domenica 27 settembre 2015

Un pomeriggio nei Nebrodi tra strade lastricate, capanne e pastori.



   Nel pomeriggio di ieri 27 settembre il cielo si è incupito, sebbene non di bellissime nuvole. Ne ho approfittato per esplorare un'area a ridosso del Parco dei Nebrodi compresa nel territorio del comune di Ucrìa (ME).

  Si tratta di una località a vocazione pastorale, che mi sembra molto interessante. La vera sorpresa è stata l'aver percorso un lungo tratto di strada lastricata in stile romano; probabilmente in passato quest'asse costituiva un'importante via di transumanza dalle quote più alte dei Nebrodi alle località più in basso, e viceversa.

  Le ultime tre immagini sono invece state scattate presso la sempre fotogenica portella Batessa, a 1300 metri d'altezza nel comprensorio di Floresta (ME).

Ucrìa (ME), tratto di lastricato presso M.Cucullo, m.1301

Una vecchia quercia solitaria segna il confine tra due pascoli.




   Quest'area è disseminata di pagghiara 'n petra, cioè capanne di pietra a pianta circolare e tetto a cupola usate come ricovero dai pastori in caso di maltempo; si tratta di costruzioni molto antiche e affascinanti perchè perfettamente inserite nel paesaggio, del quale riprendono le forme ondulate.



Parco d. Nebrodi, Portella Batessa m.1300


   L'ultima foto è quella che mi piace di più: il sole è uscito per un attimo fra le nuvole e ha scaldato la scena; proprio in quel momento un gregge stava rientrando a gran velocità - il mosso delle pecore in primo piano contrasta con gli animali sullo sfondo, che risultano invece fermi e accalcati.
Subito dopo è arrivato il pastore, un ragazzo sui trent'anni; gli ho detto che stavo fotografando questo posto magnifico e lui ha sorriso e mi ha stretto la mano, invitandomi a tornare.

Dite che lo farò ?


Montagna e fotografia: 6 consigli per l'escursionista solitario.





La montagna costituisce una location straordinaria per il fotografo di paesaggio; in questo post elenco alcuni consigli per vivere al meglio l'esperienza del trekking fotografico, soprattutto in solitaria.



1) Valutate le condizioni meteo.
   Le migliori foto di montagna si ottengono quando il cielo è solcato da nuvole sparse, possibilmente basse. In genere queste nuvole sono quelle che precedono o seguono importanti perturbazioni. L'oracolo che utilizzo per valutare lo stato del cielo in un determinato posto è Meteo 3B.  Ho sempre trovato questo sito preciso e affidabile, dotato di modelli di previsione sempre più accurati.  Scegliete una giornata appena successiva a un'ondata di maltempo importante: non resterete delusi. Cercate di evitare invece giornate con cieli velati di scirocco, rassicuranti ma più banali e opache.



2) Valutate le vostre condizioni fisiche.
   State bene, veramente bene ? Attenzione, perchè la montagna è un giudice poco incline alla clemenza, in questo caso. Prima di affrontare escursioni impegnative chiedetevi se: avete una schiena solida e in grado di non contrarsi al minimo colpo di freddo o dopo venti minuti di marcia con uno zaino pesante; avete quadricipiti ( = gambe ) forti in grado di reggervi soprattutto al ritorno, in discesa; avete abbastanza fiato per procedere su salite impervie e massacranti: se fumate, è meglio scegliere percorsi più tranquilli e a bassa quota.



3) Il vestiario e il clima.
   Non sottovalutate mai la montagna; i 20 gradi che avete trovato a 1500 metri di quota possono diventare 3 gradi sottozero nel corso della notte, a 2000 metri. Nello zaino non devono mai mancare: un intimo tecnico a maniche lunghe per la sera; il sacro maglione in pile ( benedetto chi lo ha inventato ); la giacca impermeabile e antivento in goretex; una fascia copriorecchie per il vento: perchè se vi beccate un'otite non ve ne libererete più; un berretto di pile e dei guanti anch'essi di pile per le sessioni fotografiche al tramonto e all'alba, in cui freddo e umido saranno all'apice.

Andando sul pratico, io mi sono trovato benissimo con:
- intimo a manica lunga Triban, destinato ai ciclisti e acquistato al Decathlon
- maglioni in pile: va bene qualsiasi cosa acquistata al Decathlon
- giacca in goretex di Haglofs, costosa marca svedese: una favola
- berretto in pile di Haglofs, l'unico che ho trovato veramente traspirante
- fascia copriorecchie acquistata al Decathlon: reperibile nel settore 'Running'
- guanti di pile di Decathlon, neri, economicissimi e ultravalidi



4) Oggettistica
   Sembra una stupidaggine, ma non bisogna mai dimenticare gli occhiali di riserva: se avete una forte miopia, perdere o rompere le vostre lenti può diventare un problema molto ma molto serio, in assenza di un paio di riserva.
   Portate sempre con voi cartine topografiche ben fatte e particolareggiate. Per l'Etna, i Nebrodi e le Madonie sono state prodotte relativamente di recente delle ottime mappe della Litografia Artistica Cartografica di Firenze.  Studiatele a fondo - imparate a leggere le curve di livello e a immaginarle in modo tridimensionale.

   La luce conforta enormemente quando cala il buio e siete ben lontani dalla vostra Safety Zone: dotatevi di una lampada a Led efficiente, e di una torcia frontale leggera, ottima per rovistare nello zaino con entrambe le mani libere. La lampada a led consentirà anche di leggere prima di dormire, uno dei piaceri dell'escursionista.

   Fate una lista standard degli oggetti che vi servono, valida per tutte le stagioni: in questo modo mon dimenticherete a casa il fornelletto o la padella o altri articoli piccoli ma importanti come il cucchiaio: sì, mi è successo !
Portate un accendino di riserva: quello ufficiale infatti o sparisce o non ne vuole sapere di funzionare, di solito.

  Non dimenticate l'i-pod, fantastico strumento in cui riversare musica o ascoltare la radio, se nel vostro accampamento arriva il segnale. RadioTre trasmette per tutta la notte fino alle 6 del mattino magnifica musica classica, giusto per dare un'idea.






5) Accessori fotografici.
  Il dio treppiede, innanzitutto. Le batterie di riserva della macchina fotografica, ben cariche. Riponete tutta l'attrezzatura dentro la custodia vuota del saccoletto, la sera. Eviterà alla macchina e alle lenti di raffreddarsi e produrre condensa - e alle batterie di perdere la carica.

   Controllate sempre l'istogramma di distribuzione delle luci, e attenzione al mosso nelle foto all'alba e al tramonto: non fidatevi del treppiede e controllate bene che le foto siano nitide ! Ho dovuto buttar via alcuni scatti magnifici perchè mossi, ANCHE USANDO IL TREPPIEDE. 

   Le foto migliori con il supergrandangolo si ottengono chissà perchè sempre dall'orlo di pericolosi dirupi: fate attenzione a non precipitare, presi dall'entusiasmo del paesaggio e del momento che state vivendo.
Prendetevi il tempo necessario per comporre bene l'inquadratura, ma non prendetevela neanche troppo comoda: le Golden Hours durano poco, purtroppo: anzi, le si dovrebbe chiamare Golden Minutes -
Attenzione a non riprendere nell'inquadratura l'asta del treppiede o la vostra ombra, soprattutto operando alla focale di 8 mm.



6) La comunicazione.
   In passato lasciavo un biglietto sul cruscotto della macchina: chi ero, quando tornavo e numero di telefono di chi avvertire. E' successo che la gente per qualche motivo oscuro la interpreta subito e senza riflettere per una situazione di emergenza e inizia a chiamare quel numero dicendo che ha trovato un biglietto e che forse è successo qualcosa. Quindi non lascio più biglietti in auto.
Prima di partire dico solo dove vado e lo lascio scritto in casa.
E' un piccolo dettaglio che può essere determinante.

LE ESCURSIONI SOPRATTUTTO IN MONTAGNA E IN SOLITARIA SONO PIENE DI PICCOLI DETTAGLI DETERMINANTI: NON FATE I SEMPLICISTI E I FACILONI CON LA MONTAGNA, MAI !

Per il resto: buona escursione  e buone foto.






venerdì 25 settembre 2015

E domani ?



   Piove, alle 6. Resto a letto ad ascoltare la pioggia. Poi dalla finestra di legno entra una strana luce; salto giù dal letto e corro fuori in mutande con la macchina fotografica accesa. Una colonna di nuvole ocra illuminate dal sole, che poi scompare di nuovo. Appena in tempo.




La colazione la faccio con la candela accesa, perchè la luce elettrica violenterebbe questo silenzio, questa atmosfera.



   Lavo a mano col sapone da bucato le t-shirt che ho sudato sull'Etna, le stendo fuori. Guardo qualcosa su internet, poi riparo la cassetta del water che non funziona riuscendo a farlo a costo zero, cioè senza interpellare idraulici. Era una sciocchezza, tutto sommato.

   Per pranzo scaldo due fette di petti di pollo e ci associo un'insalata dell'orto che è ormai in declino ma continua a dare. Per frutta, uva del pergolato le cui foglie stanno assumendo quella tinta giallo-ruggine tipica dell'autunno.

  Dopo pranzo dormo un'ora perchè ho ancora sonno arretrato risalente all' escursione all'Etna. Poi decido di dare un'occhiata a una contrada di montagna a quindici chilometri da qui; c'è un monte roccioso interessante di 1300 metri, si chiama Monte Cucullo - vorrei raggiungerne la cima ma non ci riesco perchè ci sono recinzioni dappertutto. Ma non importa, sta arrivando di nuovo vento e pioggia, e persino una bella nebbia fitta. Il paesaggio sembra molto scozzese.
Metto la giacca impermeabile e faccio ritorno.

  Investo 4 euro e 50 in due arancini e una bottiglia di birra fredda di frigorifero e porto tutto a casa dove mangio e ascolto radioTre, che subito faccio tacere perchè c'è un tale che fa l'intellettuale e continua a fare citazioni e parla tutto affettato e autocompiaciuto.

Off, bello !

  Guardo fuori dalla finestra i paesi illuminati, l'isola su cui stamattina incombevano le nuvole adesso è una sagoma scura nel mare, sulla quale un faro giallo lampeggia intermittente, lontano.

Sistemo le quattro foto di oggi con i soliti software, ridimensiono le immagini ottenute e le carico sul blog.

Vado a letto e leggo un romanzo di Pietro Chiara preso alla biblioteca comunale, dove pare che io sia uno dei pochi frequentatori.

E domani ?
Domani: ancora.




mercoledì 23 settembre 2015

Una notte in un cratere spento: Monte Frumento delle Concazze, Etna.




Non poteva esserci modo migliore che recarmi sull'Etna per festeggiare l'equinozio d'autunno, che quest'anno cade il 23 settembre. Ho trascorso una notte in tenda all'interno di un antico cratere spento sul versante est del grande vulcano. Buona lettura.


Qualche nota introduttiva
   Quando immagini l'Etna, pensi a un immenso cono con un paio di crateri in cima, a oltre 3000 metri, dai quali esce vapore, o cenere, o lava nel corso delle eruzioni. Non è tutto. I fianchi dell'Etna sono disseminati a quote variabili di decine e decine di crateri spenti; i geologi li chiamano "apparati eruttivi secondari": essi hanno avuto ognuno la propria storia - e la propria eruzione. La quale, proprio per il fatto di essersi originata a quota più bassa, poteva anzi avere un potenziale distruttivo ancora più elevato per i paesi abitati.

   Il cratere spento che ho scelto per l'escursione ha uno strano nome: Monte Frumento delle Concazze; esso si trova sul versante orientale dell'Etna.
Lo avevo avvistato già l'anno scorso dall'alto dell'orlo della Valle del Bove, da dove appariva semioccultato dalle nuvole:



Nella foto seguente, il cratere è invece ripreso dal basso, ossia dalla strada provinciale che conduce al vicino rifugio Citelli.



   Al cratere di Monte Frumento è stata attribuita con qualche dubbio un'eruzione molto antica, del 1566. Oggi è un colosso di oltre 2151 metri, che ha costituito per me un vero osso duro. Spettacolare balcone orientato sulla costa ionica, questo cratere è il primo dove ho trascorso la notte, e mi ha lasciato indelebili ricordi che adesso condivido in questo spazio virtuale.



Prima giornata.
   Dopo il lungo viaggio in auto attraverso le montagne dei Nebrodi, sono di nuovo in cammino sui sentieri dell'Etna. Un breve tratto di pista nera di cenere mi porta ai piedi di Monte Frumento delle Concazze, che si erge imponente alla mia sinistra. 

   Ai suoi piedi si trova un ambiente unico: i boschi di Betulla dell'Etna, meravigliosi - e come se non bastasse il complesso dei crateri spenti detti Monti Sartorius ( eruzione del 1865 ).

un angolo di bosco di Betulla dell'Etna

i crateri Sartorius, sul versante orientale del vulcano

   Per arrivare in cima a Monte Frumento non ci sono sentieri: si sale e basta. Il cratere è fuori da ogni rotta escursionistica o di sci-alpinismo. I fianchi sono ripidissimi e ricoperti di cenere vulcanica in cui le scarpe affondano e non di poco. Lo zaino pesante fa il resto. In altre parole, mi costa un'immane fatica scalarlo; la cima sembra vicina eppure non arriva mai - mi fermo ogni venti metri e mi rimprovero di non aver scelto una meta più facile.
La vista però è magnifica, e durante le frequenti soste scatto qualche immagine suggestiva.


in alto: foto scattata durante la scalata a Monte Frumento.
Giusto per dare un'idea, sono partito dalla base dei crateri neri
in basso, al centro dell'immagine.


Alle 17 e 30 finalmente, arrancando attraverso una breccia rocciosa, guadagno la cima e la conca craterica. Ce l'ho fatta. 
Mi trovo su un plateau ricoperto da bassi cespugli di astragalo, solitario e deserto, solcato da nuvole, affascinante.


  
   Prima di montare la tenda, esploro l'orlo settentrionale del cratere. Poche decine di metri più in basso si apre lo sbocco di un'antica grotta di scorrimento lavico, dalle gialle pareti di tufo. I panorami sono fantastici, aerei. La pineta di Linguaglossa giace centinaia di metri più in basso, punteggiata da ulteriori crateri spenti e sconvolta in parte da colate laviche di ogni epoca.

lo sbocco di un'antica grotta di scorrimento lavico sull'orlo di Monte Frumento d.Concazze

giochi di nuvole ripresi dall'alto del cratere

banchi di tufo vulcanico sovrastano la pineta di Linguaglossa, sullo sfondo
tramonto sulla grande pineta
ultime luci del giorno sul fianco orientale del vulcano

   L'oscurità arriva tutta a un tratto - il sole è già scomparso da tempo dietro la mole immensa dell'Etna. Riesco a reperire pochi metri quadrati pianeggianti e liberi da vegetazione dove piantare la tenda.

   Su questo antico cratere non sale mai nessuno, non ci sono segni umani. Niente cicche di sigarette o lattine o confezioni vuote di barrette energetiche: è un ambiente assolutamente vergine. Sarà una notte speciale, sulla mia Etna, in un silenzio e in una solitudine assoluti.






Seconda giornata.
   La sveglia alle cinque interrompe strani sogni che stavo facendo; c'è buio e freddo. Ho fatto bene a portare con me il saccoletto per temperature sottozero. La brina ghiacciata sbianca il deserto di cenere attorno alla tenda. Dopo la colazione attendo l'alba chiuso nel saccoletto, ascoltando alla radio l'opera 198 di un compositore barocco, un certo Amilcare Ponchielli, che non avevo mai sentito.

   La sua musica è allegra, quasi da banda di paese; doveva essere uno bel tipo. Strane connessioni fra me e lui, uomo vissuto nell'Ottocento, si stabiliscono attraverso le sue note e le onde elettromagnetiche che me le portano fin qui, in questa tenda isolata nel centro di un cratere vulcanico.







   L'alba illumina il mondo. L'Etna esplode di luce; nel cratere di Monte Frumento brillano contro il sole delle spighe sottili che nascono dall'erba. Un gruppo sparuto di pecore bruca in lontananza, incurante di me.





   Faccio il giro dell'intero orlo craterico. Eppure un segno umano c'è: è un cumulo di pietre con un'asta metallica. Segna la quota topografica di 2151 metri.
Indugio qualche minuto, poi smonto il campo e scendo, facendo attenzione e non scivolare. Dicono che la maggior parte degli incidenti in montagna avviene al ritorno, e questo è un monito che tengo ben presente.

sulla cima di Monte Frumento delle Concazze, m.2151:
l'unico segno dell'uomo è questo mucchio di pietre.


   Di nuovo sul sentiero dell'andata, tra le betulle. La mia escursione si può dire conclusa. Non mi faccio sedurre dai ristoranti per turisti; salgo in auto e guido sino a Randazzo, il paese medievale a metà strada sul percorso sino a casa.

   Qui mi faccio preparare un panino nella solita bottega di alimentari. E apro una lattina di Coca Cola fredda, rinfrescante, favolosa. Mi siedo su una panchina, mangio e bevo.
C'è fresco, 21 gradi. Il cielo è pulitissimo; c'è già la luce dell'autunno - ogni fotografo la ama, la cerca. 

Sono un fotografo, io ? Non lo so: per adesso, qui su questa panchina di ferro in questo paese dell'Etna, sono soltanto una persona molto felice.


Arrivederci Etna.


 un bianco e nero di Randazzo (CT), paese medievale
di pietra nera dove tradizionalmente mi rifornisco per le
mie escursioni nel mondo dell'Etna.


sabato 19 settembre 2015

Microadventure #5. La baia nascosta.




Ho ambientato la quinta Microavventura in un posto d'eccezione: una baia nascosta e solitaria che fa parte della Riserva naturale Laghetti di Marinello, sulla costa tirrenica messinese.



   Mi metto in cammino alle 16 sotto il sole cocente, sull'asfalto della statale settentrionale sicula che riverbera miraggi tremolanti. Poche auto, dalle quali mi guardano come se fossi un ufo; un saluto al volo a due cicloturisti cinquantenni che scendono in direzione opposta alla mia con le loro bici cariche di bagagli: forse non sono l'unico fuori di testa da queste parti -
   Mezz'ora di cammino e imbocco la deviazione nascosta che porta alla valle e infine alla spiaggia. Procedo in discesa tra macchie di fichidindia, olivastri e roverelle; unico rumore lo scampanìo di un gregge di capre.

discesa nella valle, tra fichidindia e vigneti abbandonati

Di nuovo al livello del mare, trovo un po' d'ombra e i ruderi di una grande masseria abbandonata nel 1983 a seguito di un'alluvione.





   
   Poi eccolo, il mare. Tutto mia questa spiaggia solitaria, in questo fine settembre caldissimo. Sono le 17 e mi concedo una lunga e meritata nuotata. Dormirò vicino al mare stanotte, al capo opposto della baia.








   
  La cena, la lettura assorta di un bel libro, l'odore intenso di macchia mediterranea che si libera nella sera; il fruscìo del mare, poco mosso, poi il sonno nel saccoletto steso vicino a una roccia.

   L'alba arriva intorno alle 6 e 30. Saluto la nuova giornata con un bagno in quest'acqua, calda come quella di una piscina riscaldata. Urlo di gioia, e il mio grido si perde in questa dimensione unica e irripetibile dell'adesso.





   Rientro dal bagno fatto in totale libertà naturista, mi asciugo e faccio colazione; rimetto a posto lo zaino e guardo un attimo i pochi metri quadrati dove ho dormito. Una folata di vento caldo porta con sè odore di mirto, e il mio pensiero va alla Sardegna, al viaggio che feci a 19 anni.

   Riprendo il cammino del ritorno, in questo che è uno degli ultimi giorni di una lunghissima estate. E'stato magnifico stare qui.

Microadventure #5 is over !







La notte nella baia solitaria è stata la mia quinta microavventura;
le altre esperienze sono state:

#3 : Dormire in una terra deserta
#4 : Dormire in un vigneto ad alta quota

A breve produrrò un video sull'esperienza #5 raccontata in questo post.