggezione.



     Trascorsi a Ingurtosu tutta la giornata successiva, in compagnia dei due figli S. e R. che mi fecero visitare qualche miniera in tutta sicurezza. Mi avvertirono dei pericoli disseminati nel territorio, ad esempio di pozzi di aerazione che si aprivano improvvisamente sotto i piedi, mal coperti da tavole di legno logore. Alcuni pozzi minerari verticali, dissero, erano tremendamente profondi, arrivavano sino al livello del mare. Non mancarono di menzionare gli innumerevoli incidenti legati a quell’attività, appresi dai racconti di loro padre. La seconda sera fui ospitato ancora nel villaggio; dormii in un vero letto, nella casa di un giovane impiegato del minuscolo quanto deserto ufficio postale, anche lui appassionato di sport e bicicletta.

     Il mattino successivo arrivò il momento dei saluti; mi congedai da tutti, caricai i bagagli sulla bici e salii in sella per andarmene. Venni fermato dall’anziano ex minatore, sulla soglia della Tabaccheria. L’uomo iniziò a scavare per terra, in un punto preciso segnalato da un piccolo pezzo di legno. Tirò fuori un minerale, una pietra luccicante. Nel donarmelo, mi disse che si trattava di Piombo argentifero; fu lieto di posare insieme a me per una foto con l’autoscatto, poi rientrò a casa.




     Iniziai a pedalare verso il mare. In breve il piccolo paese silenzioso scomparve alla vista; le sue miniere, gli edifici abbandonati, la piazzetta, tutto ciò che avevo visto e vissuto in quel giorno di sosta, lasciarono il posto alle montagne costiere e infine al mare graffiato da un forte vento di Maestrale. Il viaggio continuava; un’altra settimana sui pedali e avrei raggiunto Cagliari.







     Tornai un’altra volta a Ingurtosu nel Maggio del 2002, e cercai quella famiglia che mi aveva ospitato. Uno dei due figli passeggiava sulla piazza deserta, mi riconobbe e si ricordò di me. Gli donai copia della foto con suo padre, ricavata dalla diapositiva che avevo scattato quella mattina di undici anni fa. Mi informò che l’ex minatore, suo padre, era deceduto alcuni anni addietro.

     Il villaggio non era più silenzioso come quando ero passato io; era animato da ruspe rumorose e pieno di cantieri; l’ospedale era stato ristrutturato, la strada pure. Erano arrivati dei fondi per la creazione del parco minerario, e li stavano impiegando. Ma nulla sarebbe stato più come prima. Come al tempo delle miniere, intendo dire.

Ricordo la fermata a Ingurtosu, e la sua gente, tra le più belle pagine di viaggio che ho scritto, indelebili, nella mia vita.