giovedì 28 novembre 2019

In bici lungo il Simeto tra ponti medievali, strade incredibili e ruderi di castelli.










Un giorno e mezzo in bici lungo il Simeto tra l'Etna e i territori al di là del fiume, argillosi e affatto diversi da quelli lavici. Dai gioielli medievali di Randazzo alle rovine di un castello sulla cima di un monte. Con un passaggio sull'affascinante Strada delle Valanghe che da anni desideravo visitare.









PRIMO GIORNO
DA RANDAZZO (CT) AL CASTELLO DI POIRA








Ho fotografato Randazzo innumerevoli volte e mai mi stancherò di farlo. Questa città di quasi 11mila abitanti a 760 metri sul versante nord dell'Etna rimane per me sempre una perla. Costruita su un poggio che nei secoli l'ha risparmiata dalle colate laviche, Randazzo sfoggia diverse meraviglie architettoniche medievali come la chiesa di Santa Maria, iniziata nel XIII° secolo:







Alle 7 del mattino la città è tutta per me. Pochissima gente in giro e i selciati di nera pietra lavica lucidi per la recente pioggia. 
Mi immetto nella storica via degli Archi e sbuco nella piazza della chiesa di San Nicola col suo settecentesco campanile mai ultimato.



In bici tra le strade deserte di Randazzo:
la via degli Archi




Randazzo: chiesa di San Nicola




Appena girato l'angolo, un altro punto di interesse: il Palazzo Clarentano, del 1509:








E per finire, poco prima di lasciare la città, la chiesa di San Martino, con la sua torre considerata la più bella della Sicilia dove spicca il contrasto tra il nero della pietra lavica e il bianco dell'arenaria.







Si può essere credenti o non credenti. Ma cosa sarebbero le città senza l'elemento verticale delle chiese?
Ho provato a clonarle via con Photoshop da quest'immagine di Randazzo ripresa da lontano:



Randazzo con le sue chiese



Randazzo senza chiese




Mi sento bene e in forze; pedalo lasciandomi dietro la città. A breve giungo al piccolo centro di Maniace dove si trova il castello dei Nelson, un grande complesso donato nel 1799 da Ferdinando III all'ammiraglio H.Nelson quale ricompensa per aver represso i moti rivoluzionari partenopei.

Scatto una foto alla facciata sud del corpo di fabbrica e getto un'occhiata al cortile - presso un vicino alimentari compro un panino enorme con affettati e formaggio locali, tre bellissime mele rosse anch'esse locali e due dolci di produzione... industriale, per la spesa complessiva di euro 4,50.








sopra e sotto:
Maniace (CT), l'imponente Ducea di Nelson,
facciata e interno del cortile








Inizio a costeggiare il fiume Simeto sulla sponda lato-Etna. Qui il fiume divide due territori dalle caratteristiche assolutamente diverse. Da una parte i terreni vulcanici, le colate che nel corso dei millenni sono giunte sino al corso del fiume. Dall'altra il regno della terra argillosa, arida e coltivata a fatica.

In mezzo il Simeto e le sue gole, forse meno famose di quelle dell'Alcàntara ma anch'esse di selvaggia bellezza.


Gole del fiume Simeto




Un paesaggio dalla geologia sorprendente:
qui al Ponte Pietrerosse




La provinciale che seguo è tranquilla e in leggera discesa poichè tutto il traffico preferisce la statale 284, parecchio più a monte. In bici letteralmente volo con tanto di vento a favore; l'unico disturbo è costituito da un rumore strano e insistente proveniente dal mozzo posteriore.

Alle 12 giungo in contrada Mendolito ad ammirare il Ponte dei Saraceni: la tradizione lo fa risalire agli Arabi ma probabilmente la sua costruzione è da datare intorno al 1300. 
Magnifico nelle sue arcate policrome e ben restaurato di recente.




Il Ponte dei Saraceni sul Simeto
in contrada Mendolito




Resisto sino alle 13, quindi mi fermo a mangiare panino e mele presso la garitta di una ferrovia dismessa. Mi trovo adesso nel territorio ad ovest del fiume e da qui in poi l'obiettivo sarà raggiungere la Strada delle Valanghe.

Tutt'intorno, agrumeti a perdita d'occhio e in fondo l'Etna - maestosa, onnipresente, imbiancata dai 2000 metri di quota in su.



Una "esotica" macchia di fichidindia e palma da datteri




Case coloniche che hanno conosciuto tempi migliori




Una curiosa installazione forse per telecomunicazioni;
sullo sfondo l'Etna semi occultata dalle nuvole





LA STRADA DELLE VALANGHE


Avevo adocchiato qualche foto e sapevo che prima o poi ci avrei messo piede e ruote. Finalmente sono qui: entro in una valle chiusa da nude colline argillose scavate dall'acqua. La strada serpeggia deserta in un silenzio surreale rotto soltanto dalle campane delle mucche.

Non faccio caso nè alle pozzanghere nè alle salite: è uno dei paesaggi più affascinanti che abbia mai visto in anni di viaggi piccoli e grandi.
Il sole basso del pomeriggio di novembre illumina di traverso i calanchi argillosi creando ombre e dando profondità ai solchi delle colline.







in alto e seguenti:
lungo la Strada delle Valanghe
di ipnotica bellezza














Sono le 16 e il sole continua ad abbassarsi. Il misterioso rumore alla ruota posteriore è sparito - a volte le bici si risanano da sè.
Rimane il mio respiro affannato lungo la salita per il castello di Poira, su una strada interpoderale in terra battuta sferzata dal vento.












In cima a una collina a 330 metri troverò le rovine di un castello adibito a masserìa (l'equivalente siciliano della cascina, o fattoria) sino alla fine dell'Ottocento. Ma nello stesso tempo ho già attivato il radar di ricerca del posto per dormire.
Incontro un'unica auto - un furgone che sta procedendo con molta cautela per questa strada piena di fango e buche che peggiora man mano che si sale.

Chiedo consigli su un posto per la tenda e l'uomo mi suggerisce una casa abbandonata un chilometro più avanti. Vi giungo ma il posto non mi convince: voglio guadagnare strada in salita per il castello - voglio avanzare ancora.

Infine la strada raggiunge un pianoro dove sorgono delle rovine illuminate dal sole: sono al castello di Poira.







sopra e sotto:
i ruderi del castello di Poira












Duecento metri più sotto dovrebbe esserci un ovile custodito da cani cui mi è stato consigliato di non avvicinarmi (e io non me lo faccio ripetere due volte); l'area del "castello" è impraticabile perchè stracolma di pietre franate. Mi guardo in giro per reperire un posto per la tenda e adocchio una casetta in tufo affacciata ad ovest. 

Ci sono degli ulivi e un appezzamento di terra in disuso. Il problema di questo posto però è che il terreno è calcareo: vuol dire che non esiste un centimetro quadrato libero da pietre di ogni dimensione. Anche dove sembra ci sia sola erba verde e soffice si reperiscono pietre a milioni in grado di lacerare il pavimento di qualsiasi tenda. E più se ne rimuovono più ne escono.




Un casolare in posizione panoramica e un uliveto:
dormirò qui?




Continuando a esplorare trovo infine la soluzione: un altro casottino abbandonato. Tetto: perfetto; pavimento: liscio come una tavola e pulito; immondizia: zero, solo una bottiglia rotta e un tavolo di legno senza una gamba; porta: aperta; tutt'intorno: vegetazione selvaggia e alta, segno che non lo usa più nessuno; visibilità dalla strada "principale": zero, occultamento totale.

Azione: monto la tenda all'interno e sarò così anche al riparo dal vento.

Eseguito !






in alto e in basso:
lo so che sembra un cesso ma per questa notte
sarà la mia casa









Pure un blocco di calcestruzzo per sedersi:
questo è lusso sfrenato !




Tramonto e poi a letto






SECONDO GIORNO
DAL CASTELLO DI POIRA A PATERNO' (CT)



Ore 6 del mattino. Ho dormito benissimo - temperatura perfetta e niente umidità. Dalla finestra priva di imposte entra la primissima luce della giornata, priva di nuvole.
Mi reco con tutta l'attrezzatura fotografica presso un vicino poggio roccioso e assisto all'alba.

E vivo per l'ennesima volta il momento.
Il momento effimero della Bellezza, condita di silenzio e fatta di luce.
Luce che si stende sui campi. Da qui a perdita d'occhio. Il mare infinito di colline che attraversa tutta la Sicilia.
L'ex latifondo dove generazioni di contadini hanno lavorato.

Un mare verde pastello sotto un cielo rosa che durerà solo qualche decina di minuti.










E' un'altra alba, in questo bellissimo novembre. E questo incanto durerà poco.
Forza, sistema il treppiede e scatta, perdio.









Un altro bracketing con esposizione tripla a meno 1,0 EV. No, forse è troppo.  Fai meno 0,7 EV.
Scatta, MUOVITI, e ricordati di impostare due secondi almeno tra un autoscatto e l'altro se no le vibrazioni dello specchio fanno venire la foto micromossa e te la giochi.

Aspetta, un'altra cosa - esponi a riquadro ristretto solo su quella casetta illuminata dal sole - ancora c'è troppo contrasto diffuso.








Ecco, è finita.
Una ventina di minuti neanche e la luce non è più QUELLA luce.

Perchè mi accampo selvaggiamente e non mi cerco un bed and breakfast?
Perchè se lo facessi non sarei QUI e non potrei raccogliere quella luce.
E se non lo avete capito io non lo posso spiegare altrimenti.
E' emozione e basta.
Dura poco.
Poco.






Tutto sommato il bed l'ho avuto.
Ora il breakfast.




Faccio colazione e riparto alla svelta - sono quasi le otto. Devo raggiungere Paternò e prendere il treno della ferrovia a scartamento ridotto delle 10 e un quarto che mi riporterà a Randazzo.
Scatto una foto all'edificio del castello e mi rimetto in marcia.








Scendo dalla collina per raggiungere Paternò
e la stazione ferroviaria. A destra sullo sfondo, l'Etna









Quella sopra è l'ultima immagine del mio giro. Non perchè si sia guastata la macchina fotografica - è perchè mi ritrovo a scendere su una carrareccia disastrata a un livello inimmaginabile. L'acqua piovana ha scavato solchi profondi e trascinato sfasciumi di roccia di ogni dimensione. Il fango è fresco e ci finisco dentro una trentina di volte.

Un'ora per fare sei chilometri, e per di più in discesa.

Giungo infine di nuovo al fiume Simeto, che attraverso su un ponte malandato.
Da qui risalgo verso il centro di Paternò annunciato da cumuli indescrivibili di immondizia. 
Dal sublime alla miseria degli uomini.

Paternò sembra una copia in piccolo di Catania. Strade rettilinee, palazzotti in pietra lavica, chiese barocche, negozi di "alta moda" da un lato e motoape decorata da carretto siciliano che vende pesce dall'altro. Un cartello indica 'zona a traffico limitato' ma il traffico mi sembra uguale. Frenetico e fastidioso.
Arrivo in stazione venti minuti prima del treno che stando all'orario ufficiale è l'unico adibito al trasporto biciclette.

Pago per me e per la bici che ha fatto il suo dovere su strade impossibili.
Santa bicicletta.
E Santo smartphone con gps che per tre bivii consecutivi non mi ha fatto perdere la strada.

Attendo il treno.


Alle 10 e un quarto esatte si presenta una motrice storica di almeno mezzo secolo fa per nulla adatta al trasporto bici. Scende il capotreno e rimane spiazzato. Gli faccio notare che sull'orario c'è il simbolo della bici.







Inizia il teatrino napoletano anzi siciliano che è fatto con i pupi ed è più bello ancora -
.
"Ma scusi perchè è arrivato questo treno qui che non può portare biciclette?"

- silenzio, poi:


"Ma lei ha la bici sporca, e anche le scarpe sono sporche"

"Lei mi dica dove è scritto sul regolamento che la bici dev'essere pulita e pure le scarpe; io ho comprato i titoli di viaggio e li ho convalidati - è il treno che è sbagliato"

"Provi a salire di qui"

Interviene da dietro un collega che non è capotreno ma gli fa da appoggio:

"Che lei salga è a discrezione del capotreno, forza, forza"

La bici dalla porta indicata non passa - mi viene in mente soltanto dopo che avrei potuto rimuovere le borse se solo quell'altro non mi avesse innervosito facendomi premura.


Alla fine salgo dalla porta ufficiale.
In una carrozza al 95% vuota e lasciando per terra - GIURO SUI MIEI VIAGGI - non più di tre dico tre granelli di fango diametro medio un centimetro e mezzo.
Capirai che lordura: tempo stimato per pulire: 7 secondi.
Il bigliettaio torna a rimenare lo stesso disco di prima: la bici sporca, il regolamento eccetera.

Avete presente quando volete starnutire e proprio a stento e con immensa fatica riuscite a trettenervi?
Ecco, perfetto: io mi trattengo dal replicare. Dal dirgli perchè non pensa piuttosto alle comitive di quattordicenni balordi che posano le scarpe sui sedili ruttano mangiano patatine e cazzeggiano con i pulsanti delle tendine rompendole sistematicamente una per una.

Sono stanco e voglio solo rientrare. Se mi innervosisco finisce che tiro fuori il peggio di me. Zitto, devo stare zitto. Taci lingua mia.

E così finalmente mi siedo, evitandomi una trasferta in pullman (se e quando c'era) o il ritorno in bici sulla pericolosa statale 284, con arrivo in serata.
Giungo invece a Randazzo alle 11 e 33 con sette minuti di ritardo probabilmente a causa mia (quindi anche quest'anno il PIL italiano rimarrà al palo), recupero la macchina e torno finalmente a casa.

 
quindi le ultime foto sono queste:



A Paternò (CT) in attesa del treno per "trasporto bici"-
alle mie spalle la bicicletta radioattiva




A Randazzo (CT), capolinea.
Sui binari, la vettura storica su cui 
sono salito



E se vogliamo, dai - mettiamoci anche quest'altra dato che siamo nell'epoca dei selfie e dello smartphone, che mi ha cavato d'impaccio in tante situazioni.
Pacco batterie ben carico sempre dappresso, ricordatevelo !






Avalanches Road, somewhere in Sicily - on the evening of a beautiful November.
And now the trip is over.
Greetings.




Chi vuole leggere qualcosa di ben scritto sul castello di Poira può andare in questa pagina.







venerdì 22 novembre 2019

Una inaspettata gelida notte sui Nebrodi.








Avevo progettato di passare due giorni in bici spostandomi dai Nebrodi alla valle del fiume Simeto in provincia di Catania; un problema meccanico mi ha bloccato a quindici chilometri dalla partenza, presso una fantastica location panoramica.




PRIMO GIORNO


Partito alle 7 da Floresta (ME), m.1275 mi sono diretto a Portella Mitta e ho percorso i primi chilometri sulla strada della dorsale in una frescura piacevolissima; il paesaggio autunnale è ancora più bello di due settimane fa quando sono passato da qui - una coltre di nuvole basse conferisce atmosfere surreali alle montagne.






sopra e sotto:
la veste autunnale del paesaggio dei Nebrodi
tra Portella Mitta e Portella Castagnera



Paramount nebrodense; quello al centro
è il monte Serro di Nappe, m.1297





Monte del Moro, m.1433






Mi immetto sulla pista sterrata che costeggia il torrente Grassetta e in breve attacco la salita per Portella Chiesa e il lago Trearie; man mano che salgo si aprono spazi sconfinati - non c'è nessuno e per un attimo sogno di essere chissà dove in viaggio in Sudamerica.




La pista che costeggia il torrente Grassetta







sopra e sotto:
spazi aperti dove sognare nuovi viaggi









Superata Portella Chiesa inizio a scendere verso il lago Trearie (m.1450) finendo in una zona argillosa dove il ruscellamento delle acque genera un disastro a livello di percorribilità. Ognuna delle numerose piste presenta pozzanghere e fango in quantità smodata.

Ed è proprio alla fine di questo tratto impegnativo che succede qualcosa alla bicicletta: la catena scivola, il cambio non funziona più. Mi fermo e scendo a ispezionare.
La parte inferiore del cambio si è staccata di netto da tutto il resto ed è rimasta attaccata alla catena che praticamente pende inerte!



sopra: disastro; il cambio non esiste più
e la catena pende sino a terra





Sono le 11. Da questo momento la bici non ha più trasmissione. Tornare indietro o rimanere sul posto? Dato che ho cibo a sufficienza e il tempo è sereno decido di avanzare a piedi per un paio di chilometri ancora sino a raggiungere un punto panoramico dove accamparmi.












in alto: la mole dell'Etna - lato settentrionale
ripresa dal punto in cui mi sono accampato


in basso: dall'interno della tenda











Passo un'oretta dopo mangiato a tentare di sistemare qualcosa del guasto ma non c'è nulla da fare. Riesco a rimuovere la catena, che non solo è ormai inutile - dà pure fastidio quando si spinge a mano la bicicletta.
Tira un'arietta frizzante che annuncia una notte fredda; mi faccio un caffè, leggo qualcosa e attendo il tramonto che arriva intorno alle 17.




Caffè solubile in attesa del vespero.
Da notare all'interno della tenda la nuova stuoia
alluminata che ho acquistato per aumentare l'isolamento
termico del materassino gonfiabile: costa poco e funziona
benissimo





Tramonto. L'Etna è scomparsa tra le nuvole; mi godo
gli spazi e i colori delle faggete della Serra del Re.





Ceno alle 20 con un risotto agli asparagi, mentre la temperatura va giù in picchiata. Il cielo è completamente libero e fa un freddo tremendo.
Avevo previsto di accamparmi lungo il Simeto a neanche 400 metri di quota. Qui invece sono a 1500 con un sacco a pelo dichiarato valido sino a 10 gradi sopra lo zero.

Dormo perciò con tutti i vestiti che ho. Il giubbotto di piumino lo uso per infilarci le gambe e i piedi, che sono l'unica parte che avverte drammaticamente il freddo. 
L'espediente funziona.








Alle 6 del mattino finalmente l'ombra della Terra lascia il posto a un timido sole velato. Fuori è tutto ghiacciato. Sull'Etna compaiono nuvole rosse che fanno la mia gioia di fotografo.
Questo posto è stato davvero straordinario per accamparsi.



Effetti della notte sottozero





Alba del secondo giorno sull'Etna,
ripresa con lente fissa 35 mm





sopra: ne è valsa la pena non fare rientro a casa;
una straordinaria location fotografica !





Attendo le 8 e riparto. Ripercorro al contrario le dannate piste fangose che costeggiano il lago e mi siedo sul sellino nei tratti in discesa. In un'ora riesco a raggiungere una capanna prefabbricata che saltuariamente funziona da bar-ritrovo.



Al lago Trearie




Lungo la pista che costeggia il lago Trearie,
impegnato nella cosiddetta hike-a-bike




Conosco il proprietario del bar. Possiede un pick-up col quale gentilmente accompagna me e la bici sino a Floresta risparmiandomi un'altra ora di salite con la bici da spingere.

Giunto a casa a mezzogiorno contatto il meccanico per la riparazione, che avverrà nel pomeriggio. La sera mi godo come non mai la mia stufa a legna per togliermi da dosso il freddo di questa gelida e indimenticabile notte sui miei Nebrodi.











CAMBIO ROTTO, COME E' SUCCESSO


Durante il rientro mi sono accorto che la ruota posteriore aveva perso un po' di centratura; ispezionando i raggi ho visto che uno di essi era allentato e un po' piegato. Probabilmente la parte inferiore del cambio (quella con le due rotelle) è finita tra i raggi in movimento che l'hanno deformata e tranciata di netto.



 


Questo guasto è irreparabile a meno di non avere con sè un intero cambio di riserva - che sarebbe come avere un radiatore di riserva per un automobilista: non lo fa nessuno.
Può succedere con un cambio economico come il mio o con un cambio di altissimo livello. Anzi più il materiale del deragliatore è solido più danno può fare ai raggi e alla ruota, che potrebbe uscirne distrutta.

Qualcosa di simile è successo a Sergio Borroni in Namibia. Stiamo parlando di una bicicletta di alto livello e di un cicloviaggiatore consumato. Chi ha voglia può vedersi questo bellissimo video; il danno è alla fine del viaggio, minuto 15:22.



sopra: ho rimosso la catena.
Ridurla in lunghezza e trasformare la bici in una monomarcia
sarebbe stato inutile, dato che non avevo troppa strada
da fare e dato che i tratti in pianura costituivano una parte irrisoria





sopra: come ho già scritto, ho portato la bici in riparazione
presso il mio meccanico il pomeriggio stesso. Cambio sostituito, ruota centrata, 
regolazione fine, sostituzione del filo del freno anteriore
e manodopera = totale 30 euro