Dal 2005 al 2008 mi sono impegnato a leggere l’intera (o quasi) narrativa italiana dal 1900 a oggi. Il genere che ho ripudiato di più è risultato essere quello dei cosiddetti Sperimentalisti, branca della letteratura di Sinistra prodotta negli anni ’60, insulsa e incomprensibile. A tutt’oggi i libri che a pari merito reputo personalmente i più belli, i miei preferiti, sono: Cristo si è fermato ad Eboli di Carlo Levi, e La Conchiglia di Anataj di Carlo Sgorlon.
Il primo parla del confino del medico-artista Levi in Basilicata, in pieno ventennio fascista. E’ un racconto in prima persona che segue il corso delle stagioni, un diario realistico e incentrato sul popolo dei contadini, sulle loro miserie e brutali fatiche, le loro superstizioni. Il paesaggio della Basilicata mi ha sempre affascinato con i suoi canyon brulli e aridi, i suoi paesi di pietra arroccati su nude colline color ocra. E’ una regione che richiama spazi aperti tipo west, e antichità, tradizioni, richiami di un mondo perduto. Nel 1992 vi viaggiai in bicicletta per pochi giorni, e mai dimenticherò la generosità e l’ospitalità dei Lucani. Mi piacerebbe affrontare un nuovo viaggio in quella terra, prima o poi. Dal racconto di Levi è stato tratto un film di ottima fattura, quasi bello quanto il libro, che ho riletto quattro volte.
L’altro libro mio preferito è stato scritto dal friulano Sgorlon, scomparso nel 2009. Narra le vicende di un gruppo di operai italiani emigrati nell’estrema Russia al tempo dello Zar, assoldati nella costruzione della leggendaria linea ferroviaria transiberiana. Il libro descrive le imprese al limite dell’impossibile di quei poveri lavoratori annichiliti dalla lontananza e dalla nostalgia, impegnati a disboscare tratti di foresta, erigere cantieri, ponti di legno e acciaio, dragare paludi ghiacciate in una natura ostile e popolata da orsi, quella della Taiga siberiana e del suo freddo micidiale. Su di loro veglia Ajdym, una donna che è la sublimazione della figura femminile, moglie e madre-protettrice nello stesso tempo. La Conchiglia di Anataj è un racconto di intensi sentimenti, commovente e malinconico, struggente e bellissimo. Se fossi un regista, ci farei subito un film. A breve lo rileggerò per la terza volta.
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