mercoledì 23 settembre 2015

Una notte in un cratere spento: Monte Frumento delle Concazze, Etna.




Non poteva esserci modo migliore che recarmi sull'Etna per festeggiare l'equinozio d'autunno, che quest'anno cade il 23 settembre. Ho trascorso una notte in tenda all'interno di un antico cratere spento sul versante est del grande vulcano. Buona lettura.


Qualche nota introduttiva
   Quando immagini l'Etna, pensi a un immenso cono con un paio di crateri in cima, a oltre 3000 metri, dai quali esce vapore, o cenere, o lava nel corso delle eruzioni. Non è tutto. I fianchi dell'Etna sono disseminati a quote variabili di decine e decine di crateri spenti; i geologi li chiamano "apparati eruttivi secondari": essi hanno avuto ognuno la propria storia - e la propria eruzione. La quale, proprio per il fatto di essersi originata a quota più bassa, poteva anzi avere un potenziale distruttivo ancora più elevato per i paesi abitati.

   Il cratere spento che ho scelto per l'escursione ha uno strano nome: Monte Frumento delle Concazze; esso si trova sul versante orientale dell'Etna.
Lo avevo avvistato già l'anno scorso dall'alto dell'orlo della Valle del Bove, da dove appariva semioccultato dalle nuvole:



Nella foto seguente, il cratere è invece ripreso dal basso, ossia dalla strada provinciale che conduce al vicino rifugio Citelli.



   Al cratere di Monte Frumento è stata attribuita con qualche dubbio un'eruzione molto antica, del 1566. Oggi è un colosso di oltre 2151 metri, che ha costituito per me un vero osso duro. Spettacolare balcone orientato sulla costa ionica, questo cratere è il primo dove ho trascorso la notte, e mi ha lasciato indelebili ricordi che adesso condivido in questo spazio virtuale.



Prima giornata.
   Dopo il lungo viaggio in auto attraverso le montagne dei Nebrodi, sono di nuovo in cammino sui sentieri dell'Etna. Un breve tratto di pista nera di cenere mi porta ai piedi di Monte Frumento delle Concazze, che si erge imponente alla mia sinistra. 

   Ai suoi piedi si trova un ambiente unico: i boschi di Betulla dell'Etna, meravigliosi - e come se non bastasse il complesso dei crateri spenti detti Monti Sartorius ( eruzione del 1865 ).

un angolo di bosco di Betulla dell'Etna

i crateri Sartorius, sul versante orientale del vulcano

   Per arrivare in cima a Monte Frumento non ci sono sentieri: si sale e basta. Il cratere è fuori da ogni rotta escursionistica o di sci-alpinismo. I fianchi sono ripidissimi e ricoperti di cenere vulcanica in cui le scarpe affondano e non di poco. Lo zaino pesante fa il resto. In altre parole, mi costa un'immane fatica scalarlo; la cima sembra vicina eppure non arriva mai - mi fermo ogni venti metri e mi rimprovero di non aver scelto una meta più facile.
La vista però è magnifica, e durante le frequenti soste scatto qualche immagine suggestiva.


in alto: foto scattata durante la scalata a Monte Frumento.
Giusto per dare un'idea, sono partito dalla base dei crateri neri
in basso, al centro dell'immagine.


Alle 17 e 30 finalmente, arrancando attraverso una breccia rocciosa, guadagno la cima e la conca craterica. Ce l'ho fatta. 
Mi trovo su un plateau ricoperto da bassi cespugli di astragalo, solitario e deserto, solcato da nuvole, affascinante.


  
   Prima di montare la tenda, esploro l'orlo settentrionale del cratere. Poche decine di metri più in basso si apre lo sbocco di un'antica grotta di scorrimento lavico, dalle gialle pareti di tufo. I panorami sono fantastici, aerei. La pineta di Linguaglossa giace centinaia di metri più in basso, punteggiata da ulteriori crateri spenti e sconvolta in parte da colate laviche di ogni epoca.

lo sbocco di un'antica grotta di scorrimento lavico sull'orlo di Monte Frumento d.Concazze

giochi di nuvole ripresi dall'alto del cratere

banchi di tufo vulcanico sovrastano la pineta di Linguaglossa, sullo sfondo
tramonto sulla grande pineta
ultime luci del giorno sul fianco orientale del vulcano

   L'oscurità arriva tutta a un tratto - il sole è già scomparso da tempo dietro la mole immensa dell'Etna. Riesco a reperire pochi metri quadrati pianeggianti e liberi da vegetazione dove piantare la tenda.

   Su questo antico cratere non sale mai nessuno, non ci sono segni umani. Niente cicche di sigarette o lattine o confezioni vuote di barrette energetiche: è un ambiente assolutamente vergine. Sarà una notte speciale, sulla mia Etna, in un silenzio e in una solitudine assoluti.






Seconda giornata.
   La sveglia alle cinque interrompe strani sogni che stavo facendo; c'è buio e freddo. Ho fatto bene a portare con me il saccoletto per temperature sottozero. La brina ghiacciata sbianca il deserto di cenere attorno alla tenda. Dopo la colazione attendo l'alba chiuso nel saccoletto, ascoltando alla radio l'opera 198 di un compositore barocco, un certo Amilcare Ponchielli, che non avevo mai sentito.

   La sua musica è allegra, quasi da banda di paese; doveva essere uno bel tipo. Strane connessioni fra me e lui, uomo vissuto nell'Ottocento, si stabiliscono attraverso le sue note e le onde elettromagnetiche che me le portano fin qui, in questa tenda isolata nel centro di un cratere vulcanico.







   L'alba illumina il mondo. L'Etna esplode di luce; nel cratere di Monte Frumento brillano contro il sole delle spighe sottili che nascono dall'erba. Un gruppo sparuto di pecore bruca in lontananza, incurante di me.





   Faccio il giro dell'intero orlo craterico. Eppure un segno umano c'è: è un cumulo di pietre con un'asta metallica. Segna la quota topografica di 2151 metri.
Indugio qualche minuto, poi smonto il campo e scendo, facendo attenzione e non scivolare. Dicono che la maggior parte degli incidenti in montagna avviene al ritorno, e questo è un monito che tengo ben presente.

sulla cima di Monte Frumento delle Concazze, m.2151:
l'unico segno dell'uomo è questo mucchio di pietre.


   Di nuovo sul sentiero dell'andata, tra le betulle. La mia escursione si può dire conclusa. Non mi faccio sedurre dai ristoranti per turisti; salgo in auto e guido sino a Randazzo, il paese medievale a metà strada sul percorso sino a casa.

   Qui mi faccio preparare un panino nella solita bottega di alimentari. E apro una lattina di Coca Cola fredda, rinfrescante, favolosa. Mi siedo su una panchina, mangio e bevo.
C'è fresco, 21 gradi. Il cielo è pulitissimo; c'è già la luce dell'autunno - ogni fotografo la ama, la cerca. 

Sono un fotografo, io ? Non lo so: per adesso, qui su questa panchina di ferro in questo paese dell'Etna, sono soltanto una persona molto felice.


Arrivederci Etna.


 un bianco e nero di Randazzo (CT), paese medievale
di pietra nera dove tradizionalmente mi rifornisco per le
mie escursioni nel mondo dell'Etna.


2 commenti:

  1. Una scelta turistica lodevole. Certo che di coraggio ne hai avuto, penso pure che alla base di tutto ci sia una preparazione adeguata e non da poco. Conosco tratti dell'Etna che non distano molto dai percorsi stradali asfaltati e, talvolta, nell'attimo d'una qualche perplessità sull'orientamento, vengo assalito da un senso di panico avvilente. Complimenti!

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    1. Ti ringrazio. Proprio ieri ho fatto un bel giro con un caro amico sul versante ovest del vulcano. Affascinanti boschi e campi lavici.
      Un saluto -

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