"Ogni pietra è come un'isola alla quale aggrapparsi"
Il 27 Ottobre del 1811 ebbe inizio sul fianco est dell’Etna
una spaventosa eruzione. L’attività iniziò all’interno della Valle del Bove e
proseguì per 180 giorni, con l’emissione di fontane di lava fino a un
chilometro di altezza e le ceneri trasportate dal vento addirittura sino a Malta. I piccoli
centri abitati furono risparmiati perché la velocità delle lave risultò
piuttosto lenta e il magma incandescente non potè mai coprire troppa distanza.
Il cono vulcanico che ne risultò fu chiamato Monte Simone in omaggio a San
Simone, il cui festeggiamento cade appunto il 28 Ottobre di ogni anno.
Oggi Monte Simone è uno dei centinaia di crateri spenti
disseminati su tutto il territorio dell’Etna. Circondato a sua volta da colate
laviche recenti, probabilmente finirà a breve (?) seppellito sotto nuovi strati
di lava. Da anni progettavo di raggiungerlo, e finalmente insieme a un caro amico
appassionato di escursionismo ci siamo calati all'interno della Valle del Bove e lo abbiamo toccato. Forse saremo le ultime
persone ad averci messo piede, vuoi perché calarsi nella valle non è impresa
facile, vuoi per il motivo detto prima.
Questo pertanto è un racconto un po’ speciale. Dietro le
foto, che sono costate fatica – prima, durante e dopo – c’è tutta la mia
reverenza di fronte a un ambiente naturale, l’Etna, assolutamente
straordinario. Ma è anche la testimonianza di quanto valga l’amicizia. E’ stato
bello e insieme terribile avanzare insieme a Luigi sulle lave e poi affrontare
la risalita faticosissima dell’orlo della Valle del Bove. Ringrazio perciò
questo amico che ha avuto l’animo di accompagnarmi in questa piccola “follìa”.
“Forse quando avremo ottant’anni ci ricorderemo di questo
momento”
-
“sì, ce ne ricorderemo; forza, guadagniamo quell’altra
roccia”.
in alto: il profilo di Monte Simone, m.2086 ripreso con il teleobiettivo
dal crinale settentrionale della Valle del Bove.
Parto da casa alle 3 e un quarto di notte. Devo valicare i
Nebrodi e arrivare a Randazzo, sul versante nord dell’Etna. Con Luigi ho
appuntamento lì. Percorro pigramente decine di chilometri nel buio dei boschi
senza incontrare nessuno. Anche Randazzo è ancora addormentata. Insieme ci
rechiamo sul lato est dell’Etna e lasciamo le auto sul piazzale del rifugio
Citelli, a 1700 metri circa di quota.
Iniziamo a percorrere a piedi il sentiero che porta al
crinale settentrionale della Valle del Bove. L’alba ci sorprende nei pressi di
un torrente stagionale colonizzato dalle betulle dell’Etna. Facciamo una breve
sosta alla grotta di Serracozzo, un tunnel di scorrimento lavico
particolarmente elegante perché caratterizzato da una volta molto alta. Quindi,
dopo un altro po’ di cammino, giungiamo sull’orlo della valle.
L'interno della grotta di scorrimento lavico di Serracozzo. |
Immaginate una conca immensa chiusa per due lati da pareti a
strapiombo, da un altro lato su cui imcombe il ripido fianco est della sommità dell’Etna e infine
aperta verso la costa, a levante. Un oceano di lave che vi si sono riversate da
millenni e in mezzo, due antichi crateri: il Monte Centenari, lontano e quasi
sepolto, e il Monte Simone, che è quello che vogliamo raggiungere. Più in alto
si scorge ciò che resta di Monte Ritmann, ormai quasi cancellato e attraversato
da un fiume di lava solidificata proprio nel mezzo.
Scendiamo nella valle facendo la massima attenzione a non
provocare frane e a non cadere noi stessi. Non è un semplice canalone sabbioso
e ci sono massi sporgenti da tutte le parti. La pendenza è tale che sembra di
venire risucchiati sul fondo, verso il basso, sempre più giù. Sino a che
tocchiamo terra.
in alto: la discesa verso la Valle del Bove;
in basso: raggiunto il fondo della valle, ci muoviamo verso
l'antico cratere
Essere qui, nella Valle del Bove, al cospetto di queste
pareti rocciose che sono un atlante di geologia, mi procura emozioni uniche. E’
un mondo surreale, inospitale e affascinate al tempo stesso – un mondo a parte.
Risaliamo il plateau sino a portarci all’altezza del fianco di Monte Simone.
Duecento metri di pericoloso cammino sulle rocce instabili di un letto di lave
recenti ci separano dal cratere. Lo aggiriamo da dietro e infine ne guadagniamo
la sommità. Siamo arrivati.
in alto e seguenti: le riprese ravvicinate, forse le ultime
della sua storia, del cono vulcanico di Monte Simone.
Siamo al centro di tutto e di nulla. Banchi di nuvole si
avvicendano su quest’oceano nero, sfiorandolo. Appare ogni tanto la cima dell’Etna,
azzurrognola contro un cielo di cobalto. Faccio le mie foto, scherziamo,
mangiamo qualcosa e infine andiamo via. C’è da superare lo scoglio più duro: la
risalita della parete settentrionale. Solo duecento metri di dislivello, ma con
una pendenza a 45 gradi, su sabbie nere dove il piede affonda e circondati da
massi colossali che non vedono l’ora di franare. Risalire è lottare duramente
contro la gravità. Sembra che il corpo pesi il triplo, non avevo mai provato
questa sensazione. Luigi è distante da me qualche decina di metri, ci facciamo
coraggio, lanciando battute che risuonano surreali, grottesche. Ogni dieci
metri i polmoni chiedono fiato con avidità inaudita e siamo a metà strada dal
crinale.
Meglio non guardare sotto. Un abisso nero che non ce la
farei mai a risalire di nuovo. Traccio una rotta per aggirare un’area di rocce
quasi verticali dove resteremmo bloccati. Pieghiamo un po’ a sinistra e
avanziamo ancora contro questo muro. Ci aggrappiamo alle pietre, a tutto ciò
che sembra solido e costituisce una piccola isola dove riposare un attimo.
Infine vedo una specie di valico. Qualche decina di metri ancora ed è fatta.
E’ fatta, sì ! Siamo di nuovo in cima. Appena in tempo:
arriva una nuvola e la valle si riempie di nebbia fitta che certamente non ci
avrebbe incoraggiato. Una stretta di mano, poi la discesa verso il rifugio, tra
le betulle e i faggi che caparbiamente crescono sull’immenso vulcano.
Cala la sera. Io passerò la notte al rifugio; domani farò un
giro fotografico ai crateri Sartorius e a Piano Provenzana, che si trovano
nelle vicinanze. Luigi va via e ci salutiamo.
Sono l’unico ospite del rifugio. Una doccia, una bella cena
in una sala di legno dove sono appese le foto dell’Etna. Dalla finestra della
stanza si vede un bosco di betulle e in lontananza il mare. Le luci dei paesi
che si accendono sulla costa sono l’ultima cosa che vedo in questa giornata
davvero speciale.
A domani -
Le informazioni sui crateri spenti e la loro storia le ho reperite nel documento 'Oronimi etnei - Il nome dei crateri dell'Etna' di G.Tringali, Bollettino Accademia Gioienia di Scienze Naturali, Catania 2012.
Un lavoro documentativo possente e interessantissimo. Mi complimento con l'autore.
NOTE PER L'ESCURSIONISTA.
Questa escursione non è uno scherzo e non è per tutti; scendere e risalire le pareti settentrionali della Valle del Bove è abbastanza pericoloso. NON ANDATE DA SOLI. La risalita richiede un impegno fisico notevole sia in termini di fiato che di muscoli; gambe e schiena vengono messe a durissima prova. Il pericolo di provocare frane e caduta di massi è molto alto: disallineatevi sia in salita che in discesa ! Niente acqua all'interno della valle e visibilità zero in caso di nuvole basse o maltempo: NON SOTTOVALUTARE IL METEO.
Per l'eventuale pernottamento si può utilizzare il Rifugio Citelli. Struttura degli anni Trenta rimessa a nuovo, cibo abbondante e personale gentile. Vista grandiosa dalle stanze rivolte al mare, da cui - stando a 1700 metri di quota - si gode lo spettacolo dell'alba.
Le foto sono soggette a Copyright.
L'uso diverso da quello strettamente personale
non è consentito.
Arrivare qui mi è costato denaro e fatica,
e nella vita non ci sono pasti gratis.
Se volete delle immagini, me lo chiedete e ne discutiamo.
Articolo davvero bellissimo di un'esperienza senz'altro memorabile.Se devo fare un appunto, forse un pò esagerato quanto citi che probabilmente sarai l'ultimo a vederlo, il monte Simone è ancora li esattamente come l'hai visto tu e sino al 2020 è stato oggetto di tante foto ed escursioni, invece in questo momento, causa eruzione, non è accessibile
RispondiEliminaHai ragione. Tuttavia il cratere di M.Simone e altri coni avventizi che hanno la "sfortuna" di trovarsi entro la v.del Bove sulla rotta delle colate laviche, hanno - diciamo - i decenni contati. Le lave li circondano, ne abbassano la quota relativa e li seppelliscono a poco a poco. Monte Centenari ad esempio é quasi scomparso. Un'intera collina che emergeva coperta di faggi a nord di Acqua Rocca d.Zappini è sepolta sin dal 1992 analogamente al rifugio G.Menza.
EliminaGrazie - un caro saluto
Vorrei chiederti un'informazione, visto che al tuo contrario purtroppo non ho mai avuto modo di addentrarmi nella valle del bove, ci sono limitazioni o puoi riuscire ad arrivare pressochè in tutta la valle?ad esempio in momenti non eruttivi è possibile riuscire ad arrivare al monte centenari o ci sono comunque limitazioni fisiche o del prefetto?Un caro saluto anche a te
RispondiEliminaFammi parlare con l'amico Luigi e poi ti rispondo con esattezza.
EliminaIn periodi non eruttivi esistono diversi sentieri che raggiungono vari oggetti all'interno della Valle. Es.il sentiero che da Case Pietracannone conduce a Rocca Musarra o a Monte Centenari (quasi scomparso). La pioggia di cenere e lapilli recente ha anzi colmato in modo naturale le asperità di detti sentieri.
EliminaIl discorso é diverso se non si percorrono le tracce esistenti. Lave a banchi piatti come quella del '92 sono relativ.facili da passare; lave recenti scabrose e accidentate sono molto più infide. Rompersi un piede o una caviglia e trovarsi da soli può portare a guai non da poco.
Allo stato attuale la V.del Bove è interdetta all'escursionismo libero, indipendentemente da criteri di quota. E dato che ogni tanto rotolano giù massi grandi quanto un pullman, si tratta di un divieto giustificato.
Ti ringrazio tantissimo, sei stato di enorme aiuto!Ancora complimenti per il blog, continua così!
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