sabato 2 novembre 2019

La Dorsale dei Nebrodi in bicicletta, due giorni e mezzo di avventura.















78 chilometri di piste sterrate, sconnesse, solitarie, impegnative anche per il fuoristradista più consumato. Antiche faggete e paesaggi straordinari. La dorsale dei Nebrodi in bici era uno dei progetti che avevo in mente da anni. Diario di un viaggio che ricorderò per tutta la vita.







GIORNO 1
DA FLORESTA A PORTELLA COLLE BASSO



A portella Mitta (Floresta, ME) m.1241
Qui ha inizio ufficialmente la dorsale dei Nebrodi



L'autista del pullman che mi lascerà a Floresta scuote la testa. "E per dormire come fai" ? - "e il bosco? non hai paura del bosco - degli animali" ?

Sì, penso tra me e me. Il bosco, il silenzio rotto dagli ululati; gli animali selvatici. Le antiche ancestrali paure dell'uomo, scritte nel suo dna. A me per adesso basta solo che alla partenza qui da Floresta non ci sia il maltempo che era stato previsto. Il cielo è terso, la luce del sole disegna ombre nette tra le montagne. Sono a portella Mitta al chilometro zero di settantotto. 

Mi fermo a mangiare qualcosa di calorico poco oltre Case Badessa, un grande ovile in piena attività.




I primi chilometri sulla dorsale, in vista delle Case Badessa










L'asfalto già malandato termina definitivamente; inizia la pista sterrata che percorrerò per decine di chilometri. Si sale decisi per portella di Testa e si entra nel bosco.
La faggeta dei Nebrodi mi accoglie affascinante - rossa, gialla, silenziosa.




Fitta faggeta in località Serra Pignataro, m.1661





Appare il grande lago Biviere mentre da nord giungono masse nuvolose che non promettono nulla di buono. Avverto il cambiamento drastico della massa d'aria umida che avanza decisa verso le montagne. Le lontane creste rocciose delle Rocche del Crasto emergono dalle nuvole.



Il lago Biviere di Cesarò incastonato nel cuore
dei Nebrodi, a 1280 metri di quota




I contrafforti occidentali delle Rocche del Crasto,
ripresi con il teleobiettivo




Intorno alle 13 giungo al bel lago Maulazzo, circondato da alberi in veste autunnale. Il tempo regge ancora ma sarà per poco.






sopra e sotto:
due immagini del lago Maulazzo dove mi fermo
brevemente a mangiare qualcosa prima che piova









Oltrepassato il bacino inizia una lunga salita verso portella Femmina Morta, dove incrocerò la statale. Il fondo della pista è realizzato in una sorta di basolato romano altamente dissestato che rende arduo pedalare.
Incontro due stranieri a piedi che vanno nella direzione opposta alla mia cioè verso il lago. Proprio quando ci salutiamo scoppia un boato spaventoso: è il primo tuono che annuncia il temporale.

Inizia a piovere a dirotto  -






in alto e in basso:
in pieno temporale a portella Miraglia, m.1508









Inizia un lungo tratto immerso nel bosco, per fortuna in discesa.
...discesa sconnessa e resa infida dalla pioggia. Sono le 14 e scorgo a lato della pista una tenda esattamente uguale alla mia. Decido di non disturbare e avanzo. Sto pedalando da quasi sette ore e comincio a essere stanco.

A portella Colle Basso scorgo una radura in vista di una cima rocciosa che identifico come Monte Cedro. Un branco di maiali neri fugge alla mia vista; decido di piazzare qui la tenda per la prima notte sulla dorsale.

Sin qui ho percorso 45 chilometri.



L'accampamento nei pressi di Monte Cedro, a m.1340




Visite di cortesia.
(evito di fornire cibo se no questi mi tormenteranno
per tutta la sera...)



Il tempo è quanto mai variabile. Smette di piovere, riprende. Arriva nebbia, si dirada e spuntano le stelle. Ma è alle 3 del mattino che altri tuoni mi inquietano - e fulmini in lontananza. Prego che il nuovo fronte di maltempo si sposti verso est.
Fortunatamente sarà così.







GIORNO 2
DA PORTELLA COLLE BASSO AL LAGO QUATTROCCHI








Una tenue luce azzurra si fa strada a fatica alle 6 del mattino. La tenda è fradicia d'acqua; la ripongo alla bell'e meglio e mi faccio una tazza calda di caffè solubile.

Riprendo a pedalare in dura salita verso portella Calcare. La pioggia ha reso viscida e fangosa la pista, che già di per sè lo era. Gli alberi mi osservano muti; il mio respiro affannoso è l'unico rumore.



Pre-alba del secondo giorno.
Una nebbia fitta e un'umidità spaventosa
avvolgono il campo




Ha inizio una ripida discesa verso la parte di dorsale che non conosco, non avendola mai percorsa prima nè a piedi nè in bici. Da portella Calcare in poi è tutta una scoperta.

Emergo dal bosco su un breve inaspettato tratto asfaltato. Chissà perchè asfaltato (!).
Ed è una sensazione strana, affascinante. La strada è solitaria e immersa in un silenzio surreale; la vegetazione la invade da ambo le parti - sembra di vivere una scena di quei film post-apocalittici in cui la natura riprende ciò che gli uomini hanno abbandonato.

Terminato l'asfalto ri-inizia la pista pietrosa in salita verso portella dell'Obolo, preceduta da un'ampia area attrezzata affatto deserta e con una fontana asciutta sulla quale avevo purtroppo puntato.




Superata portella Calcare pedalo
in un surreale silenzio in uno dei tratti
forse più belli del percorso





Trovo nebbia fitta a portella dell'Obolo, e per fortuna una bella sorgente poco oltre. Questa sezione della dorsale si chiama Sentiero del carbone perchè esso veniva prodotto in questi boschi fino a circa 40 anni fa.



Una sorgente d'acqua freschissima poco a ovest di 
portella dell'Obolo, m.1503




La pista procede verso ovest




A un certo punto occorre per forza di cose abbandonare la rotta "lineare" della dorsale. Essa prosegue in direzione di cime ripide con la qualifica di Sentiero Italia, destinato ai camminatori. Guardando le curve di livello si intuisce che con una bici carica di bagagli non è cimento fattibile.

Il percorso compie allora una specie di by-pass quadrato con perdita e riguadagno di quota.
Forse mi spiego meglio con questa illustrazione:




Nebrodi occidentali: il percorso della dorsale
fattibile in bici è quello tratteggiato; in rosso ho
segnato la sezione di cresta destinata piuttosto ai camminatori.




Questo "quadrato" nord-ovest-sud NON VA SOTTOVALUTATO. La pista si restringe e affronta ripidissime e pericolose discese su fondo dissestato. Si perde violentemente quota sino a 933 metri in prossimità  dell'invaso del torrente Cannella. Si risale in un inferno di pozzanghere e pietrame sino a riguadagnare la dorsale in località Case Mascellino. 

Occorre fare MOLTA attenzione a certi bivii che vanno imboccati nella direzione giusta. Senza localizzazione satellitare e gps si finisce per vagare non si sa dove.





Sopravvissuto al lungo detour mi ritrovo in tratti di paesaggio che in qualche modo rammentano la Scandinavia - oppure bastioni rocciosi selvaggi e bianchi di pietra calcarea.




sopra: atmosfere scandinave




sotto: bastioni selvaggi di calcare




in basso:
ancora due immagini di questa sezione
impegnativa della dorsale dei Nebrodi














Alle 15 riprendo la dorsale vera e propria. Mi fermo a guardare le cime ammantate di boschi che emergono ripide e mi rendo conto della vastità del parco regionale.

Cerco un altro posto dove piantare la tenda e lo reperisco nei pressi di un laghetto denominato Urio Quattrocchi - circondato da querce, panche e tavoli dove non si vede anima viva.



Ormai ho perso il conto delle pozzanghere fangose:
questa sarà la quattrocentesima, forse...?




sopra: il piccolo specchio d'acqua 
dove mi fermo a campeggiare la seconda notte





GIORNO 3
DAL LAGO QUATTROCCHI A MISTRETTA
E SANTO STEFANO DI CAMASTRA


Durante la notte ho sentito i versi più disparati provenire dal bosco di querce adiacente al lago. Ma ho dormito bene; Mistretta è a una decina di chilometri - la dorsale sta per finire.

Il cielo è opaco; suscito la curiosità dell'ennesima mucca, dell'ennesimo cavallo al di là del recinto. Credo che con tutto il filo spinato che si trova sui Nebrodi si possa coprire in lunghezza quattro volte la distanza tra la Terra e Plutone.




 Gli ultimi chilometri sulla dorsale dei Nebrodi,
ormai nel territorio di Mistretta (ME)




Strani pensieri misto di stanchezza e di euforìa. Silenzio.

Campane di greggi.

Il rumore di ferro della catena della bici che stride, avida di olio.

Un'ultima salita.

Sbuca fuori un cartello triangolare sommerso dai rovi: STOP a 150 metri









Questa meravigliosa durissima pista di montagna termina qui. Ecco, è finita. Penso a tutti quelli che avranno vissuto la stessa mia identica emozione alla vista del cartello, pregustando la discesa asfaltata e rassicurante verso Mistretta.
Penso questo e scatto una foto esattamente dove termina la dorsale per lasciare il posto alla statale 117.



Segnale del CAI in località Serro Merio,
dove ufficialmente termina (o inizia se si parte da qui)
la dorsale dei Nebrodi




E' finita (quasi) - km 78 dalla partenza a Floresta






MISTRETTA E SANTO STEFANO DI CAMASTRA,
EPILOGO


103 meno 78 fa 25. Sono i chilometri che mancano per Santo Stefano di Camastra, sul mare. Scendo dapprima verso Mistretta (ME), un comune di circa 4600 abitanti dai bei palazzi di pietra ocra - seicenteschi.





in alto e seguenti:
scorci di Mistretta (ME), m.900


















Veduta di Mistretta





Lasciato il paese riprendo la comoda discesa. Poco traffico e gallerie con finestre laterali, comunque brevi. Perdo tutta la quota oltrepassando Reitano, m.450 e giungendo infine alle 9 del mattino a Santo Stefano di Camastra e alla stazione ferroviaria, a metri zero sul livello del mare.



Il piccolo centro di Reitano (ME),
adagiato su un pendio lungo la strada tra Mistretta e S.Stefano







sopra e sotto:
l'arrivo a S.Stefano e la fine del viaggio




Km 103





Il treno arriva puntuale al binario uno. Mi siedo lato-montagne.
Da queste parti un gruppo di eccentrici artisti contemporanei ha disseminato il territorio di strane opere e di citazioni nei punti più disparati:






Oppure quest'altra, poco prima di Santo Stefano di Camastra:


Il viaggio inizia e finisce con lo stupore.
Esso non sarà mai stato vano.



Ripenso a questa frase e dico che sì, mi piace. 
Le nubi occultano la cresta delle montagne, dove la dorsale aspetta chi voglia sfidarla.

Le mie emozioni sono rimaste lì su quella pista.
Ora tocca a voi.



Lupolibero, 2 novembre 2019








10 commenti:

  1. Percorsi come la dorsale sono alcuni dei motivi per cui siamo tornati in Sicilia. Ricordo quando due anni fà mi venne questa idea durante una notte in bianco a programmare un viaggio all'estero. Mi sembrava il modo migliore per salutare la Sicilia e cercando info ci siamo imbattututi sul tuo blog. Riconosco ogni angolo di quelle foto che hai messo. Sono posti che ho fotografato nella mente e che mai dimenticheró. Ho rivissuto quei momenti leggendo. Ultimamente Facendo vai e vieni da casa sto prendendo coscienza di essere qui...cosí vicino a quelle montagne, e anche se lavoro mi pesa poco perché lo faccio qui e mi sembra di essere in viaggio.

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    1. Possa quella Strada rimanere per sempre nel nostro cuore.

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  2. grazie per aver condiviso con noi le immagini e le emozioni.Complimenti.

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  3. Wow, splendide immagini, e racconto di viaggio appassionante!

    Comunque spero che, seppur tu ami l'avventura, non ti troverai mai in difficoltà per via del maltempo.

    Buona serata :)

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    1. Spero anch'io. Quando i fulmini illuminano a giorno il cielo valgono poco le rassicurazioni "statistiche"...
      Grazie.

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  4. Ma ti è capitato di sentire ,di notte, gli ululati dei lupi?
    Noto anche che metti sempre la tenda al centro delle radure. Mentre per "nascondersi" meglio (da chi?) a me verrebbe da metterla nella boscaglia.

    Una cosa curiosa della Sicilia: ogni 50 km c'è una località che si chiama "femmina morta". Ma ne ammazzavano così tante? Fortunatamente c'è anche una "donna fugata" :D

    Bel giro. Peccato per il meteo.

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    1. Non ci sono lupi in Sicilia; sono stati fatti fuori già dagli anni Trenta. Ogni tanto si sentono ambientalisti fanatici che per sanare il solito senso di colpa 'uomo-cancro del pianeta' blaterano di reintroduzione ma non se ne fa niente: vaglielo a dire alle centinaia di allevatori locali...

      La tenda: in teoria il bivacco con tenda essendo Parco sarebbe vietato ma non essendoci per quasi 80 km ripari adeguati e ufficiali, da qualche parte uno deve pur dormire.
      Piazzo la tenda come l'istinto e l'esperienza mi suggeriscono: a volte in campo aperto, a volte occultato anche ai satelliti della NASA se lo ritengo opportuno.

      In prov. di Catania dove i pastori sono tendenzialmente dei selvaggi mi nasconderei; qui sui Nebrodi dove essi sono dei signori e delle persone miti e ospitali, non mi è mai venuto di nascondermi.

      Il toponimo Femmina Morta mi sono chiesto anch'io da dove deriva ma non l'ho ancora chiarito.
      Il meteo in fondo è stato come volevo: con un po' di pioggia e nebbia a dare il "sale" all'esperienza. E' brutto invece quando già al km zero si parte con una pioggia torrenziale, scoraggiante.

      Il giro della Dorsale è stupendo. Impegnativo, duro, bellissimo. Lo rifarei -
      Adoro la dimensione "estensiva-orizzontale" dei Nebrodi.
      Adoro queste "mie" montagne.

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  5. Un altro splendido viaggio a marchio "LupoLibero", grazie per averlo condiviso!
    Pioggia, nebbia, sterrati, incontri notturni, fatica e soddisfazione... natura&bicicletta, cosa desiderare di più?

    Aspetto la prossima ciclo-avventura ;)

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    1. cosa desiderare di più ?

      qualche volta che ci vediamo ti dico in cosa consiste il famoso "sogno del campeggiatore"........

      :-D :-D :-D

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