giovedì 30 luglio 2015

Il Mulino del Po, una lettura avvincente.



'Perchè sei quello che sei: un credenzone, un bietolone,
se vuoi saperlo, uno che l'infinocchia chi vuole;
e tieni come il vaglio l'acqua.'

CAP.III, LA FINE DEL SAN MICHELE


MI FARA' SBADIGLIARE ?


   A guardarli, certi libri, mettono un po' di soggezione. Quasi 800 pagine, scritte belle fitte. Mi farà sbadigliare ? Ce la farò a completarlo, anzi a iniziarlo ? Perchè dovrei sorbirmi questa lettura vetusta e impegnativa ?
...soprattutto in un'epoca in cui tutto va, deve, essere ingurgitato in fretta, manco la vita avesse un contatore che scatta, scatta, scatta e ammonisce: "sbrigati-guarda-solo-le-figure-che-poi-devi-andare"...

   Il Mulino del Po di Riccardo Bacchelli è un capolavoro assoluto. Che vale la pena leggere dalla prima all'ultima pagina. Comprese le lunghe divagazioni storiche cui indugia l'autore - di immane, altissimo spessore culturale.
Ma non spetta a me scrivere qui una critica, atteggiarmi a letterato, chè letterato non sono -

   Mi accontento di dire solo che quest'opera, e il terzo volume in particolare
( Mondo Vecchio sempre Nuovo ), che narra le vicende umane di una famiglia di molinari fluviali tra la fine dell'Ottocento e il 1918, è appassionante come e più di un film. Profetico, profondo e avvincente.

Un unico rammarico: averlo finito.

 

 

 

domenica 26 luglio 2015

"There are dead flies on the floor !" - Ricordi di Viaggio.



Non cercate di speculare sui "numeri" altrui;
cercate di condividerne i bei ricordi, piuttosto.
Anzi createne di vostri, prima che sia troppo tardi.


tempo stimato di lettura: 6 minuti.


   La Svezia sembrava davvero uscita da un sogno, anzi da un libro delle favole; forse ognuno di noi ha un feeling con una determinata nazione - e io giorno dopo giorno scoprivo di averlo con questo Paese.

   In circa dodici giorni di viaggio sui pedali, con un bagaglio di oltre quaranta chili, avevo fatto fuori l'intera regione meridionale, relativamente urbanizzata e industrializzata. Si moltiplicarono laghetti e fattorie, tutte dalle case immancabilmente dipinte di rosso - più raramente di giallo. Poche auto e colline - colline all'infinito. Le carte geografiche non sempre danno un'idea precisa: verde stampato non vuol dire per forza pianura perfetta !

   Certi giorni ero a terra, fisicamente intendo - malgrado avessi mangiato e riposato bene. Altri giorni, inspiegabilmente, il fisico ( e anche il morale ) andava a mille; potevo macinare oltre cento chilometri ed era come se niente fosse. Alti e bassi fisici e mentali si susseguivano day by day, quasi una metafora delle colline su cui navigavo.

   Quel giorno era nuvoloso ma non prometteva pioggia. Ero da poco nella Svezia centrale e avanzavo lungo una strada solitaria circondata da abeti. Alle 16, ricordo, mi fermai presso un cimitero. I cimiteri svedesi non sono come i nostri, recintati e lugubri; sono autentici giardini, con prati curatissimi e alberi centenari; riposarci ( magari non in eterno ! ) è un autentico piacere.
Seguirono altre due ore sui pedali rimuginando pensieri, ascoltando musica, seguendo l'imperativo di ogni giorno: avanzare.

   Alle 18 decisi che ne avevo abbastanza. Fermai la bici presso un gruppo di case e bussai per chiedere di piantare la tenda nelle vicinanze. feci una decina di tentativi, ma non c'era nessuno - o nessuno volle aprire.
La carta, dopo questo gruppetto di abitazioni, segnava il "nulla", cioè solo boschi e laghi per altre decine e decine di chilometri. Per quanto affascinante, non avevo nessuna voglia di accamparmi in solitaria, anche in considerazione del "pericolo orso". Non volli perdermi d'animo -

   Feci un paio di altri chilometri e scorsi una fattoria isolata, distante dalla strada. Mi avvicinai e vidi un uomo sulla settantina che armeggiava con una motosega che non ne voleva sapere di partire. Gli domandai in inglese se potevo piantare la tenda lì vicino, dopo averlo salutato. L'uomo aveva capelli bianchissimi, sopracciglia folte anch'esse bianche e occhi grigi, nordici, accigliati. Non capiva una virgola di inglese e mi fissò a lungo, con la motosega in mano, per fortuna inerte... Pensai che nel giro di pochi secondi mi avrebbe mandato a quel paese -

   Si allontanò senza proferire parola ed entrò in casa. Un minuto dopo venne fuori sua figlia, una trentacinquenne che parlava inglese, con in braccio un neonato dalla testa enorme, un vero vichingo in fasce. 

"scusi per mio padre, non capisce l'inglese, di cosa ha bisogno ?", disse.
"vengo dall'Italia in bicicletta e volevo solo piantare la mia tenda vicino casa vostra per sentirmi più al sicuro", risposi.

"certo che può restare !"

   La sera e la notte promettevano freddo gelido. A poca distanza avevo scorto una casetta di legno stile sauna, appartenente alla fattoria. L'intera Svezia ne è piena; alle volte queste costruzioni secondarie sono usate come case per gli ospiti, altre volte per uso-sauna o come case per i bambini.

"Se non chiedo troppo, posso dormire nella casetta là in fondo ?"

la ragazza esitò un attimo -

"ma certo che puoi, non te l'ho suggerita perchè il pavimento è sporco, ci sono le mosche morte per terra !"

   Altro che mosche morte - non me lo feci ripetere due volte e mi accomodai. L'interno era tutto rivestito in legno, e quanto al pavimento, non era affatto così sporco. Diedi una scopata energica e cominciai a preparare la cena.
Mezz'ora dopo sentii bussare -




   L'anziano arcigno, finto burbero, entrò con un grugnito e mi salutò con un gesto della mano. Controllò il termometro alla parete e si assicurò che una piccola stufa elettrica che c'era all'interno funzionasse a dovere. Mi indicò un rubinetto dove potevo lavarmi e se ne andò soddisfatto.

   Passò un'altra mezz'ora e bussarono di nuovo. L'anziano e sua figlia mi offrirono un pezzo di torta e mi presentarono un loro vicino: questi aveva circa cinquant'anni, e anche lui parlava poco l'inglese. Capii a fatica che invidiava il mio viaggio, che se avesse potuto sarebbe partito con me, e che sua moglie era scomparsa da poco.
Poi a sorpresa tirò fuori dal portafoglio l'equivalente di 100 euro, che gentilmente rifiutai.
Volle sapere a che ora sarei ripartito l'indomani, per salutarmi.

"alle 7", dissi commosso -

Fu una magnifica, gelida notte svedese, al riparo e al sicuro in quel rifugio odoroso di legna.

   L'indomani ripartii alle 7 in punto, dopo la colazione e la complessa risistemazione dei bagagli. C'erano nebbia e freddo; la brina sui prati della fattoria era tutta congelata.

   Quando la bici mosse i primi metri, vidi che l'anziano mi salutava da dietro il vetro della finestra. Sulla soglia della casa poco distante stava invece il vicino, che in pantofole  e beccandosi un freddo della malora, si sbracciava e mi augurava buon viaggio.

   Iniziai un'altra interminabile giornata sui pedali. La strada era sempre la stessa, solitaria e brumosa. Dove e da chi mi avrebbe portato ?
Non lo sapevo - e francamente adesso come adesso non ricordo più il nome di questa località -

Ricordo solo che quel giorno, i primi chilometri li feci tutti piangendo come un idiota. 



venerdì 24 luglio 2015

Borgo 29. ( il racconto dell'estate )




tempo stimato di lettura: 8 minuti



Era un progetto che rimuginavo da tanto tempo, quello di percorrere a piedi una delle tante ferrovie abbandonate disperse nel nulla dell’entroterra siciliano. Questa era stata costruita agli inizi del 1900, e lasciata in disuso quarant’anni dopo, alla vigilia della guerra. Da allora nessuno se n’era più curato, meno che mai in tempi di crisi come quelli odierni. Rotaie e traversine erano state smantellate da tempo; rimaneva solo il vecchio tracciato, la cosiddetta “area di sedime”.


Di quel tratto ferroviario avevo attinto con avidità notizie dettagliate da un sito web curato da un settantenne di Palermo che minuziosamente, metodicamente e con infinita pazienza e passione ne aveva ricostruito la storia, il tracciato e perfino l’aveva per qualche breve tratto percorsa lui stesso a piedi, documentandola con fotografie e didascalie. Valerio, si chiamava. Lo avevo contattato per email, poi ci incontrammo di persona nella sua città giusto il giorno prima della mia “avventura”, ed era stato felice di conoscermi e lusingato di apprendere che mi sarei recato sul posto, per quell’escursione di due giorni.


Disse un po’ rammaricandosi che il suo sito web riceveva pochissime visite, trattandosi di un argomento ignorato dai più: il genere “abandoned”. Io invece ero affascinato da una vita da borghi e ferrovie abbandonate, erano il mio “pane” da sempre e non vedevo l’ora di percorrere a piedi questa tratta.


Dopo un lungo viaggio in auto, raggiunsi il centro della Sicilia. Era ottobre e la luce era splendida, perfetta per le foto. L’autunno stentava ad affermarsi, ma l’aria era fresca e le giornate visibilmente più corte. Abbandonai l’auto presso una stazione di servizio e mi incamminai a piedi con uno zaino molto pesante, contenente anche il necessario per accamparmi: mi aspettavano quasi trenta chilometri di strada lungo il sedime ferroviario non facilmente praticabile.  Sapevo che sterpaglie, arbusti, crolli e smottamenti, tratti franati e interruzioni che si erano succeduti in settant’anni non mi avrebbero reso la vita facile -


Portavo con me copia delle pagine web di Valerio, più mappe e sovrapposizioni cartografiche reperite su Internet. Intercettai subito l’ex ferrovia grazie alle dritte di Valerio e a una fila di pali telefonici di legno ormai privi di cavo che si susseguivano all’infinito, paralleli alla linea. Guardai l’ora, erano le 9 del mattino, e iniziai a camminare. Come sempre, ci volle parecchio tempo perché la schiena si abituasse al fardello – e notai strada facendo, che il paesaggio era piuttosto monotono, non era come mi aspettavo. Dopo una sosta per mangiare qualcosa, indugiai un’ora nei pressi di un viadotto a tre luci semi-crollato e proseguii per tutto il pomeriggio, finendo per accamparmi nei pressi di una piccola stazione invasa dai rovi, anch’essa ovviamente in disuso. Per quel primo giorno era abbastanza, avevo percorso più di venti chilometri.


Il mattino seguente ripresi un po’ di malavoglia il cammino lungo l’ex ferrovia. Il tracciato adesso era in leggera salita e compiva delle lunghe curve ad “S” attraverso colline spoglie; poi iniziarono le gallerie. La prima di queste aveva l’ingresso sbarrato da un cancello metallico, e dovetti perdere mezz’ora per aggirarla, tra rovi e altri ostacoli, imprecando. La seconda era aperta e percorribile – dall’ingresso scorgevo la luce dell’uscita – e in effetti finii per percorrerla piuttosto velocemente, anzi a gambe levate, dato che un enorme cane bianco da pastore mi aveva avvistato a cento metri di distanza e si era preso la briga di inseguirmi.


All’uscita della galleria, ancora sconvolto per la corsa e con l’adrenalina in corpo per la paura, impiegai un po’ ad accorgermi che il paesaggio era cambiato: il tracciato ferroviario esisteva ed era anzi quasi completo – degli operai stavano fissando con grossi bulloni le traversine di legno ai binari; i pali telefonici sembravano meno vecchi, nuovi addirittura, ed erano provvisti di cavo; ma era il cielo che aveva qualcosa di strano: la luce non poteva essere quella di fine ottobre, era una luce abbacinante, estiva. Anche le colline tutt’attorno erano gialle, di seminativo alto e maturo - 


Avanzai e salutai gli uomini al lavoro, che risposero con un cenno della testa. Poco lontano giaceva un minuscolo borgo sulla sommità di una collina ventosa – doveva essere il villaggio destinato ad ospitare gli operai nel corso dei lavori. Lo raggiunsi e ci trovai solo donne, affaccendate in vari mestieri. Avevano vestiti stranamente pesanti e di foggia vecchia, polverosa. Il villaggio aveva una disposizione a croce, con una piazzetta centrale in terra battuta. Una ragazza mi salutò e mi chiese da dove venivo –


-          “Vengo dalla galleria, cioè ho percorso a piedi tutta l’ex ferrovia”, le risposi.


-          “Non sei il primo, alcuni di quelli che escono da quella galleria, finiscono per rimanere qui”.

-          “Qui dove ? dove siamo esattamente ?”

-          “Siamo a Borgo 29. Si chiama così perché la ferrovia è lunga 29 chilometri, e questo è l’ultimo”.

-          “Ma la ferrovia non è in disuso da più di settant’anni ? Non è un’ex ferrovia?”

-          “Ex ? che vuol dire ‘ex’ ?”

-          “Vuol dire che è una ferrovia abbandonata”, spiegai -


Mi guardò perplessa, aveva gli occhi chiari, allegri, ma nelle labbra, sottili, c’era un accenno di tristezza, come quella nota appena accennata di avvizzito che si riscontra nei fiori appena un attimo dopo che sono stati raccolti. Ci guardammo negli occhi senza dire più niente, poi una donna in lontananza la chiamò, intimandole di far presto.


Prima di sparire mi regalò due piccole pere verdi, che io, non sapendo cosa farne, lì sul momento cacciai in tasca. Me ne andai anch’io perché non c’era molto da fare o da vedere, a Borgo 29, e le altre donne del villaggio mi fissavano con curiosità ma sgusciavano via se appena accennavo un saluto. Peccato, mi dissi, almeno mi avesse detto il suo nome, quella ragazza -


Era ormai mezzogiorno e gli operai sedevano a mangiare all’ombra di un albero isolato. Le rotaie luccicavano al sole e faceva un caldo infernale. “P’aviri n‘pocu di ombra, non c’è di megghiu cà a galleria”, dissero ridendo. Era un invito a tornarmene da dov’ero venuto, decifrai. Ma un invito benevolo, scherzoso -


Seguii il loro consiglio e ritornai dentro, sperando non ci fosse quel dannato cane da pastore ad aspettarmi. Non c’era. Decisi che il mio viaggio poteva considerarsi concluso, e iniziai a ripercorrere tutta la lunga strada fatta all’andata. Il paesaggio era tornato quello di prima, con nuvole quasi temporalesche, stavolta, e la solita vegetazione che invade e si appropria delle cose e delle opere abbandonate da lungo tempo dagli uomini.


Una sola cosa avvenne di strano, e non fu la sola. Presso un posto di chiamata telefonico, consistente in una garitta nei pressi della stazione in rovina dove mi ero accampato, c’era un telefono intatto, di bachelite nera, che proprio in quel momento aveva preso a suonare -


Risposi.


-          Sono io, non mi riconosci ? Le pere le hai mangiate ?”

-          “Ma chi sei, la ragazza che ho incontrato prima ?”

-     “Si, certo, scemo. Chi vuoi che sia ? Sono la figlia di Valerio.”, rise allegramente.

-          “Valerio? Ma Valerio non vive a Palermo ?”


La telefonata si interruppe e lasciò il posto a una serie di scariche di elettricità statica.


Dato che ormai ero nel pieno delle assurdità, feci una cosa assurda: da quel telefono chiamai direttamente Valerio.


-          “Valerio, sei tu ? Ma non ci siamo visti l’altro ieri sera a Palermo ? Cosa ci fai qui in mezzo al nulla ?”

-          “Cosa ci faccio ? io vivo da queste parti da sempre, dirigo i lavori ferroviari in tutta la Sicilia interna.”

-          “Quindi anche Borgo 29…”

-          “Certo, Borgo 29 è l’appalto più vecchio, risale al …”


… … …


interruzione del segnale


… … …


-          “ma come hai fatto a scrive…”


-          “… su Internet ?”


-          … … …


-          “ma in che ann…?”


-          …  … …


-          “Posso ritornare a trov…rti, Valerio ?”


suono di telefono libero


… … …


elettricità statica


… … …


voce chiara e forte:


-          “non è ancora il momento, giovane amico mio, anzi non puoi proprio neanche volendo - comunque grazie della visita, è stato un piacere”

-          “Intendi dire la visita a Palermo, no ?”, replicai.


Il telefono tacque definitivamente.


Provai a ritornare indietro, a rientrare in galleria, ma davanti all’ingresso stazionava un branco di cani. Allarmati, avevano già cominciato ad abbaiare furiosamente. Mi avrebbero mangiato vivo, se mi fossi avvicinato: uomo avvisato…


L’apparecchio squillò di nuovo, surreale e sinistro. Decisi di non rispondere, stavolta.


Feci dietro-front definitivamente, mentre le prime gocce di pioggia cadevano sulle colline verdi di questa remota parte della Sicilia, malinconica e bellissima. Le pere che avevo in tasca erano intatte e possedevano un intenso profumo. Ne mangiai una e proseguii verso l’auto, sotto il temporale. Ero ormai bagnato fradicio e mi accorsi che avevo sbagliato l’esposizione di tutte le foto, che erano inutilizzabili.


Ma chissà perché, ridevo.














 

martedì 21 luglio 2015

Sogni ed Energia.





tempo stimato di lettura: 3 minuti.


"Bello qui lo avete proprio sistemato bene", dice sempre chi capita di passare per la campagna di Lupolibero-

Questi giorni di caldo feroce mi ricordano l'estate del 2013, quando qui c'era da fare, o rifare, praticamente tutto. Balconi disastrati, infissi marci, intonaci sgretolati, serramenti da sostituire. Il tutto in assenza di bagno, doccia, lavandino: un inferno di caldo in cui ci muovevamo impastando cemento, respirando cemento, coricandoci con polvere di cemento addosso, sfiniti e sudati e in attesa di un'altra alba torrida con sole implacabile e fatiche da incubo. Non so quanti avrebbero desiderato essere al mio posto, intendo dire in quel periodo.

Sento molto spesso parlare di sogni con frasi alla Susanna Tamaro: "Raccogli il tuo sogno" - "Apri la porta del tuo cuore ai tuoi sogni" ecc.
Sembra quasi che esista una specie di frutteto dei sogni, in cui uno passa e raccoglie quello che desidera.

Nella vita non ci sono pasti gratis. I sogni sono belli, e io sono il primo a dirlo, ma richiedono energia, lavoro e dedizione.
Quindi prima di pensare al "raccolto", bisognerebbe chiedersi e rispondersi in tutta onestà: "ma io quanta energia sto mettendo effettivamente sul piatto ?".

Energia e fatica sono i motori concreti del sogno; la fantasia è il motore teorico, o filosofico se vogliamo.
Fare filosofia è facile, quasi sempre piacevole-
Sudare lo è molto meno-

Se un sogno stentiamo a realizzarlo possono esserci mille motivi, ma sicuramente, alla base, c'è un deficit energetico. Forse non ci teniamo più di tanto, o forse abbiamo paura - fatto sta che molti si limitano a restare nel campo della fantasia, non volendo sporcarsi le mani.

Forse il sogno, una volta realizzato, non corrisponde esattamente a quello che pensavamo, e forse saranno necessari cambi di rotta.
Ma un cambio di rotta è meglio dell'immobilismo, in ogni caso.

L'immobilismo che si alimenta di fantasie non serve a nulla-non produce nulla.
Muore con noi, e basta.
Energia, ci vuole.

Dopo, e soltanto dopo, si può sperare di "vivere di rendita".

giovedì 16 luglio 2015

Questa nuova vita mi piace. Summer Shots, vol. I



'Sarò egoista, sarò individualista, sarò quello che volete ma
questa nuova vita mi piace'



tempo di lettura se guardate le figure: 1 minuto.
se leggete anche il testo: 3 minuti (sì, potete farcela)





La campagna dà, comincia a produrre a pieno regime. Dalla radio arrivano notizie grandiose: la sonda Tal dei Tali ha raggiunto Plutone e ha trovato laghi di ghiaccio; al CERN di Ginevra hanno scoperto nuove particelle subatomiche -

Nell'attesa che da queste grandi scoperte ce ne venga qualcosa di concreto, io raccolgo e comincio a mangiare.


 questa è l'annata dei Fichi Neri - l'albero ne sta producendo 
a carrettate, e a differenza degli anni scorsi sono enormi


 preziosa cipolletta di Tropea, fine e aromatica




 prugne dell'albero sotto casa - questa è la razione 
prodotta ogni giorno, all'incirca 

uva del nostro pergolato in fase di maturazione;
quando lavoravo e le vacanze finivano, dovevo andar via
e se la godeva quello che ci curava la terra;
...a settembre me la godo io !

Pere in maturazione: un'altra settimanuccia e si raccoglie;
ne abbiamo tre alberi

l'anticiclone africano avvilisce tutti,
soprattutto quelli col pelo

fragole che sembravano in disuso dopo i mesi
passati al nord; invece si sono riprese e producono
più di prima

Zucchine e relativi fiori
Pomodori varietà 'Bistecca'; stando a quanto dicono, dovrebbero svilupparsi
delle mostruosità - in effetti le piante hanno già raggiunto
e superato il metro d'altezza: staremo a vedere

uno dei due addetti al Controllo Qualità

mini orto con Basilico, Prezzemolo e Menta (non visibile nella foto)

lotto di insalata Canasta Scura in accrescimento

insalata Canasta chiara in produzione
lattughe piantate due settimane fa
e i primi cetrioli, di straordinaria dolcezza e ovviamente ultrabiologici


Ieri mattina nonostante il caldo torrido sono salito sulla bici da corsa e ho raggiunto Floresta, il borgo montano a 1200 metri di quota - tra boschi che odorano di pini e strade che sembrano più scandinave che siciliane; ho quindi raggiunto una Barracca, cioè una trattoria locale con rivendita di prodotti lattiero-caseari dei Nebrodi.

Ho portato a casa un po' di formaggio Pecorino, di indescrivibile bontà.
Nell'attesa che venga imposto il balordo diktat dell'Unione europea sulla produzione dei formaggi con l'impiego del latte in polvere, mi godo questo pezzo di formaggio accompagnandolo con pane e olio.

durante un'uscita in bici ho reperito e portato a casa questa fetta favolosa di Pecorino dei Nebrodi


Detesto infinite cose dell'estate: il caldo soprattutto da sud, gli insetti, le gambe pesanti, le sudate, il pericolo incendi, le masse vocianti e tanto altro -

Ma la frutta è la frutta, e questa è la stagione dell'abbondanza.

...


Spesso e volentieri osservo gente di tutte le età intenta a trafficare sullo smartphone; mi sembrano tanti Sergio Marchionne impegnati a gestire chissà quali affari di capitale importanza;

Ma che diavolo avete sempre da cazzeggiare su quello schermo a cristalli liquidi ??? Mi dite cosa ???

Guardatevi intorno; il mondo è pieno di belle donne da osservare, di tramonti, di piccoli particolari che avete deciso di ignorare.
Recatevi in un posto di natura e annusate l'aria, ogni tanto !
Non avete tempo ? Trovàtelo.

Io non sono un amante dei fiori, ma adoro il profumo delle Belle di Notte. Si trovano vicino casa nostra, a fianco della ex stalla, e iniziano a emettere odore dalle 19 di sera in poi. E' bellissimo sentire il loro profumo quando il caldo si placa e finisce un'altra giornata, qui in campagna.

...

Sì, questa nuova vita mi piace.

Le Belle di Notte (mirabilis jalapa) emettono un profumo unico al calare della sera



sabato 11 luglio 2015

Sleeping in a Vineyard. Microadventure #4. Una notte all'aperto in uno dei vigneti più alti d'Europa.



'la bellezza salverà il mondo'
'beauty will save the world'

F. Dostoevskij





Quattro anni, quasi, dal 'tempo zero'. Dall'inizio di una nuova vita, colma di esperienze sempre diverse. La cerco, la bellezza - sulle montagne di Sicilia, sui sentieri di campagna, sulle strade assolate o a volte lucide di pioggia che percorro in bicicletta -

La cerco, la bellezza - anche nel sogno realizzato di un fraterno amico.
Santa Maria la Nave è una scheggia di verde incastonata a 1100 metri di quota sul versante ovest dell'Etna: un antico vigneto, tra i più alti sul vulcano e in tutt'Europa, salvato dall'incuria, recuperato quindici anni fa e coltivato con rispetto e amorevoli cure - un vigneto eroico appartenente a persone votate al fare, vincenti, speciali -

Santa Maria la Nave racconta un sogno che un po' è anche il mio. Recuperare, rispettare, ricostruire. Ho passato qui una notte all'aperto, a fianco delle piante di vite e sotto un "tetto" di rami di ciliegio. Vicino a me,  i muri a secco di un antico casolare, pietra su pietra - 

- ho assistito a un tramonto caldo sulle montagne lontane dei Nebrodi - a una notte inondata di stelle - a un'alba luminosa. Alle spalle una presenza immensa, rassicurante, familiare: l'Etna.
Fumava, il grande vulcano - sembrava sorvegliare le viti, i vigneti e i frutteti che si stendono alle sue pendici.

- forse ho intuito qualcosa, stanotte. Quell'enigma di Dostoevskij: la bellezza...


Four years from the start of a new life, full of always different experiences. Seeking Beauty lost in the Sicilian mountains - I ride my bicycle on country roads and sunny streets - seeking Beauty even through the realized dream of a close friend.

Santa Maria La Nave is a sliver of green nestled at 1100 meters of altitude on the north west side of Etna. A vineyard saved from neglect and recovered fifteen years ago, cultivated with respect and love. A heroic vineyard belonging to winning and special persons.

Santa Maria La Nave tells about a dream that is a bit also my dream: to respect, recover, rebuild. I spent here a night outdoor, beside the vines and under a roof of branches of cherry. Close to me, the walls of an old dwelling, built stone by stone.

I watched a warm sunset on the distant mountains of Nebrodi, a night flooded with stars, a bright dawn. Having behind me an immense presence, reassuringly and familiar: Mount Etna. The volcano smoked, it seemed to oversee the vineyards and the orchards on its slopes.

Maybe I sensed something tonight: that enigma of Dostoievskij: the Beauty.





Santa Maria la Nave (Etna), veduta della parte nord dell'impianto

un antico casolare in pietra sommerso dalle viti - sullo sfondo, l'Etna
Santa Maria la Nave, vecchi terrazzamenti


la piccola abitazione del contadino, al centro del vigneto





in alto: il sole tramonta dietro la catena montuosa dei Nebrodi.
Termina un'altra giornata, sul "vigneto eroico" a 1100 metri di quota.

A warm sunset behind the mountain range of Nebrodi.
Another day is ending on the heroic vineyard at 1100 meters of altitude.


Passo la notte all'aperto, secondo la regola ferrea della Microavventura: non fare uso della tenda, in nessun caso !


ripresa notturna del vigneto inondato dalla luce delle stelle

"L'alba è fatta di silenzio, e aria fresca che odora di terra dell'Etna - accendo il fornelletto, come ho fatto tante volte; ma questa volta è un'occasione speciale, e sento che sarà una colazione davvero fuori dall'ordinario".

"Dawn is made of silence and fresh air which smells of the volcanic ground. I turn on the stove as I did many times, but this time is a special occasion, and I feel that it’ll be a breakfast out of the ordinary".




sopra: nell'impianto del vigneto si sono rispettate le essenze
arboree preesistenti, come quest'albero di noce

When planting the vines, the trees were respected - like 
this walnut.




Alle 9 del mattino c'è luce piena, accecante. Saluto le piante di vite, i grappoli dagli acini ancora verdi, piccoli ma forti. Matureranno e daranno un ottimo mosto, anche quest'anno -
La terra è generosa con chi non gli volta le spalle.

La terra è fatta per chi ama sognare, costruire, crederci -

Chiudo il cancello di ferro rivestito di legna di castagno - anche questo è rispetto, amore per il bello. Un ultimo sguardo all'Etna - gli scarponi sono ricoperti di polvere vulcanica, fa caldo e Santa Maria la Nave vista dall'alto sembra quasi irreale.

Forse lo è, come i sogni d'altronde...

It’s 9 o’ clock and there is full, blinding light. I say goodbye to the vine plants, to their bunches and burries still green and small, but strong. They will mature and give a great wine this year, too. The country is generous with those who do not turn their backs. The earth is made for those who like to dream, build, believe in.

I close the iron gate covered with walnut wood, this is love for beauty, too. Another last look at Etna – my boots are covered with volcanic dust – it’s hot weather and Santa Maria La Nave seems almost unreal.

Maybe it is unreal – like dreams...



Maletto (CT), 9-10 july 2015




Il vigneto eroico di Santa Maria la Nave esiste e produce; la sua storia e i suoi vini li trovate in questa pagina.

You may find informations about the heroic vineyard of Santa Maria la Nave in this page.

Per sapere cos'è una Microavventura, andate invece qui.

La notte nel vigneto è stata la mia quarta microavventura;
le altre esperienze, realizzate nel 2014, sono state:


quale sarà la prossima ? non lo so neanch'io -



Ringrazio l'operaio agricolo V.A., che mi ha accompagnato al vigneto di Santa Maria la Nave assistendomi e illustrandomi tutte le peculiarità del posto.

E un caro saluto agli amici R. e S. proprietari del vigneto. In bocca al lupo per il vino ...anzi sarebbe il caso di dire, in bocca al Lupolibero !!!