lunedì 16 novembre 2020

Campagna olive 2020.

 

 


 

 

La campagna è ammantata di verde - erba nuova, ancora bassa. I noccioli stanno perdendo le foglie e il grande noce vicino l'orto è tutto giallo. Stamattina ho smontato l'impalcatura per i pomodori, ancora visibile nella foto in basso:

 

 



 

Iniziano a maturare i mandaranci; le rare arance bianche pendono dagli alberi; i limoni attendono la concimazione. In basso, la grande quercia contempla il mare in lontananza.


L'albero di arance bianche, cultivar rara


Uno dei nostri venti limoni in attesa di concimazione


La grande quercia nella parte bassa della proprietà



Quest'anno è stato fortunato anche per gli ulivi; le piante erano abbastanza cariche. I cinque grandi alberi che ho potato l'anno scorso più altri quattro nella parte alta - non potati - ci hanno dato litri di prezioso olio, ottenuto lavorando in tandem con i miei vicini dalle 6 del mattino alle 17 per due giorni. 





Sopra: i nostri alberi di oliva varietà Minuta dei Nebrodi. Si tratta di un'oliva dalla bassa resa ma acidità praticamente nulla, particolarmente ricca in polifenoli e vitamina E.

In rete ho reperito un'ottimo articolo in questa pagina, dove si pone giustamente l'accento sulla difficoltà di raccolta, spesso e volentieri effettuata in terreni scoscesi.




In alto: prima della raccolta ho riempito cinque barattoli da 1 Kg con olive scelte, particolarmente grandi, per la conservazione in salamoia


sotto: la parte alta del terreno con i quattro ulivi in zona scoscesa da cui abbiamo ottenuto tre sacchi:




L'albero più in alto di tutti, non potato, da cui non avevamo mai raccolto


Ho portato le olive al frantoio intorno alle 16. Regnava un gioioso caos: muletti impazziti, fuoristrada in arrivo con il bagagliaio carico, camion che ripartivano, gente che urlava per farsi sentire al di sopra del fracasso dei motori della coclea e della supercentrifuga. Anziani contadini che andavano via con i bidoni d'olio e un sorriso stampato in faccia come quello dei bambini. L'atmosfera che pervade un frantoio nei giorni di picco di raccolta è indescrivibile - bisogna viverla.

Ho conferito in totale 150 Kg di olive da cui, un'ora e mezza dopo, sono usciti 17 litri di prezioso, meraviglioso, olio.

 







in alto (foto di scarsa qualità scattate con lo smartphone): pesatura, centrifuga e uscita del prodotto; invece di portare a casa l'olio in un bidone di plastica ho disposto che fosse versato direttamente nelle lattine d'acciaio da 5 litri l'una con contrassegno per uso alimentare.

Ci tengo a sottolineare che questa campagna di raccolta è stata fatta in totale autonomia senza impiego di aiuti esterni - raccoglitori, operai ecc.; disporre le reti, bacchiare i rami, togliere le reti, spostarle altrove, riempire i sacchi, movimentarli, rimettere a posto tutto il materiale, fare insomma chilometri in tutte le direzioni per 8 ore di seguito non è stato un passatempo.

Sono grato al mio corpo per quello che mi ha concesso e orgoglioso del mio olio e dei miei alberi. Anche questa volta è stata un'emozione.

 












19 commenti:

  1. Wow, chissà che buono il vostro olio!

    Invece: la penultima foto, un olivo centenario?

    Buona serata :)

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    1. Sì l'olio è ottimo e di scarsa deperibilita' a differenza di altri oli molto più fruttati ma inservibili dopo 8 mesi-1 anno.
      L'ulivo citato é uno degli ultracentenari - tempo fa un forestale venuto da noi li aveva valutati in 300 anni.

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  2. Non ho mai visto un frantoio in funzione quindi domande:
    - l'olio viene estratto dalla polpa o dal nocciolo? Da entrambi? Sono due olii diversi?
    - Capisco che facendo cadere le olive scuotendo i rami necessariamente raccogli tutto quello che cade ma le foglie, ad esempio, incidono sul sapore dell'olio?
    Oppure c'è qualche tipo di filtro nel frantoio che seleziona le olive? Immagino che non vengano lavate.
    - Cosa ne fanno di quello che resta dalla prima spremitura?
    (se hai conferito 150kg e ti hanno dato 17l significa che gli sono rimasti oltre 130k)
    Lo rispremono per fare olio di qualità inferiore? Poi alla fine il residuo?

    Accessoria: vedo che gli olivi si riproducono per talea, se tu ne volessi piantare altri, quanti anni ci metterebbero per produrre delle olive?

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  3. l'olio viene estratto dalla polpa o dal nocciolo? Da entrambi? Sono due olii diversi?
    - l'olio desiderabile viene estratto dalla polpa; dal nocciolo è possibile estrarre chimicamente con esano o solfuro di carbonio CS2 un olio meno desiderabile e considerato un sottoprodotto, detto "olio di sansa".

    Capisco che facendo cadere le olive scuotendo i rami necessariamente raccogli tutto quello che cade ma le foglie, ad esempio, incidono sul sapore dell'olio?
    - le foglie vengono separate dalle drupe (olive) nella prima parte del processo tramite scuotitori e ventilatori; occorre comunque allontanarne più che si può prima di conferirle per evitare intoppi meccanici temporanei ma fastidiosi;

    Oppure c'è qualche tipo di filtro nel frantoio che seleziona le olive? Immagino che non vengano lavate.
    - dei ventilatori e scuotitori separano foglie e rametti (deramifogliatrice, prima fase). Le olive vengono lavate sotto un getto laminare e continuo d'acqua;

    Cosa ne fanno di quello che resta dalla prima spremitura?
    - Ignoro gli accordi. L'utilizzo è come concime o combustibile. Oppure viene conferito in discarica come rifiuto ad alto COD (domanda di ossigeno chimico), e come tale immagino pagherà una tassa elevata;

    Lo rispremono per fare olio di qualità inferiore? Poi alla fine il residuo?
    - v. risposta precedente

    In sintesi il processo è:
    - seprazione meccanica di foglie e rami
    - lavaggio
    - frantumazione
    - gramolatura (rimescolamento per rompere le emulsioni di acqua e olio)
    - centrifugazione per separare la sansa dal mosto oleoso, a sua volta separato il olio e acqua di vegetazione

    Accessoria: vedo che gli olivi si riproducono per talea, se tu ne volessi piantare altri, quanti anni ci metterebbero per produrre delle olive?
    - almeno sette anni

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    1. Grazie, vedi che non si finisce mai di imparare?

      Concludo che il frantoio è un marchingegno molto più sofisticato di come me l'ero figurato. Sarebbe interessante studiare come era un frantoio pre-industriale, magari da quelle parti ne esiste ancora qualcuno. Più o meno le fasi saranno state le stesse ma fatte a mano con leve e ruote, invece che con motori elettrici. I mulini del grano erano mossi o da una ruota nell'acqua o dal vento o, credo, dagli animali. I frantoi antichi invece? Lo stesso?

      La faccenda dello "olio di sansa" è oltremodo interessante perché mi ha portato a scoprire che lo stesso procedimento che hai descritto si usa per cavare l'olio da tutti i semi, cioè tutti gli oli di semi sono ottenuti tramite procedimento chimico che impiega solventi. Ingenuamente mi ero figurato che bastasse la spremitura del seme. Infatti mi sono sempre chiesto che razza di pressione servisse.

      Pare che a seconda del tipo di macchine impiegate nel frantoio, si possa separare la frazione umida da quella legnosa della "sansa" e quindi, contestualmente alla prima spremitura, ripetere la spremitura della parte umida, ricavando un qualche olio presumibilmente ancora commestibile (l'olio di sansa pare NON sia commestibile se non aggiunto a olio vergine).

      Ho anche imparato che esistono i "sansifici", pensa te, la prima volta che lo leggo/sento.

      Alla fine di tutto, come hai scritto, concime o combustibile.
      Il "nocciolino" è l'equivalente economico del "pellet" che si usa per le stufe. Economico perché costa la metà e la ragione è che viene venduto con una percentuale di umidità del 30-40%, pensa un po'. Anche questo non l'avevo mai sentito.

      Sette anni non sono un tempo improponibile, forse dovresti provare a piantarne altri, anche solo per il gusto di provarci. Ho visto un vivaio di olivi, c'era un campo tutto coperto di piantine della stessa medesima altezza. Pare non sia difficile la talea, si usa un rametto piantato in una terra molto drenata con solo due foglioline in cima.
      Pare, forse. Il ranchero sei tu. :)

      PS, non tornare.

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    2. Ho imparato un'altra cosa. Negli anni '80 i frantoi sono stati dichiarati dalla Cassazione "opifici inquinanti", adesso non so la dizione esatta, per via delle "acque di vegetazione" che prima di allora venivano scaricate nelle fogne o semplicemente nelle acque superficiali. Esistono metodi di depurazione ma sono economicamente insostenibili. Allora, a parte varie sanatorie, la soluzione attuale è versare le acque di scarto sui campi, perché pare che inquini meno di versarle nell'acqua. Per inciso, credo sia la stessa cosa che si fa coi residui dei depuratori fognari.

      Cito:
      "L'acqua di vegetazione smaltita nei terreni ha inizialmente un effetto rinettante sulle erbe infestanti e blandamente antibiotica per l'azione dei polifenoli. A questo si aggiunge l'inquinamento atmosferico a causa dei cattivi odori emanati dai reflui oleari (chissà che odore hanno, ndr) e la possibilità d'inquinamento delle falde acquifere. Dopo un periodo di 5-6 mesi si evidenziano gli effetti positivi sulla fertilità fisica del terreno, dovuti all'umificazione, e, sui terreni in cui sono state smaltite le acque di vegetazione, le piante mostrano un maggior rigoglio vegetativo, dovuto all'azione fertilizzante dei reflui. Va tuttavia precisato che le conoscenze in materia sono ancora in via di sviluppo, nonostante la ricerca si occupi di questi aspetti fin dagli anni ottanta."

      Non mi torna tanto l'effetto antibiotico dei polifenoli (che mi dicono essere poco biodegradabili) con il successivo effetto umificante, che presumo dipenda dai batteri, comunque boh, ogni cosa che sembra banale invece dietro ha millenni di tecnologia interessantissima.

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    3. I mulini del grano erano mossi o da una ruota nell'acqua o dal vento o, credo, dagli animali. I frantoi antichi invece? Lo stesso?
      - certamente; i frantoi siciliani erano mossi dagli asini, innumerevoli. Basta affacciarsi dalla finestra della mia casa in campagna e di oliveti ne vedo a centinaia in ogni direzione. In passato solo in questa contrada vivevano mille persone che si occupavano di ogni singolo albero. Di frantoi (in siciliano: "trappèti") ce n'erano sparsi ovunque - e uno di questi in abbandono e con la ruota in pietra ancora all'interno si trova ad appena cento metri dal ns. cancello.

      Tempo fa per caso venivo a sapere che frantoi oleari erano presenti anche al nord Italia lungo la attuale "ciclabile" Monza-Erba. La cosa appariva singolare dato che l'ulivo è un'essenza mediterranea e al nord esiste una "cultura" del burro più che dell'olio - ma pensandoci bene questi frantoi padani lavoravano le olive provenienti dalle isole climatiche localizzate sui laghi più a monte. Oliveti che esistono ancora oggi.

      PS, non tornare.
      - per adesso NON ho nessuna intenzione di tornare.

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    4. Bisognerebbe approfondire la storia dell'agricoltura e dell'allevamento ma a naso direi che la differenza più importante tra la Lombardia e la Sicilia o il Meridione in generale è un modello di agricoltura intensiva su piccoli appezzamenti contro un modello di agricoltura estensiva sul latifondo. Il problema del latifondo è che l'aristocratico proprietario lo da in gestione ad un fattore e se ne disinteressa, questo facilita le mono-culture, investimenti minimi e quindi produttività relativamente bassa. Poi certo, le condizioni climatiche, i terreni e la disponibilità di acqua sono diversi. Comunque penso che la famiglia che viveva sulla terra che adesso possiedi si trovasse in condizioni abbastanza migliori di una famiglia che viveva in Valsassina o in una delle valli minori del Lecchese o del Comasco, quelli campavano di niente, qualche gallina e castagne, non c'era altro. Forse qualcuno aveva una mucca o due maiali, che rappresentavano già un capitale. Però Renzo Tramaglino dei Promessi Sposi ha una proprietà simile alla tua e non vive solo di quella, la sua professione è il tessitore. Torniamo al discorso del latifondo, la fortuna relativa della Lombardia erano le manifatture, tessiture, tintorie e lavorazione del ferro. Dalle montagne si estraevano con una incredibile tigna piccole quantità di metallo che venivano portate a valle e lavorate. Nelle campagne si coltivava oltre il foraggio per le bestie e i grani per la polenta anche il gelso per allevare i bachi da seta. Quindi una famiglia poteva integrare il poco che ricavava dalla terra e dalle bestie con queste attività legate alla manifattura.

      Hai ragione per l'olio lombardo, se vai a Como e risali la riva sinistra verso l'alto lago, vedi un sacco di olivi. Un sacco relativamente al poco spazio disponibile su quelle rive scoscese. Sul Garda probabilmente ce ne sono o ce n'erano di più. Una volta esisteva una economia delle piccole cose che adesso è impensabile, come dicevo a proposito delle miniere. Pensa ad esempio alla pesca dei "misultini" sul Lago di Como, che è una pesca stagionale eppure una volta era un po' come la pesca del tonno, ci campava sopra un sacco di gente e il pesce veniva lavorato e conservato. Io l'ho mangiato un paio di volte e non mi è piaciuto granché. Non mi piace nemmeno la casseoula, troppo grassa, eppure era il piatto delle grandi feste per i poveri.

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    5. > olio desiderabile viene estratto dalla polpa; dal nocciolo è possibile estrarre ...

      Immagino che nella vasca di frangitura vengano messe le olive intere (chi cucina sa che denocciolare le olive a mano richiede parecchio lavoro).
      In tal caso vengono franti sia polpa che noccioli.
      Sembrerebbe impossibile, quindi, avere olio di sola polpa.

      So che in Toscana utilizzano gli scarti della frangitura come massa combustibile con un buona capacità calorica.

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    6. Ciò che è organico e che può sembrare inquinante sui tempi frettolosi degli esseri umani può invece essere una manna per la natura.
      Nessuno si metterebbe nel piatto o nel letto dello sterco eppure da esso si ottiene, in mesi, il letame che rimane ancora, di gran lunga, il migliore concime.
      Anche qui ci vogliono tempo e misura.

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    7. La produzione di olio dalle olive è una cosa abbastanza sofisticata, davvero non credevo.

      Premesso che non si può produrre olio dalla sola polpa perché (!!!) non viene estratto dallo schiacciamento ma dallo sfregamento della polpa contro le parti meccaniche e i frammenti di legno dei noccioli (o "nocciolino"). Lo sfregamento è necessario ad indurre il rilascio di certe sostanze chimiche che poi contribuiscono alle proprietà nutrizionali e organolettiche dell'olio.

      Esistono tecnologie e macchinari del tutto diversi per ogni singola fase di lavorazione e questi ottengono, dalle stesse olive, un olio di caratteristiche diverse.

      La "mola" tradizionale mossa dall'asino pare che sia il metodo meno traumatico e che produce l'olio di migliore qualità ma al prezzo di un rendimento minore. A valle della "mola" ci sono altre fasi, ognuna con le sue peculiarità.

      Per esempio, la dizione ESTRATTO A FREDDO che si riporta sull'olio da tavola sta ad indicare che la macchina che rimescola la pasta uscita dalla fase di frantumazione (o "molatura") per separare l'olio dall'acqua ("gremolatura") opera a temperatura ambiente, cosa che implica una minore capacità di separazione e quindi un minore rendimento di questa fase specifica. Scaldando la pasta in fase di "gremolatura" si ottiene più olio, cioè si rompe più facilmente l'emulsione, al prezzo di un peggioramento della qualità del prodotto.

      Però la pasta che viene dalla "mola" tradizionale presenta poco "emulsionamento" mentre la pasta che viene dalle tremogge moderne ha un olio molto "emulsionato", da cui la necessità di regolare la temperatura in fase di "gremolatura" a seconda della quantità di olio che si vuole estrarre dalla pasta. Quindi credo che tradizionalmente la "gremolatura" non si facesse del tutto e invece si passasse direttamente alla fase successiva, cioè spalmare la pasta sopra dei filtri in fibra naturale che venivano impilati e pressati per separare la parte liquida da quella solida. La parte liquida poi veniva fatta decantare in contenitore o in vasca e cosi l'olio si separava naturalmente dall'acqua.

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    8. Viceversa, dato che la pasta prodotta dalla "molatura" con le tramogge moderne presenta olio molto emulsionato con l'acqua, la "gremolatura" è necessaria e si fa con delle macchine con dentro delle pale elicoidali che rimescolano la pasta ad una temperatura data, idealmente sotto i 30 gradi. Poi invece della pressatura con i filtri in fibra naturale, oggi si usano delle centrifughe simili a quelle usate per scremare il latte. La centrifuga prende la pasta "de-emulsionata" che esce dalla "gremolatura", quindi l'olio è già separato il più possibile e separa definitivamente l'acqua, l'olio e la "sansa", cioè le bucce e il "nocciolino". La separazione non è completa, tanto che a seconda della umidità residua della "sansa" questa poi ha un valore commerciale diverso.

      Quando l'ho letto stentavo a crederci ma agli inizi del Novecento è stata inventata una macchina con un procedimento del tutto diverso. Si chiama "sinolea". Infila lentamente una griglia di lame di acciaio dentro la pasta, poi lentamente le tira fuori, l'olio rimane appiccicato sulle lame, l'acqua scorre via, passa un raschiatore che raccoglie l'olio dalle lame. Pare abbia un rendimento molto basso ma che l'olio prodotto sia della massima qualità per via del minore traumatismo applicato alla pasta rispetto alle altre procedure (mescolamento, pressa e decantazione in vasca o centrifugazione).

      Insomma c'è una grande arte in ogni piccola cosa.

      Riguardo lo smaltimento degli scarti, Lupolibero potrà confermare o smentrire ma penso che disponendoli sul terreno si faciliti l'azione degli UV e dell'ossigeno atmosferico che li degradano in qualcosa di meno tossico. Invece forse disperdendoli in acqua questi entrano cosi come sono nel ciclo alimentare oppure si depositano sul fondo dove non c'è luce e ossigeno e quindi le sostanze tossiche permangono più a lungo. L'azione di degradazione operata dai batteri e dalle piante penso sia più o meno equivalente in acqua e sul terreno.

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    9. La "mola" tradizionale mossa dall'asino pare che sia il metodo meno traumatico e che produce l'olio di migliore qualità ma al prezzo di un rendimento minore.
      - La qualità dell'olio ottenuto in passato con mola a trazione animale non credo fosse elevata, poichè se la fase di molitura poteva anche essere meno "traumatica" tuttavia essa si protraeva molto nel tempo con ossidazione della pasta d'oliva (tempistiche tra l'altro inaccettabili oggi);

      Per esempio, la dizione ESTRATTO A FREDDO che si riporta sull'olio da tavola sta ad indicare che la macchina che rimescola la pasta uscita dalla fase di frantumazione (o "molatura") per separare l'olio dall'acqua ("gremolatura") opera a temperatura ambiente, cosa che implica una minore capacità di separazione
      - In pratica la gramola è un cassone di acciaio con dentro la lunga pala elicoidale e aperto sopra, protetto da una rete per evitare che la gente che bighellona in giro per il frantoio ci metta un braccio dentro restando mutilata. La gramola FACILITA il lavoro alla centrifuga rompendo le emulsioni. Il processo dura 30 minuti e questo tempo è stabilito dal compromesso tra efficacia della separazione e contatto con l'aria (che è indesiderabile perchè la pasta di olive è "nuda"). Non è un caso, inoltre, che nel frantoio si lavori con porte e finestre spalancate proprio per evacuare il calore dei motori e mantenere la temperatura bassa.

      In passato la gramolatura non era effettuata perchè non si conosceva la natura della separazione di fase acqua-olio con il relativo 'diagramma di stato'. Si passava direttamente alla filtrazione su dischi di fibra tessile sotto pressa.
      La morchia oleosa pressata ritornava ancora alla macina e di nuovo sotto pressa. Il tutto ripetuto tre volte.

      Essendo in passato inesistente anche la centrifuga, si contava sull'efficacia della pressa e su una successiva, più o meno lunga, decantazione.
      Un'altra nota sulla gramolatura e la rottura dell'emulsione: in pratica è lo stesso processo che avviene nelle grandi vasche circolari dei depuratori dove il fango è continuamente rimescolato da un braccio radiale con elementi immersi. Lo scopo è separare meglio la frazione grassa dalle acque. O ancora, quando si "rompe la cagliata" del latte con una specie di frusta metallica: si rompe anche in quel caso l'emulsione tra grassi e acqua.

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  4. Da qualche tempo ho dovuto calare con l'olio evo per la mia cistifellea e passare ad altri oli di semi (di vinacciolo, girasole, lino mais).
    Purtroppo RI-leggo qui dell'estrazione chimica con esano o solfuro di carbonio di questi grassi vegetali che non mi pare granché in termini di salubrità.
    Per quanto riguarda i semi di girasole io acquisto un olio bio ottenuto da essi per frangitura.
    Cosa immagino impossibile per i vinaccioli o i germi di mais.

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  5. Ogni stagione concede frutti e gioia per i sensi a coloro che li sanno cogliere!

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    1. Assolutamente vero - se la buona volontà fa la sua parte (soprattutto in estate, quando si ha voglia di tutto fuorchè di sudare).

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  6. Come mai bisogna togliere le impalcature dei pomodori? Non so possono lasciare sempre, per gli anni successivi?

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    1. I pali portanti si deterionano e marciscono sotto la pioggia di tre stagioni. Preferisco spendere un'ora per rimuovere tutto e riporlo al coperto.

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    2. A parte il fatto che i pali marciscono, per quanto ne so (e metto in pratica) bisogna fare ruotare l'orto, dove metti i pomodori quest'anno l' anno prossimo metti altro e così via, altrimenti si impoverisce il terreno, quindi bisogna comunque spostare i pali.

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