Una volata in Sicilia per portare avanti le pratiche di costruzione della nuova casa. Lasciamo il nord con la sua neve sporca ancora sulle strade e atterriamo a Palermo, umida per l’acquazzone appena passato. L’atavica diffidenza verso i trasporti ferroviari siculi è subito fugata: il collegamento tra l’aeroporto e la città è un capolavoro di efficienza e puntualità, il treno un vero salotto. Poi è la volta del treno per Messina, che corre nel pomeriggio che si spegne lungo la costa dei miei vent’anni, tra canneti e fiumare e montagne e orti e agrumeti e gallerie e caselli abbandonati colore rosso mattone esposti alla salsedine.
Incontro con il geometra, che è un normanno, corpulento e occhi azzurri. Ha lo studio dentro un vecchio palazzotto baronale. Dai vetri ottocenteschi vedo le montagne imbiancate di neve dai mille metri in su, e la sagoma dell’Etna lontana. Tre ore di colloquio strategici per stabilire dettagli, spostare muri al computer, discutere di porte e finestre, fognatura e permessi. Firmiamo un numero incalcolabile di fogli - la burocrazia di un sogno.
I giorni che seguono sono baciati dal sole. La Sicilia non è mai triste, neanche in pieno inverno. Il verde e i fiori gialli, l’odore di legna bruciata della pizzeria dove andavo vent’anni fa, certi angoli rimasti immutati, sempre gli stessi. La stazione ferroviaria dove nell’estate dell'84 presi un treno con mio padre; questo treno era una littorina diesel colore marrone che nel corso del viaggio di ritorno si guastò fermandosi per quasi due ore in aperta campagna, a sera ormai inoltrata. Mi fanno ridere quelli che si lamentano per un quarto d'ora di ritardo, e possiedono sofisticati telefonini con i quali avvertono rabbiosamente i familiari: all'epoca i cellulari erano fantascienza, e chi era a casa non aveva modo di ricevere notizie.
Mio padre e la sua tavola. Un cous cous fatto con melanzane che sembrano pasticcini, e le salsicce col finocchio selvatico e le erbe di campagna. Il profumo dell’aria, il rumore del mare.
Mio padre e la sua tavola. Un cous cous fatto con melanzane che sembrano pasticcini, e le salsicce col finocchio selvatico e le erbe di campagna. Il profumo dell’aria, il rumore del mare.
Strane voci verbali |
Strana avifauna locale |
E’ stata ancora una volta Sicilia. Questa volta da un’angolazione nuova. Siamo dentro il nostro sogno, adesso. E ho quasi paura di essere felice, perché il primo che ancora non riesce a crederci sono proprio io.
..se la traversa a cui ti sei appeso indica dove costruirai la casa sappi che ti invidio tantissimo..
RispondiElimina