domenica 29 novembre 2015

Concerto d'Autunno, Maestoso, Grave. Trekking Etna Ovest.




I don't know when I realized the dream was over
Well, there was no particular hour, no given day
You know, it didn't go down in flame
There was no final scene, no frozen frame
I just watched it slowly fade away.

The Eagles, Waiting in the Weeds
anno di pubblicazione: 2007




Questo è quello che ho da scrivere, poi parleranno le immagini.
Alle volte si concretizzano impossibili sogni,
la loro probabilità è minima - eppure accadono.
In quei momenti ci sentiamo sfiorati da comete luminose
che passano attraverso la nostra vita, poi lentamente svaniscono
e si allontanano.

Quel pomeriggio ho riso e urlato, in mezzo alla bellezza -
il fuoco nel camino di un rifugio di montagna
e la gioia della vita, le mani sporche, il sacco a pelo per terra.
La pioggia fuori, poi la neve, e il vento fra gli alberi.

Speriamo che ci sarà una "prossima volta",
( ci vogliamo credere, ci dobbiamo credere )

Poi un soffio di vento più forte porta via quel sogno,
e la notte si riempie di stelle.
Gelida, infinita.
 
 
Etna ovest, pista forestale - rifugio di Monte Scavo, m.1725
 
 
Pista forestale Etna, tra i rifugi Saletti e M.Spagnolo, m.1400
 

 
Il vecchio cratere boscoso di Monte Scavo, m.1785

Il fianco settentrionale del cratere di Monte Nunziata, m.1803 - Eruz. del 1832


'Aspettando il tramonto', Monte Nunziata - Etna


Monte Nunziata, m.1803 - Pista forestale dell'Etna versante ovest


Nuvole basse sui campi lavici.


L'antico cratere di Monte Maletto, m.1773


Tramonto sulla valle del Simeto


'Un gruppo di amici'


'Quel pomeriggio impossibile'


' E' vero ? '



' Un sogno '

sabato 21 novembre 2015

Il post per chi non ha tempo e guarda solo le figure.



tempo di lettura stimato: secondi 6,5




Questo-è-il-post-per-chi-non-ha-tempo-e-guarda-solo-le-figure-Anche-la-figura-è-più-piccola-così-si-fa-più-in-fretta-Nel-cielo-c'è-un-uccello-non-lo-vedete?-no?-pazienza-passate-ad-altro-avete-già-perso-fin-troppo-tempo-cioè-appunto-sei-secondi-stop.

venerdì 20 novembre 2015

A piedi sui Nebrodi. La Serra di Cugnomuzzo e Rocca San Marco.





Lama o alpaca ?
Portella San Marco, Nebrodi.


    Escursione in solitaria in un'area selvaggia del Parco dei Nebrodi. Una pista sterrata che scende nella valle del torrente Batana, quindi risale la cosiddetta Serra di Cugnomuzzo, affatto deserta, infine guadagna quota sino all'altopiano delle Case Badessa e chiude l'anello attraverso un bosco di larici, faggi, castagni e pioppi.

   Questo percorso inizia in località Rocca San Marco, dove vicino all'omonima trattoria (che avrà un ruolo importante al termine di questa giornata), si trova un immenso roccione d'arenaria che fu già rifugio nell'età paleolitica.


Rocca S. Marco, rifugio dell'era paleolitica



Veduta del Monte San Pietro, m.1000,
già teatro della mia prima Microavventura.




foto sopra e sotto: i suggestivi spazi
dell'altopiano delle Case Badessa, Nebrodi orientali.



Pausa per pranzo presso un bosco di pini in località Frascianelle.

Basse nuvole sfiorano i boschi sul versante nord della valle del Torrente Batana.


Fango sulla pista di rientro, manca poco per Rocca San Marco.


   Giunto alla macchina, faccio per distrazione una leggerezza colossale: dimentico nel parcheggio della trattoria lo zaino contenente la giacca a vento, altri indumenti preziosi ma soprattutto quattro lenti Nikon. 
Ma ne accorgo dopo diversi chilometri e inizio a sudare freddo. Imprecando e maledicendo torno sul posto a velocità supersonica.
Lo zaino non c'è più, ma... è stato consegnato al gestore del locale che me lo restituisce dicendomi: "con tutto quello che la gente dimentica qui potrei aprire un negozio di rigattiere". 

   La tensione si placa in una bella risata, consacrata da un caffè e dalla gioia che mi viene dallo scampato disastro (scherzando scherzando, avrei perso almeno 1200 euro di materiale).

   L'ultima foto, la seguente, ritrae perciò la trattoria La Rocca.
Che ringrazio e alla quale faccio volentieri pubblicità: andateci, è un ordine !
(senza dimenticarci nulla come ho fatto io da perfetto idiota...)


 La trattoria La Rocca,
contrada Rocca di San Marco, SS 116 Ucrìa (ME).



mercoledì 18 novembre 2015

Nebrodi versante sud. Maniace, il Sentiero delle Sorgenti.




La Sicilia è spesso fucina di buone idee che finiscono nell'oblìo a tempo di record.




   Quarta escursione mia e di Luigi, sul versante meridionale dei Nebrodi, stavolta. Il Sentiero delle Sorgenti è un percorso di 18 chilometri ( variante a piedi ) che si snoda dai boschi di roverella che sovrastano Maniace (CT) alle quote del Faggio, poco a sud del crinale dei Nebrodi.
   L'itinerario figura in Internet su certi articoli del 2013 scritti con toni appassionati che non tralasciano di lodare gli "sforzi" delle amministrazioni locali per l'opera di individuazione e di segnalazione.
Devo francamente dire che:


NON HO MAI VISTO, IN OLTRE VENT'ANNI DI ESCURSIONISMO, NULLA DI PEGGIO CURATO E SEGNALATO.


    I cartelli di legno sono in gran parte mancanti; laddove la loro presenza sarebbe cruciale, cioè in prossimità dei numerosissimi bivii, non c'è che un palo solitario, oppure assolutamente nulla. Quelli sopravvissuti, sono comunque segnali già di fatto inadeguati: una tavoletta di legno con la scritta 'Sentiero delle Sorgenti' incisa con un chiodo, sottilissima e quasi illeggibile -
e comunque senza indicazioni su dove ci si trova esattamente, cosa si reperisce prima e dopo e a che distanza ( o tempo ).


Tra i vari esempi: un bivio importante privo di indicazioni, con il cartello mancante e il palo solitario
 
Un altro bivio privo di indicazioni, anzi... forse no: chi ha fatto questa freccia a sinistra, e perchè ? E' un segnale ufficiale ? Come lo devo interpretare ?

    Le testimonianze di un addetto alla sorveglianza del territorio nei pressi del rifugio Donnavida hanno costituito l'ulteriore conferma a quanto pensavamo: in quest'area fortemente boscosa e priva di indicazioni, sono state soccorse innumerevoli persone che si erano perdute.

Le mie conclusioni.
   Un bel giro comunque, tra querce secolari e boschi dove sgorgano per l'appunto freschissime sorgenti. Un giro da affrontare con una certa conoscenza dell'orienteering, pena il vagare a vuoto o perdersi, o nella migliore delle ipotesi la sgradevole sensazione di procedere senza capire se la strada ( dietro la quale ci sono fatica e costoso carburante speso per giungere qui) è quella giusta.

    Il consiglio che mi sento di dare alle amministrazioni locali è:
interpellare gente qualificata delle regioni dell'Italia Settentrionale, esempio Lombardia o Trentino, e affidare loro in toto il rifacimento della segnaletica e la sua successiva gestione. Nient'altro.


  In alto: uno dei punti più belli del percorso. L'obelisco dedicato a Nelson Duca di Bronte, eretto nel 1905, svetta solitario e surreale in località Serra Mergo, m.1550



  Sopra: non affrontate questo percorso senza una cartina
dettagliata


 Il rifugio Arcarolo, m.1565, a nord del percorso.
Chiuso agli escursionisti e male indicato; la vicina sorgente d'acqua
era completamente asciutta quando siamo passati noi.


Luigi cerca di instaurare inutilmente un dialogo con un cavallo del posto

Il segmento ovest del percorso,  in località
Piano Pomaro, è caratterizzato dalla presenza di 
enormi e suggestive querce secolari




 Intorno all'ora di pranzo riusciamo a reperire per puro caso
in quanto non segnalata, la sorgente forse più bella, quella detta 'del medico' in quanto l'acqua avrebbe proprietà terapeutiche.


    Alla fine della giornata ci siamo fermati nei pressi di un ampio deserto lavico tra Maniace e Randazzo, assistendo al tramonto sul grande vulcano e chiudendo questa nostra ulteriore escursione a piedi.
Dove e quando la prossima ?


  Suggestivo tramonto sulle sciare dell'Etna.
Il colore arancione sulla roccia in primo piano è 
dovuto a licheni che colonizzano le lave antiche.




lunedì 16 novembre 2015

La (prima) raccolta delle mie olive.



E' una chimera, è vero, pensare che in un mondo
che sprofonda nella violenza e nell'ingiustizia
il singolo individuo possa sperare di vivere tranquillo
come se niente fosse.
Ma la inseguo lo stesso, questa chimera;
almeno finchè dura.




    
    Esiste un'estetica degli alberi ? Cioè: ci sono alberi più belli di altri ?
Forse sì. La betulla o il faggio o lo stesso abete sono più belli dell'ulivo, che sembra una deformità, odora di selvatico, suggerisce provenienza levantina.

   Vivere in campagna mi ha insegnato che tra il piano estetico e quello pratico c'è un abisso. Occorre gestire con attenzione questi due piani, che poi corrispondono a quello contemplativo e a quello razionale-essenziale.
Sto filosofeggiando, vero ? Voglio solo dire che della betulla, per quanto bella, non ce ne facciamo nulla ( tranne un diuretico usato in erboristeria ): ho anche bruciato il suo legno, ed è scadente come quello di un fiammifero. Anche di conoscere la massa dei neutrini non ce ne facciamo nulla.  Sono tutte cose "belle" ma essenzialmente inutili.

   Ma questi brutti ulivi ultracentenari - sono cinque, enormi, che giacciono nella mia campagna, mi hanno regalato una giornata speciale - e un olio speciale.
Una giornata in compagnia di due amici, dei quali desidero rispettare la privacy; e un olio dal sapore antico, di bassissima acidità, di inebriante odore.

   Un olio che tra le prelibatezze degli chef di Expo non saprebbe che farci.
In un mondo di "esperti" che vorrebbero nutrirci con le cavallette o illuderci che digiunando e bevendo latte di mandorla camperemo più di cent'anni, un olio simile appare fuori dal tempo, e fuori luogo.

Non qui, però. 




   Abbiamo iniziato la raccolta delle olive alle 7 del mattino, disponendo con pazienza le reti sotto gli alberi e battendo i rami con semplici bastoni. Questo sistema non va ovviamente bene se si tratta di olive da conserva; ma per ottenere olio è un sistema antico e funzionale.







   Battendo i rami di questi alberi secolari penso a quante generazioni di contadini, dai tempi più remoti, hanno fatto questo lavoro prima di me, di noi.
C'è qualcosa di sacro nella raccolta delle olive, qualcosa di speciale.
Non è lo stesso che raccogliere mele o agrumi. E' un atto antico, ancestrale.




   Intorno alle 15 leghiamo i sacchi, undici in totale. 335 kg di prodotto da consegnare al vicino frantoio.

   Qui regna un clima di festa. Ognuno attende il suo turno; si discute, si ride, si commenta. Gli anziani fanno come i bambini, avanti e indietro, poi vanno via con i loro bidoni pieni di olio e un sorriso larghissimo. Il proprietario del frantoio offre a tutti un bicchiere ( e non solo uno ) di vino.

  Alle 18 è il mio turno. Il mio olio esce da un condotto di metallo del Superdecanter - passa per una rete fitta, poi un'altra, infine nel bidone.
E' un momento molto intenso. In esso c'è una vittoria. La consapevolezza che con le chiacchiere non si conclude nulla, con lavoro qualcosa porti invece a casa.

  Qualcosa che consiste in: 40 litri di olio DOP varietà oliva Minuta dei Nebrodi.
Oro verde che sa di altri tempi, di altre epoche. Epoche in cui non c'era bisogno di indugiare a contemplarla, la bellezza; era già in ciò che si faceva. Ed è per questo che molti la rimpiangono quell'epoca,  schiacciata dalla sovrastruttura, spesso e volentieri deprimente, del quotidiano del ventunesimo secolo, tutto smartphone e pappepronte.