giovedì 26 ottobre 2017

Nebrodi d'autunno: l'anello di Caserma Botti-Case Monica-Biviere di Cesarò.





Ieri ho effettuato un'altra gratificante escursione sui Nebrodi. La giornata è stata ben diversa in termini di condizioni del tempo, ossia molto più nebbiosa e autunnale. La perturbazione appena passata ha lasciato inoltre un vento fortissimo da nord che ha investito le faggete in quota.


Sono partito alle 7 a piedi dalle Case Mangalaviti e ho raggiunto in poco più di un'ora il passo di Portella Scafi; la foschìa densa mi ha permesso di scattare immagini molto suggestive, sia dei torrenti stagionali:



sia degli antichi faggi, dai tronchi contorti e abnormi:



in alto e in basso: la nebbia al giusto grado di densità
è la manna per chi vuole fotografare boschi,
altrimenti difficilmente gestibili in fotografia a causa
dell'altissima differenza tra ombre e luci.

Alla carenza di luce si sopperisce con:
- uso del treppiede
- lenti fisse a quasi tutta apertura
- recupero in postproduzione






Intorno alle 9 e trenta ho raggiunto la caserma Forestale di Case Botti, m.1377. Ho incontrato un operaio che stava scalpellando pietre per un muro, il quale è stato ben felice di interrompere il lavoro per la mezz'ora in cui mi sono fermato. Il camino acceso nella stanza della caserma ha costituito una gradita sorpresa.


L'arrivo alla caserma Botti, per una sosta.





sopra: il caminetto acceso

sotto: l'area attrezzata forestale dotata di 
sedili, tavoli, fontana e zona barbecue con
magnifica vista sull'Etna e sui Nebrodi
( non oggi però )





Lasciata l'area forestale ho proseguito in discesa verso la valle di un torrente, il Barrilà, che è uno degli affluenti del grande fiume Simeto che scorre a sud di Catania. Si tratta di una pista deserta e poco frequentata, che una volta guadato il corso d'acqua risale bruscamente il versante opposto della valle.


In discesa verso il vallone Barrilà.



Il facile guado del torrente.



Ho risalito a fatica il versante opposto; la giornata era di quelle tipiche in cui il Sole va e viene continuamente e non si sa come vestirsi: quando esce il Sole si muore di caldo, quando va via si rabbrividisce di freddo. Anche il vento faceva la sua parte -

Volevo esplorare un edificio della Forestale discosto dalla pista e segnato approssimativamente sulla carta; purtroppo il gps non riceveva bene e io ho mancato il bivio sebbene fossi abbastanza sicuro. Sarà per la prossima volta - tanto le montagne non scappano.

Intorno alle 12 ho iniziato a perdere di nuovo quota verso i ruderi ormai illeggibili delle Case Monica, un gruppo di costruzioni usate in passato dai pastori.





sopra e sotto:
i ruderi di Case Monica.
Io sono affascinato da tutto ciò che è abbandonato,
e inizio sempre a fantasticare sulle persone
che hanno costruito edifici oggi in rovina.






In breve ho quindi raggiunto il Biviere di Cesarò, che alla quota di 1278 metri risulta essere il lago naturale di maggior interesse in Sicilia. Qui mi sono fermato a mangiare sulle rive, osservando il passaggio veloce di immense nuvole spinte dal vento.



Sosta per pranzo presso il Biviere di Cesarò, m.1278.



Il passaggio accanto all'unica "grande" costruzione del posto:
le Case Biviere, di proprietà privata.



Il pomeriggio ho percorso la Dorsale dei Nebrodi sino a Portella Scafi; il bosco di faggi è sempre interessante e mi ha offerto spunti fotografici come questi:







Il segnale sempre gradito del Sentiero Italia
a Portella Scafi; mille volte sono passato da questo punto.
Da qui manca poco più di un'ora a piedi per le Case Mangalaviti,
dove lascio sempre l'auto.


All'ex masseria di Case Mangalaviti, dove avevo lasciato l'auto, ho indugiato per qualche foto a un gruppo di capre e al comprensorio delle Rocche del Crasto al tramonto.

Questo giro è stato lungo circa dodici chilometri. Sto maturando l'ipotesi di procurarmi per i mesi in cui sono in Sicilia, una mountain bike: questo perchè mi sono reso conto che l'andatura a piedi è davvero di bassa resa: va bene per le mulattiere di montagna, ma qui sui Nebrodi ci sono solo piste larghe e sterrate, e un mezzo a due ruote è evidentemente più adatto.


 La fine dell'escursione, presso l'abbeveratoio
di Case Mangalaviti, m. 1256.
( in questa foto sembra che mi stia grattando la palla destra, vero ? )
 


Capre al pascolo.


Il gruppo delle Rocche del Crasto,
le "dolomiti dei Nebrodi", ripreso al tramonto.



Nel corso del rientro in auto mi sono fatto sedurre da una trattoria di montagna dove mi sono concesso, dopo infiniti panini e scatolette, un vero piatto di carne di castrato, che è la specialità storica di queste zone.
Il quarto di vino rosso robusto come un faggio mi ha fatto tornare a casa felice e contento; alle dieci di sera ho acceso la mia adorata stufa a legna e sono andato a letto ascoltandone il rombo cupo e confortante.

Una meravigliosa giornata nella natura e nelle "mie" montagne.
 


Sopra: immersa nell'oscurità e isolata, appare
un'invitante trattoria di montagna.
Malgrado l'aspetto chic o recenti ristrutturazioni, questi locali sono
quasi sempre molto a buon mercato.



Ecco cosa ci voleva: un piatto vegano come si deve...



Il conforto finale della giornata: 
la mia stufa accesa prima di andare a letto.



 

15 commenti:

  1. Lorenzo, allora credo che come me, tu qui impazziresti. Intendo dire in Sicilia. L'entroterra dell'isola è stracolmo di villaggi fantasma costruiti dal periodo fascista alla Riforma Agraria sino agli anni Sessanta.

    Autentici borghi dotati di scuole, servizi, dispensari farmaceutici, torri per l'acqua, addirittura serviti da ferrovie - anch'esse abbandonate e percorribili per decine di chilometri.

    Nell'ottobre del 2014 ho avuto occasione di sfiorare fotograficamente questo mondo:
    http://voglioviverecosi-lupolibero.blogspot.it/2014/10/possa-tu-avere-la-pazienza-di-leggere.html

    Ma quanto ho documentato è solo un pallido tentativo rispetto a una Grande persona che ha davvero studiato questa materia; le sue pagine sono tra le più affascinanti del web, credo:
    http://wwwvoxhumana.blogspot.it/2012/09/la-via-dei-borghi-sommario.html

    RispondiElimina
  2. Mondi affatto diversi, il nord e il sud. I villaggi agricoli siciliani furono per lo più costruiti in epoca fascista; ognuno possedeva la sua "sfera d'azione", e lo scopo era di colonizzare l'entroterra.

    Il problema essenzialmente fu che essi vennero realizzati proprio prima della guerra. Successivamente ad essa iniziò lo spopolamento delle campagne e la trasformazione della società da agricola a industriale. Chi potè volle imborghesirsi e non sentire parlare mai più di terra e coltivazioni.

    Oggi, paradossalmente, si adora tutto ciò che sa di antico: "L'Antico Mulino", "L'antica Osteria", "Il Vecchio Panificio" ecc.

    La Sicilia è un posto tutto particolare; presenta una civilizzazione a patchwork, a macchia. Ti imbatti in strade da terzomondo bordate da rifiuti stile sud America e poi ti ritrovi in posti talmente puliti, perfetti, efficienti e ben gestiti da sembrare la Svizzera.

    Non esistono MAI le mezze misure. Per questo la Sicilia è difficile da capire: è assimilabile a quelle figure doppie che sono una cosa e contemporaneamente un'altra, tipo il simbolo della RAI. Puoi vedere separatamente la farfalla o due volti che si fronteggiano, ma è difficile vedere tutti e due le figure in una volta, occorrerebbe INTUIRLE.

    Non è un caso che generazioni di filosofi e pensatori si siano accaniti da millenni sulla Sicilia e i siciliani senza cavarne una conclusione precisa.

    RispondiElimina
  3. Lorenzo, tu insisti molto sull'aspetto della mancanza d'acqua. Questo è un po' un luogo comune della Sicilia. I villaggi agricoli fatti in era fascista furono progettati da veri architetti e non da geometrucci locali. Fecero le cose davvero bene. E pensarono pure all'acqua, eccome - ogni villaggio era dotato di una presa posta ovviamente a monte, anzi ti diro di più: certe volte attorno ad essa edificavano edifici letteralmente monumentali.

    L'autore web del trattato sui borghi rurali, voxhumana, è andato in giro per anni a fotografare uno per uno i villaggi, e ha scattato foto degli acquedotti, tra l'altro.

    E ripeto ancora: parecchi borghi furono realizzati appena PRIMA del conflitto, nel 1940. E' vero che passata la guerra l'Italia era ancora un paese agricolo, ma si spezzò qualcosa nella società: iniziarono l'esodo dalle campagne e l'imborghesimento.

    La storia dei villaggi agricoli continuò ma sotto un'altra luce, spesso e volentieri più a scopo truffaldino. Sono un esempio lampante i borghi Schisina, costruiti negli anni 50 su colline pietrose e terreni sterili venduti dalla benestante proprietaria a prezzo d'oro, e mai abitati anche perchè sforniti non solo di acqua ma anche di luce elettrica. Tra l'altro in questa vicenda che ho preso come esempio ci mise lo zampino la politica: figurati che c'era in ballo il nonno senatore di quello stinco di santo che si chiama Danilo Restivo !
    Insomma, iniziò il balletto di appalti-truffa che continua sino a oggi.

    Il concetto di colonizzazione implica sì un'operazione esterna fatta di forza. Il fascismo aveva il potere di farlo e l'esercizio di questo potere era evidente.
    La manodopera fu locale e costituì motivo di tanto lavoro per persone che mai avrebbero sperato, che so, di vedere una ferrovia o un dispensario antimalarico nascere tra la loro miseria.

    Di fatto, i siciliani non avrebbero potuto mai intraprendere volontariamente tali progetti; avrebbero dovuto espropriare i latifondi appannaggio di nobili e proprietari terrieri dotati di armi e controllo capillare sul territorio.
    Sarebbe stato più facile raggiungere la Luna, per quell'epoca.

    Cosa resta di tutto questo, oggi ?
    Rovine e macerie.
    Noi possiamo solo aggiararci tra esse, affascinarci, sospirare, scattare quattro foto e per quanto è possibile, testimoniare.
    Poi risaliamo in macchina e ce ne torniamo a casa.

    RispondiElimina
  4. Per esodo dalle campagne mi riferisco a un periodo storico preciso: il dopoguerra, e ancora di più gli anni 60. L'esodo dal sud si verificò massicciamente perchè:
    - l'agricoltura del meridione rimase a livelli di bassa meccanizzazione
    - (corollario di cui sopra è una bassa resa a fronte di immani fatiche)
    - lo smembramento dei latifondi generò una galassia di piccole proprietà contadine
    ...pertanto, malgrado l'ex mezzadro finalmente divenne anche lui proprietario, si accorse ben presto che o l'appezzamento non era sufficiente (unità colturale minima), o c'era qualcosa di meglio altrove.

    Questo "altrove" furono le fabbriche del nord. Perchè stare chinati ore al sole tormentati dalle mosche e magari assistere a una grandinata che mi distrugge le coltivazioni, se in un calzaturificio di Vigevano dopo otto ore di lavoro mi offrono uno stipendio fisso ?

    Fu come un'isteria collettiva. La gente aspirò a vivere in città. Iniziò l'epoca dei supermercati, della bella vita, delle sigarette, delle canzoncine idiote di Gianni Morandi, dei pappagallismi da spiaggia con Raimondo Vianello, eccetera: gli anni Sessanta.

    Perchè la migrazione fu dal sud al nord ? Perchè tutte queste meraviglie erano concentrate al nord. E per alimentare questo stile di vita nuovo e allettante non poteva esserci niente di meglio di un posto nella catena di montaggio. Alienante quanto vuoi, ma pagato sempre e regolarmente a fine mese.
    Niente a che vedere con la resa del fondo agricolo, soggetta a mille variabili.

    Fra quelli che restarono ci furono i grandi proprietari storici. Ex nobili e possidenti che poterono contare su una certa rendita data di fatto dall'estensione, compatibilmente con un mercato dei prodotti agricoli che a quell'epoca era ancora a favore.

    Quella dei borghi agricoli è una storia lunga.
    Non è una regola, comunque, il fatto che i borghi venissero fondati su terreni incolti. Non fu affatto così nella prima fase. Fu così nelle fasi successive semmai, dal dopoguerra in poi, quando al posto dei fascisti subentrò l'ERAS, ente riforma agraria in sicilia.

    L'intenzione di Mussolini era quella di distribuire quanta più gente possibile nelle campagne scoraggiandone la concentrazione nelle città, notoriamente culla di possibili dissensi. Inoltre, si alimentava il principio dell'autarchia alimentare. E inoltre ancora, il Duce aveva sempre avuto un debole per l'agricoltura e al contrario guardava con disprezzo e sospetto il "borghese" sempre pronto a borbottare, a criticare il regime, a imboscarsi in caso di guerra.


    - Ho visitato personalmente vari borghi nel 2014. Allo stato attuale diversi villaggi ex fascisti sono isole di macerie o edifici decadenti circondati da terreni o coltivati a seminativo o destinati a pascolo soprattutto bovino.
    Borgo Borzellino e Borgo Schirò, del 1940, rientrano in quanto detto.
    Anche il minuscolo Borgo Recalmigi, del 1927, risulta circondato da terreni coltivati. Nelle foto che ho scattati sono chiari segni di aratura dei campi tutt'attorno. Non intervenne nessun'opera di "bonifica" nella costruzione di questi villaggi. Furono dotati di acqua e servizi, e se non ci fosse stata la guerra anche di ferrovia nelle immediate vicinanze. Questi nuclei furono abitati con alterne vicende sino in qualche caso agli anni 60.


    Lo stesso non posso dire invece per i borghi costruiti negli anni 50. I sette villaggi Schisina sono circondati da terreni in cui pascolano solo le capre. Terreni davvero sterili dal fondo pietroso e calcareo, soggetti a frane e smottamenti, tanto per gradire.

    Uno di questi appare nel film L'Avventura, in cui una malinconica Monica Vitti guarda il villaggio appena finito e disabitato e dice: "ma è un cimitero ? - ma perchè lo hanno fatto ?".

    RispondiElimina
  5. Il ns. dibattito è interessante; dallo "scontro" nasce qualcosa. Altrimenti i blog si riducono a luoghi virtuali in cui si svolge uno sterile ping-poing di complimenti-grazie-ricambierò-belle foto-grazie-complimenti ancora.

    Probabilmente l'area in cui hai vissuto negli anni Settanta era deputata a uno sviluppo urbano successivo, per ciò c'erano solo campi. Ma storicamente il nord ha sempre contato su una presenza industriale più significativa del meridione.
    Basta aprire una qualsiasi rivista d'epoca; dagli anni Venti in poi tutte le pubblicità di prodotti industriali fanno capo al settentrione.

    Io identifico due periodi storici affatto diversi: prima e dopo-guerra.
    La migrazione dal sud al nord avvenne perchè il contadino del sud NEL DOPOGUERRA si trovò:
    o proprietario di troppa poca terra ( e nel bene e nel male puoi sopravvivere a galline e castagne, non a galline e arance) ,
    o mezzadro sottopagato e sfruttato dal padrone.

    Eccezione furono i piccoli appezzamenti con produzione di nicchia, esempio i noccioleti in provincia di Messina, che infatti prosperarono sino agli 80: con un solo ettaro ci campava una famiglia di 4 persone e i figli mandati all'università.

    Ai motivi di cui sopra si unì una concezione dispregiativa dell'essere contadino. Ancora oggi è usatissimo il termine "viddanu" per indicare la persona incolta e volgare, di bassa (=agricola) provenienza.

    Gli anni 60 e il tanto citato boom economico costituirono un'attrazione irresistibile. Più gente arriva in un posto, più servizi sono necessari, come dici.
    Prima le case e le strade. Poi i negozi. Poi i supermercati e le autostrade. Le raffinerie per alimentare tutto il ciclo. E la chimica industriale. E le fabbriche di porte e serrature per gli innumerevoli appartamenti...

    Il calzaturificio di Vigevano l'ho preso come esempio emblematico dei cambiamenti di un'epoca, RIPETO, gli anni 60:

    "il settore più importante dell'economia vigevanese è quello calzaturiero con produzione di scarpe, accessori, materiali e macchine per calzature. Già attiva all'inizio del XX secolo, la manifattura calzaturiera cominciò ad affermarsi durante la prima guerra mondiale, per raggiungere l'apice durante gli anni cinquanta, in contemporanea all'esportazione di decine di milioni di scarpe in Italia e all'estero che permisero a Vigevano di guadagnarsi il titolo di capitale della calzatura".

    Mi pare strano, anche se ci porta lontano il discorso, quando affermi che NON c'era nessun calzaturificio. Ti riferisci agli inizi del 1900, suppongo.



    RispondiElimina
  6. mai assaggiata la carne di castrato ... non sono molto carnivora ... certo che ne avevi di fame!

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Somiglia molto alla carne di pecora o di agnello, ma è più grassa. Queste trattorie dei Nebrodi si chiamano "barracche" e nella quasi totalità dei casi non hanno un menu.
      Ti siedi e mangi quello che ti propongono a voce.

      Il prezzo per un secondo + quarto di vino locale + coperto varia a seconda dell'umore del proprietario e della quantità di carne: da un minimo di 12 a un massimo di 20 euro.

      Elimina
    2. ottimi prezzi.
      qui in alta italia i ristoranti sono carissimi.
      cmq io il grasso non la mangio, proprio non ce la faccio a mangiarlo, è una delle mie fisime.
      mi accontenterei di una zuppa, grazie.

      Elimina
  7. Lorenzo e Dario: se vi incontrate chissà cosa succede!

    Circa le miniere della valsassina, sono stato a visitare quelle ai Piani dei Resinelli. Davvero fantastiche!! Cioè, oltre al semplice buco nella roccia c'è la spiegazione della guida. Voglio dire che è molto più bello di una visita a una grotta.
    La consiglio a chiunque!
    Quelle che dici tu , a Primaluna, sono visitabili o è roba da speleologi e chi ci va si prende la responsabilità?

    Se vuoi farti una bella camminata nei boschi, verso Esino Lario c'è un sentiero con dei cartelli lungo il percorso che spiegano un pò la storia. Alla fine c'è un bivacco ricavato dalla casetta usata dai minatori.
    Lì di fianco c'è il buco (veramente stretto) d'ingresso della miniera. Assolutamente sconsigliato avventurarcisi.
    Qui la descrizione e qualche foto:
    http://www.diska.it/rifcasis.asp

    Io ci sono stato a passare una notte "all'avventura" ed è stato emozionante (soprattutto di notte, da soli) vedere la foto dell'epoca dei minatori coi loro nomi.
    Vediamo se riesco a metterla qui:
    http://s16.imagestime.com/out.php/i1152541_20170811193707.jpg

    RispondiElimina
  8. Lorenzo, ho dato una sbirciata al tuo blog e.... ha un nuovo follower.
    Vedo che ti piace anche il trekking, non hai la macchina (ma come ci vai in valsassina?!?) e detesti le rompiballe che adottano i cani :D :D :D

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Ciao.
      Sì, se io e Lorenzo ci incontrassimo, non oso immaginare.
      Due rompicoglioni la cui accoppiata non è pari alla somma semplice, ma a quella dei singoli addendi elevati ognuno al quadrato...

      Credo che se desideri rivolgerti a Lorenzo in questo blog devi farlo con: 'Rispondi' a un SUO commento. In caso contrario, il commento lo leggo solo io, perchè non gli verrebbe notificato.

      Elimina
  9. La tua spiegazione mi piace. Cazzo, mi piace. Ci sei arrivato per analogia con quanto sta avvenendo in termini di migrazioni o hai attinto a qualche fonte ? Mi piacerebbe approfondire.

    Tu dici che la migrazione dal meridione fu pilotata allo scopo di creare un mercato, cosa che di fatti succede quando un gran numero di gente viene concentrato in un'area geografica, generando una richiesta di servizi abnorme.

    C'è una sola cosa che a questo punto mi chiedo: quando nel dopoguerra l'ente di riforma agraria procedette allo spezzettamento dei fondi, e questi in molti casi ebbero dimensioni insufficienti, fu un'ingenuità o anch'essa una decisione studiata a tavolino per generare una gran massa di disoccupati/nuovi contadini senza speranza ?

    Io questo me lo chiedo perchè quando tu parli di "deportazione" non riesco ancora bene a capire: nel senso, agli emigranti non gli venne puntata la pistola alla testa per farli salire sui treni con le famose valige di cartone.

    La disoccupazione, insomma, venne creata ad hoc ?
    E fu fatto per generare invece occupazione al nord con effetti esponenziali ( che infatti ci furono ) ?

    Il paragone con gli immigrati di oggi dall'Africa è MOLTO interessante: in pratica dovrebbero essere loro la base del futuro mercato, tu dici. E se ci mettiamo una merscolanza etnica, tanto meglio, vero ? Cioè, una volta che mia figlia bianca e bionda si sarà accoppiata con un nigeriano, razzismo e xenofobia verranno diluiti di generazione in generazione sino ad annullarsi a favore di una placida umanità che compra, spende e si riproduce.

    Ci sono ?

    RispondiElimina
  10. Guarda cosa ho scovato su youtube per caso:
    https://preview.ibb.co/cmXtTG/Untitled.jpg
    Bello paciuso da fare invidia! :D

    RispondiElimina
  11. mmmm.... sì.... non ricordo di preciso la sequenza logica del mio cazzeggio su internet, cmq non sei il mio amante segreto :D
    Era un video, se non ricordo male. Ne ho fatta una foto perchè m'è piaciuta quella scena.
    In questi giorni di preavviso per dimissioni sto cazzeggiando ancor più di prima. Che noiaaaaaaaaa...!
    Mi riposo, che a gennaio saranno cazzi!

    RispondiElimina