domenica 26 luglio 2015

"There are dead flies on the floor !" - Ricordi di Viaggio.



Non cercate di speculare sui "numeri" altrui;
cercate di condividerne i bei ricordi, piuttosto.
Anzi createne di vostri, prima che sia troppo tardi.


tempo stimato di lettura: 6 minuti.


   La Svezia sembrava davvero uscita da un sogno, anzi da un libro delle favole; forse ognuno di noi ha un feeling con una determinata nazione - e io giorno dopo giorno scoprivo di averlo con questo Paese.

   In circa dodici giorni di viaggio sui pedali, con un bagaglio di oltre quaranta chili, avevo fatto fuori l'intera regione meridionale, relativamente urbanizzata e industrializzata. Si moltiplicarono laghetti e fattorie, tutte dalle case immancabilmente dipinte di rosso - più raramente di giallo. Poche auto e colline - colline all'infinito. Le carte geografiche non sempre danno un'idea precisa: verde stampato non vuol dire per forza pianura perfetta !

   Certi giorni ero a terra, fisicamente intendo - malgrado avessi mangiato e riposato bene. Altri giorni, inspiegabilmente, il fisico ( e anche il morale ) andava a mille; potevo macinare oltre cento chilometri ed era come se niente fosse. Alti e bassi fisici e mentali si susseguivano day by day, quasi una metafora delle colline su cui navigavo.

   Quel giorno era nuvoloso ma non prometteva pioggia. Ero da poco nella Svezia centrale e avanzavo lungo una strada solitaria circondata da abeti. Alle 16, ricordo, mi fermai presso un cimitero. I cimiteri svedesi non sono come i nostri, recintati e lugubri; sono autentici giardini, con prati curatissimi e alberi centenari; riposarci ( magari non in eterno ! ) è un autentico piacere.
Seguirono altre due ore sui pedali rimuginando pensieri, ascoltando musica, seguendo l'imperativo di ogni giorno: avanzare.

   Alle 18 decisi che ne avevo abbastanza. Fermai la bici presso un gruppo di case e bussai per chiedere di piantare la tenda nelle vicinanze. feci una decina di tentativi, ma non c'era nessuno - o nessuno volle aprire.
La carta, dopo questo gruppetto di abitazioni, segnava il "nulla", cioè solo boschi e laghi per altre decine e decine di chilometri. Per quanto affascinante, non avevo nessuna voglia di accamparmi in solitaria, anche in considerazione del "pericolo orso". Non volli perdermi d'animo -

   Feci un paio di altri chilometri e scorsi una fattoria isolata, distante dalla strada. Mi avvicinai e vidi un uomo sulla settantina che armeggiava con una motosega che non ne voleva sapere di partire. Gli domandai in inglese se potevo piantare la tenda lì vicino, dopo averlo salutato. L'uomo aveva capelli bianchissimi, sopracciglia folte anch'esse bianche e occhi grigi, nordici, accigliati. Non capiva una virgola di inglese e mi fissò a lungo, con la motosega in mano, per fortuna inerte... Pensai che nel giro di pochi secondi mi avrebbe mandato a quel paese -

   Si allontanò senza proferire parola ed entrò in casa. Un minuto dopo venne fuori sua figlia, una trentacinquenne che parlava inglese, con in braccio un neonato dalla testa enorme, un vero vichingo in fasce. 

"scusi per mio padre, non capisce l'inglese, di cosa ha bisogno ?", disse.
"vengo dall'Italia in bicicletta e volevo solo piantare la mia tenda vicino casa vostra per sentirmi più al sicuro", risposi.

"certo che può restare !"

   La sera e la notte promettevano freddo gelido. A poca distanza avevo scorto una casetta di legno stile sauna, appartenente alla fattoria. L'intera Svezia ne è piena; alle volte queste costruzioni secondarie sono usate come case per gli ospiti, altre volte per uso-sauna o come case per i bambini.

"Se non chiedo troppo, posso dormire nella casetta là in fondo ?"

la ragazza esitò un attimo -

"ma certo che puoi, non te l'ho suggerita perchè il pavimento è sporco, ci sono le mosche morte per terra !"

   Altro che mosche morte - non me lo feci ripetere due volte e mi accomodai. L'interno era tutto rivestito in legno, e quanto al pavimento, non era affatto così sporco. Diedi una scopata energica e cominciai a preparare la cena.
Mezz'ora dopo sentii bussare -




   L'anziano arcigno, finto burbero, entrò con un grugnito e mi salutò con un gesto della mano. Controllò il termometro alla parete e si assicurò che una piccola stufa elettrica che c'era all'interno funzionasse a dovere. Mi indicò un rubinetto dove potevo lavarmi e se ne andò soddisfatto.

   Passò un'altra mezz'ora e bussarono di nuovo. L'anziano e sua figlia mi offrirono un pezzo di torta e mi presentarono un loro vicino: questi aveva circa cinquant'anni, e anche lui parlava poco l'inglese. Capii a fatica che invidiava il mio viaggio, che se avesse potuto sarebbe partito con me, e che sua moglie era scomparsa da poco.
Poi a sorpresa tirò fuori dal portafoglio l'equivalente di 100 euro, che gentilmente rifiutai.
Volle sapere a che ora sarei ripartito l'indomani, per salutarmi.

"alle 7", dissi commosso -

Fu una magnifica, gelida notte svedese, al riparo e al sicuro in quel rifugio odoroso di legna.

   L'indomani ripartii alle 7 in punto, dopo la colazione e la complessa risistemazione dei bagagli. C'erano nebbia e freddo; la brina sui prati della fattoria era tutta congelata.

   Quando la bici mosse i primi metri, vidi che l'anziano mi salutava da dietro il vetro della finestra. Sulla soglia della casa poco distante stava invece il vicino, che in pantofole  e beccandosi un freddo della malora, si sbracciava e mi augurava buon viaggio.

   Iniziai un'altra interminabile giornata sui pedali. La strada era sempre la stessa, solitaria e brumosa. Dove e da chi mi avrebbe portato ?
Non lo sapevo - e francamente adesso come adesso non ricordo più il nome di questa località -

Ricordo solo che quel giorno, i primi chilometri li feci tutti piangendo come un idiota. 



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